attualità, politica italiana

“Per salvare il paese il catalogo è questo”, di Eugenio Scalfari

Ci sono molte iniziative che in queste settimane di luglio si sono addensate e che riguardano in parte il governo e in parte il parlamento, producendo addirittura un ingorgo che metterà a dura prova di calendario le Camere costringendole ad un lavoro molto intenso. Alcuni pensavano che Enrico Letta eccedesse in annunci e rinvii. Si sbagliavano di grosso. Letta e i suoi ministri preparavano i percorsi appropriati. Ci hanno messo pochi giorni e adesso sono tutte o quasi tutte ai nastri di partenza, ma si scontrano, come era prevedibile, con ostacoli e diverso sentire della maggioranza ed un’opposizione di sistema. Questa è la difficoltà o altrimenti detto i nodi che arrivano al pettine.
Il governo delle larghe intese non è mai esistito e non poteva esistere anche se l’ipocrisia che è un elemento della politica l’ha battezzato in quel modo. Abbiamo più volte detto (e l’ha detto esplicitamente anche Letta) che è un governo di necessità e di scopo. Lo scopo è di portare l’Italia e l’Europa fuori dalla recessione. Non è una “cosetta”, è un obiettivo che coinvolge ciascun governo dell’Unione e l’Unione nel suo complesso e Letta a questo obiettivo sta lavorando con il nostro parlamento, con i partiti della maggioranza, con l’Unione europea, con la Bce, con i governi dei paesi di maggior peso politico ed economico. Qualche risultato si intravede ma i frutti più consistenti cominceranno ad arrivare nel prossimo ottobre e
poi nel 2014.
Lo sbocco è previsto nel 2015 se non interverranno gelate o grandinate che in un’economia globale possono arrivare da qualunque parte del pianeta.
La mitologia greca – sembra una divagazione ma invece è pertinente alla situazione che stiamo vivendo – diceva che il mondo è dominato da una forza che si chiama “Ananke” che significa necessità e fatalità, alla quale fa fronte un’altra forza che si chiama “Metis” che significa astuzia e fluidità. Spesso Metis riesce a raggirare Ananke. Aggiungo per maggior chiarezza che Metis è la madre di Atena, dea dell’intelligenza e della “polis” cioè della città, della convivenza e della politica. Noi speriamo che Metis e sua figlia Atena prevalgano su Ananke. Il mondo globale è quanto mai liquido e solo Metis può dargli
una forma accettabile.
***
Breve elenco delle iniziative da portare a termine. La prima è la riforma della legge elettorale. La vogliono tutti a parole, pochissimi nei fatti. Tra i pochissimi c’è il presidente Napolitano, c’è Letta, c’è Epifani e buona parte del Pd. Per quel tanto che vale c’è anche questo nostro giornale. Non una legge di semplice garanzia ma una riforma vera e propria che abolisca la “porcata” vigente e la sostituisca con una legge che dia al tempo stesso possibilità ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti, un’equa rappresentanza alle forze politiche e una sufficiente governabilità.
Gli studi in proposito sono già molto avanzati. Il Pd prenda dunque l’iniziativa di proporla e chi ci starà ci starà, dentro o fuori della maggioranza. La legge elettorale non ha carattere costituzionale e non mette in discussione il governo. Potrebbe essere discussa e approvata dal parlamento già per ottobre e anche prima.
Poi viene il resto e non è da poco. La legge sul finanziamento dei partiti. Leggo su alcuni giornali che quella presentata dal governo non abolisce il finanziamento pubblico. È falso, lo abolisce con un approccio graduale di due anni salvo alcune facilitazioni sulle tariffe postali della spedizione del materiale di propaganda. Naturalmente i “tesorieri” dei partiti – tranne i 5 Stelle – vorrebbero conservare un po’ di sostegno pubblico ma Letta ha imboccato una strada diversa con la quale noi concordiamo totalmente. Perciò, se necessario, ponga la fiducia.
La legge sull’omofobia. L’ostruzionismo dei grillini contro il disegno di legge sulle riforme costituzionali ha sconvolto il calendario, ma l’omofobia non può e non deve aspettare. Se necessario si restringano al minimo le vacanze parlamentari ma la si voti subito.
A settembre arriverà il momento di discutere e votare la riforma costituzionale preparata dalla Commissione costituzionale delle due Camere in sede referente e non deliberante. Mi permetto di raccomandare che siano quelle strettamente necessarie e cioè l’abolizione delle Province (che Letta ha già svuotato dei poteri) il taglio del numero dei parlamentari e il Senato federale senza più il bicameralismo perfetto che non esiste in nessun Paese europeo (e del mondo).
Ingroia, con Vendola e Grillo, parla di soppressione dell’articolo 138 e di conseguenza di vero e proprio golpe costituzionale. Ma non mi pare che esista nulla di tutto questo. Nel progetto di legge l’articolo 138 è scrupolosamente rispettato e c’è addirittura un’estensione del referendum confermativo anche per le riforme che avessero ottenuto alle Camere la maggioranza qualificata che esclude l’obbligo referendario. Mi sembra che sia un rafforzamento e non l’abolizione del 138.
Il catalogo è questo. Il tempo necessario arriva fino al semestre di presidenza europea assegnato
all’Italia e quindi a Enrico Letta con scadenza al 31 dicembre del 2014. Poi, nei primi mesi del 2015 il governo si dimetterà e chi avrà tessuto di più ne raccoglierà i frutti.
Nel frattempo però si pone la questione non marginale del congresso del Partito democratico.
***
Il Pd è ancora accartocciato su se stesso. Non ci sono leader, così leggo in quasi tutti i giornali, salvo Matteo Renzi. A me non sembra che Renzi sia il solo, anche se ha carisma e una sua corrente ormai numerosa.
Epifani è un buon segretario e può aspirare ad essere eletto dal congresso. Cuperlo anche. Civati è un oppositore consapevole. Ma poi ci sono persone come Chiamparino, Fassino, Barca, Bindi, Rossi, ma anche Veltroni, anche Bersani, anche D’Alema.
Si dirà: è la vecchia nomenclatura. In parte sì ma in parte no. Non Renzi, non Cuperlo, non Civati, non Barca. Molti sono stati rottamati o si sono autorottamati ma se decidessero di candidarsi e piacessero agli elettori non esistono che io sappia impedimenti alla loro elezione. Dico queste cose solo per segnalare che tra vecchi e nuovi la classe dirigente del Pd è ricca di nomi nessuno dei quali ha l’età di Matusalemme.
Le regole. Le primarie finora sono sempre state aperte. Io personalmente non sono mai stato iscritto al Pd ma ho partecipato a tutte le primarie votando Veltroni, Franceschini, Bersani. Nessuno di loro è stato presidente del Consiglio. Alle primarie di coalizione ho sempre votato Romano Prodi e lo voterei ancora.
Penso che si voti il segretario e non il candidato premier. Primarie aperte per il segretario. Quando si dovrà scegliere a fine legislatura il candidato per la premiership sarà il segretario a decidere se vuole presentarsi anche in quella occasione oppure no. Spetta solo a lui una decisione che lo vedrà sfidarsi con gli altri contendenti.
***
Quando leggerete questo note mancheranno due giorni alla sentenza della Cassazione sul processo Mediaset. La precedente sentenza ha condannato in appello l’imputato Berlusconi a quattro anni di carcere (tre condonati per indulto) e a cinque anni di decadenza dai pubblici uffici.
È opportuno non fare previsioni sulla sentenza, salvo che essa non può che riguardare questioni di diritto e non un nuovo approfondimento dei fatti che restano in ogni caso quelli accertati dalla Corte di appello.
Se sarà un sentenza di conferma, la Camera di appartenenza (in questo caso il Senato) dovrà ratificare la sentenza per renderla applicabile. Normalmente si tratta di una pura formalità poiché la commissione del Senato non può mettere in discussione le decisioni di un giudice ordinario. Ma qualora i senatori del Pdl perdessero la testa, la maggioranza ci sarebbe comunque perché è da immaginare che i senatori di tutti gli altri gruppi ratificherebbero il pronunciamento della Cassazione.
Il governo subirà contraccolpi? Berlusconi lo ha più volte escluso. Per quanto mi riguarda lo prendo in parola. E Alfano?
Il tema della sua responsabilità politica sul caso Shelabayeva è ancora in piedi e lui lo sa. Sarebbe opportuno che ne traesse le conseguenze. Personalmente sono quasi convinto che non sapesse dell’estradizione ma sono altrettanto convinto che un ministro dell’Interno, preventivamente informato dei precedenti, avrebbe dovuto esser lui a chiedere notizie sul seguito di quella pratica. Non è dunque soltanto politicamente responsabile di quanto è avvenuto, ma anche tecnicamente inadeguato a ricoprire quel ruolo. Perciò in punta dei piedi se ne deve andare e sarà un bene soprattutto per lui oltreché per il governo.

La Repubblica 28.07.13