attualità, economia

“Dove guarda l’Europa”; di Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini

Con la globalizzazione sono apparse sulla scena mondiale nuove potenze economiche che stanno registrando tassi di crescita impressionanti: Cina, India, Brasile; e la Russia che è dotata di immense riserve energetiche. L’ascesa di questi paesi sta cambiando gli equilibri di potere poiché si sta accentuando il declino relativo delle economie ricche dei paesi occidentali segnate da una popolazione sempre più anziana e dalla minore possibilità di conseguire una crescita quantitativa paragonabile a quella dei paesi emergenti.
In questo scenario l’Europa si presenta disunita e afflitta da lotte intestine: i paesi “virtuosi” del Nord con in testa la Germania, lungi da impegnarsi nel sostegno delle economie del Sud in crisi, con l’effettuazione di politiche di risanamento dei bilanci pubblici ne stanno aggravando le difficoltà.
Eppure sarebbe quanto mai necessario avere un’Europa unita e solidale al suo interno, non solo per promuovere il miglioramento delle condizioni delle fasce sociali più deboli, ma anche per poter svolgere un
ruolo propulsivo sullo scenario globale. Un’Europa che miri ad aumentare il benessere delle popolazioni costituisce l’unica strada per scongiurare l’ascesa di movimenti antieuropeisti e nazionalisti. Inoltre, come ha invocato Papa Francesco nella sua visita a Lampedusa, il Vecchio Continente non deve più tollerare una “globalizzazione dell’indifferenza” nei confronti di profughi e dei disperati che per sopravvivere sono costretti a migrare rischiando la vita.
L’Africa rappresenta per l’Europa una grandissima opportunità sia per la vicinanza sia perché è il continente che è rimasto più indietro nel processo di sviluppo e proprio per questo possiede le più grandi potenzialità di crescita economica e sociale. Uno dei più grandi problemi dell’Africa è quello dell’acqua: la mancanza di acqua fa si che intere popolazioni siano ridotte al limite della sopravvivenza perché non possono sviluppare l’agricoltura e sono costrette a vivere in condizioni igienico-sanitarie disastrose. Ma per avere acqua serve energia, per questo grazie alle nuove tecnologie solari potrebbe essere lanciato un grande piano per portare energia nei villaggi più poveri del continente africano (solo il 20% della popolazione ha accesso all’elettricità). La disponibilità di energia può permettere di utilizzare l’acqua
e quindi può sostenere l’espansione dell’agricoltura e della produzione di generi alimentari. Energia, acqua e agricoltura rappresentano dunque i pilastri su cui l’Europa dovrebbe lanciare un grande “piano Marshall”, un piano che sia costituito non tanto da aiuti finanziari, ma da interventi diretti attraverso
la fornitura e l’installazione di nuove tecnologie energetiche e di tecnologie per l’estrazione e la distribuzione di acqua. Si tratta di un investimento di medio-lungo periodo (dell’arco di dieci o venti anni), il cui rimborso potrà essere ottenuto attraverso lo sviluppo che esso riuscirà a mettere in moto
nelle economie locali.
Negli ultimi trenta anni con i programmi di aggiustamento strutturale, la maggior parte degli stati africani è stata spinta a realizzare misure di privatizzazione e liberalizzazione del settore agricolo. Il settore agricolo è stato considerato un settore privato, alla stregua di qualunque altra attività economica, che non necessitava di alcun intervento pubblico. Ciò ha prodotto un contesto sfavorevole allo sviluppo dell’agricoltura ed ingenti danni alle economie dei paesi africani. Oggi la Banca Mondiale e la Commissione Europea riconoscono la necessità di un intervento pubblico, anche perché molti paesi in tutto il mondo intervengono attivamente a sostegno dell’agricoltura. A nostro giudizio l’intervento dell’Europa dovrebbe creare condizioni tali da permettere alle popolazioni locali di sfruttare l’agricoltura in misura ben più elevata di quanto avvenga oggi. E in una tale strategia l’offerta di energia e di acqua giocano un ruolo cruciale.
L’Europa ha di fronte a sé delle grandissime opportunità per promuovere sviluppo sia al suo interno sia sul piano internazionale, ma ciò può avvenire solo se il Vecchio Continente riuscirà a liberarsi dagli egoismi che lo stanno paralizzando e che ne stanno addirittura mettendo a rischio l’esistenza futura.

da La Repubblica