attualità, economia, politica italiana

“Tre emergenze senza risposta”, di Salvatore Padula

Passano gli anni, ma le emergenze restano le stesse. L’emergenza di una dimensione dell’economia sommersa che non ha uguali, almeno non tra i Paesi avanzati. L’emergenza di una pressione tributaria – specie quella “effettiva”, cioè ricalcolata su chi davvero paga le imposte e i contributi – che colloca l’Italia ai vertici di ogni classifica internazionale. L’emergenza di un sistema tributario ancora troppo complesso e (spesso) arbitrario.

La questione fisco, senza banalizzare, sta tutta in queste tre “emergenze”. Diverse tra loro, ma tra loro sicuramente connesse. Tanto che, probabilmente, solo un intervento complessivo, ben congegnato e ben coordinato su ognuno di questi ambiti potrebbe avviare un percorso virtuoso per uscire da una impasse che dura da decenni. Anzi, a ben vedere, l’errore di fondo del passato sta proprio nella tendenza diffusa a considerare il sommerso, l’eccessivo carico tributario e le complicazioni del sistema fiscale come aspetti disgiunti. Con risposte e soluzioni da fornire di volta in volta separatamente. Quello che manca è la logica di sistema. Il contrasto all’evasione è una parte centrale del sistema fiscale nel suo complesso. Non è – o meglio – non deve essere il rimedio posticcio a un sistema che non funziona o, al più, funziona male.

Nessuno può dire con certezza se l’evasione dipenda dall’elevata pressione fiscale oppure, al contrario, se un sommerso così diffuso sia tra le cause dell’elevata pressione fiscale. Lo stesso vale per norme fiscali soggette a cambiamenti continui e per adempimenti spesso inutilmente complessi, che sono un incentivo (mai una giustificazione) alla “non compliance” dei contribuenti.

In questi giorni, dopo un lungo periodo di assenza del Governo e dei partiti, l’attenzione di tutti si è nuovamente (e giustamente) concentrata sul contrasto all’evasione. Si è riparlato – lo ha fatto il presidente del Consiglio, Enrico Letta – della necessità di destinare alla riduzione delle imposte i proventi della lotta all’evasione. Si è detto – lo ha fatto ieri il viceministro all’Economia, Stefano Fassina – dell’esistenza di «una relazione stretta tra pressione fiscale, spesa e sommerso» (Fassina ha parlato esplicitamente di «evasione fiscale di sopravvivenza»). E Attilio Befera, direttore dell’agenzia delle Entrate, ha confermato i buoni risultati attesi dalla lotta all’evasione nel 2013.

Resta il fatto che la lotta all’evasione non deve vivere né di buoni propositi né di proclami. Sono necessari passi in avanti concreti sia sul fronte degli obiettivi sia su quello dei risultati. Il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, ha più volte richiamato l’attenzione su un vero “piano industriale” per la lotta all’evasione. Un piano che sappia indicare le azioni di contrasto ma anche misurare l’efficacia di queste azioni. Un piano che consenta di conoscere l’entità delle somme effettivamente recuperate (senza questo dato, tra l’altro, sarebbe inutile ogni progetto finalizzato a ridurre il peso delle tasse con i proventi dell’evasione).

In questi anni, il tema dell’infedeltà fiscale è rimasto ingabbiato nella logica dell’emergenza. Fatta di interventi contraddittori (per tacere dei condoni), fatta di “effetti speciali” (i blitz sugli scontrini) e di annunci spesso ottimistici sui risultati raggiunti (solo una minima parte delle maggiori imposte iscritte a ruolo viene effettivamente incassata).

Che cosa attendersi nell’immediato futuro? Arriverà la delega, certo. Ma sull’evasione, il rischio è di restare fermi alla logica dell’emergenza. Nuovi strumenti – il redditometro e l’anagrafe dei conti – sono prossimi al debutto. Il fisco, è noto, può contare su oltre 120 banche dati per “monitorare” ogni attività dei contribuenti. Una ricchezza di informazioni alla quale – come a suo tempo segnalato dalla Commissione bicamerale sull’Anagrafe tributaria – non sempre corrisponde una capacità di utilizzo altrettanto articolata. Si tratta, certamente di strumenti potenti e importanti, assolutamente condivisibili. Nella consapevolezza che si tratta di “attrezzi” molto invasivi e dei quali deve essere fatto un un uso intelligente e trasparente. Per intercettare i veri evasori, senza accanimento contro la maggioranza degli onesti. I quali, non scordiamolo, sopportano già il peso di un non indifferente fardello fiscale.

Il SOle 24 Ore 26.07.13