attualità, cultura

“Ricostruire la missione pubblica della Rai”, di Fulvio Fammoni*

“Non è mai troppo tardi” è stato il fortunato titolo di una trasmissione del passato che può essere applicato alla Rai di oggi. Ha dimostrato il convegno organizzato dalla Fondazione Di Vittorio e da Articolo 21, sul rinnovo della concessione per il servizio pubblico, che c’è grande voglia di discutere di merito, con trasparenza a partecipazione. Il contrario del silenzio con cui spesso si decide, e del clamore troppe volte inconcludente con cui se ne parla. Non a caso sono ripartite indiscrezioni su vendita e/o privatizzazione (a prezzi da svendita) tipiche di quando non si vuol discutere. Ma un primo punto importante è stato segnato dall’iniziativa della Fondazione Di Vittorio e di Articolo 21: il ministro Catricalà ha smentito la privatizzazione e ha escluso che il governo possa intervenire per decreto sull’azienda. A maggior ragione occorre la più ampia discussione di merito. Anche in questo caso la nostra richiesta è stata ascoltata: per le modalità e le regole della prossima nuova concessione è stata affermata la volontà della più ampia consultazione pubblica, sul modello della Bbc inglese. Questo punto dovrà essere più volte concretamente assicurato nella pratica. Si è già in ritardo rispetto al contratto di servizio. Le bozze che circolano, se sono quelle definitive, pongono problemi per quello che c’è ma soprattutto per una impostazione del tutto tradizionale rispetto a una realtà profondamente mutata. Se si vuole discutere davvero in modo innovativo del futuro i due anni e 10 mesi che mancano al rinnovo della concessione sono il tempo minimo necessario per cambiare regole e leggi attuali che sono in gran parte causa dei monopoli, del conflitto di interesse, della concentrazione pubblicitaria e così via. Questa è la vera anomalia italiana in Europa, non il servizio pubblico. Se qualcuno sostenesse che si può cambiare il sistema di comunicazione italiano lasciando tutto questo inalterato, mentirebbe sapendo di mentire. Per questo le due associazioni proseguiranno la loro iniziativa di coinvolgimento e di proposta su: 1) l’identità della Rai in Europa e nel mondo (come i principali servizi pubblici degli altri Paesi) a partire dalla diffusione della lingua italiana e del nostro patrimonio culturale e storico; 2) un forte rafforzamento in Rai delle tematiche sociali che con il moltiplicarsi dei canali sono invece calate; 3) il rapporto con le nuove tecnologie, facendo della Rai un attore importante per il superamento del digitaldividesu diffusione territoriale, capacità di utilizzo e costo di accesso alle nuove tecnologie. Ma anche con una presenza diretta in rete di chi ha per compito di istituto la garanzie delle verifiche delle fonti; 4) il modello organizzativo, societario e la governance (premettendo che non è nostra intenzione entrare nell’autonomia gestoriale dell’azienda), affrontando tutte le opzioni di fondo, a partire da temi fondamentali come la risorsa lavoro troppo spesso considerata solo come costo e del decentramento regionale; 5) un aspetto importante riguarderà inoltre il tema della produzione culturale (partecipando anche al giusto dibattito in corso sull’eccezione culturale) valorizzando una delle nostre poche «materie prime». Intanto abbiamo avanzato l’idea di una nuova carta d’identità Rai, che delinei la sua rinnovata missione di servizio pubblico e i valori ai quali ispirare la sua attività. Qualcosa di analogo, anche nella forma, a un articolo della Costituzione oppure alle poche righe che definiscono la missiondella Bbc. Su tutti questi aspetti svilupperanno specifici confronti. La nostra convinzione di fondo è che un cittadino formato e informato è più libero e più autonomo
*Presidente Fondazione Di Vittorio

L’Unità 07.07.13