"Rai e politica: il momento del coraggio", di Stefano Balassone
La Rai si sente a nudo perchè per la prima volta dacchè esiste, il governo in carica ne rovescia, come si usa dire oggi, la «narrazione». Così il presidio del «pluralismo» viene letto come stanca eredità di lontane lottizzazioni; la presenza «territoriale» è commistione con il notabilato delle caste politiche locali; la sfida a Mediaset come una semplice ammuina dentro la oggettiva consociazione del duopolio. E ancora: le «torri» come un patrimonio sì, ma sottratto al mercato (del resto non c’è Servizio Pubblico che abbia torri proprie) per non turbare il parallelo business di Mediaset (e non solo di Mediaset); il finanziamento di fiction come una spartizione a spese della qualità, tant’è che i prodotti all’estero non si vendono. È per caso ingiusto e infondato questo rovesciamento della narrazione Rai? No, non è affatto infondato e chi lavora in Rai, ognuno per la sua parte, lo sa o dovrebbe saperlo, dal giornalista dell’ennesima testata al funzionario che appone il visto all’ennesimo contratto. La maniera brusca con cui il governo ha posto la questione «150 milioni» …
