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Si spegne la tv, si accende la protesta

Alle 20 davanti alla sede Rai di via Teulada società civile, politica e informazione protestano contro lo stop del governo alle trasmissioni di approfondimento. Con loro anche il segretario PD Pier Luigi Bersani.
Oggi, 2 marzo, ore 20, davanti ai cancelli Rai di via Teulada. È questo l’appuntamento che si danno i rappresentanti della stampa italiana, le forze politiche, le forze sociali, i cittadini comuni per difendere l’informazione plurale, il diritto del cittadino a sapere ciò che succede intorno a lui e soprattutto ciò che succede lontano da lui. Per protestare contro le ultime disposizioni del governo al Cda Rai in materia di par condicio, per sbugiardare l’ultima scusa chi usa il proprio potere politico per mettere a tacere non solo il dissenso ma anche il semplice senso critico. La manifestazione di terrà proprio davanti agli studi che il martedì ospitano Ballarò di Giovanni Floris, prima testa (della settimana) a cadere. Fra i partecipanti il segretario Pier Luigi Bersani e i componenti PD della commissione di Vigilanza Paolo Gentiloni, Vinicio Peluffo e Vincenzo Vita e il presidente del forum Riforma del sistema radiotelevisivo Carlo Rognoni.

Matteo Orfini, della segreteria del Partito Democratico, responsabile Cultura e Informazione afferma: “Il Partito Democratico parteciperà alla manifestazione pubblica organizzata dalla Fnsi per protestare contro la cancellazione dei talk show durante la campagna elettorale. Sarò, assieme ad altri esponenti del PD, in via Teulada per testimoniare la nostra solidarietà ai giornalisti colpiti dalla decisione presa dalla maggioranza del Cda della RAI”.

Il capogruppo del Partito Democratico in commissione Trasporti e Telecomunicazioni alla Camera dei Deputati, Michele Meta, ribadisce: “La ricerca del capro espiatorio sta determinando una responsabilità della legge sulla par condicio nell’annullamento dei programmi di approfondimento giornalistico. Uno schema già visto in altre occasioni che assume un profilo di disonestà intellettuale. La decisione presa dal Cda RAI, a danno degli stessi interessi dell’azienda, è figlia esclusivamente della mancanza di autonomia dei vertici dell’azienda di servizio pubblico che a tutti i costi ha deciso clamorosamente di imbavagliare, in maniera restrittiva, i talk show a maggioranza, con una profonda spaccatura interna sulla quale ci si dovrebbe interrogare meglio. Sono gli uomini, i manager dell’azienda ed i rappresentanti dei partiti di maggioranza, ad aver determinato questa situazione. E, per quanto ci riguarda, come uomini liberi aderiamo alla giusta protesta del mondo dell’informazione per uno stato di cose davvero inconcepibile, e per il tentativo gravissimo di ledere le fondamenta del servizio pubblico che deve garantire sempre il pluralismo, l’obiettività e la completezza dell’informazione”.

Mentre Rita Borsellino, eurodeputata PD, David Sassoli, capogruppo PD al parlamento europeo, Nichi Vendola, candidato alla presidenza della Puglia, e Luigi Zanda, vice capogruppo PD al Senato, diffondono l’appello inviato ai presidenti di Camera e Senato. Ecco il testo integrale: “Vietare i dibattiti politici in televisione significa impedire ai cittadini italiani di formarsi la propria opinione, partecipare alla propria storia, privarli della libertà di scegliere coloro che dovranno governare. La decisione di annullare per un mese i talk show non ha precedenti. Con un atto degno di regimi illiberali, il governo ha costretto il Consiglio di amministrazione della Rai a varare un provvedimento di fine trasmissioni politiche, provocando la rottura del patto fra il servizio pubblico e i cittadini abbonati e causando un enorme danno economico e di immagine all’azienda pubblica. Noi sottoscritti chiediamo ai Presidenti delle Camere e alle autorità di garanzia del settore di intervenire immediatamente per liberarci da questo bavaglio e garantire i valori indicati nell’articolo 21 della Costituzione Repubblicana”.

Vincenzo Vita, senatore del Pd e membro della commissione di Vigilanza Rai dichiara: “La Rai di questi tempi non poteva purtroppo che produrre un regolamento sulla campagna elettorale più realista del re. Non era un atto dovuto e neppure il testo votato a maggioranza dalla commissione di Vigilanza lo imponeva. Tantomeno la legge sulla par condicio, che – anzi – viene bellamente aggirata. E’ una scelta del tutto sbagliata che, con la forza dei numeri, impone al Paese un servizio pubblico dimezzato. Proprio quando il servizio pubblico dovrebbe esercitarsi nel massimo della sua espressione. Inoltre, è un oltraggio alla sintassi televisiva, che viene snaturata con un atto di imperio. C’è da sperare che la scelta di oggi non rimanga senza risposta”.

Fabrizio Morri, capogruppo del PD in Commissione Vigilanza Rai, spiega: “Il provvedimento del Cda della Rai è la fotocopia del voto con il quale il centrodestra della commissione di Vigilanza Rai ha voluto chiudere le trasmissione di approfondimento giornalistico nel mese della campagna elettorale per elezioni regionali. La decisione del Cda di oggi conferma che il vero obiettivo era quello di spegnere i talk show perché ritenuti, evidentemente, scomodi dal governo. È un atto di inaudita gravità e lo consideriamo una vera e propria lesione ad ogni principio di autonomia aziendale e di cultura democratica”.
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