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“Hiroshima: quell’esplosione che segnò la corsa all’atomica” di Roberto Fieschi

Con la scoperta della fissione dell’uranio, fatta in Germania nel 1938 da Otto Hahn e Fritz Strassmann nel corso di studi a carattere fondamentale sulla struttura del nucleo atomico, ad alcuni fisici (Fermi, Joliot, Heisenberg) fu chiaro che, se si fosse potuto realizzare un processo che sfruttasse tale fenomeno (la reazione a catena), si sarebbe potuta liberare una quantità di energia fino ad allora inimmaginabile. Questa scoperta metteva dunque alla portata di qualunque Stato tecnologicamente sviluppato gli elementi necessari alla costruzione di un’arma senza precedenti.

Gli eventi successivi a quel 1938 dimostrano quanto questo sia vero: oggi nove Stati posseggono le armi nucleari (Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, Cina, Israele, India, Pakistan e Corea del Nord), e forse un decimo, l’Iran, si prepara a costruirsele.
Il Progetto Manhattan e il test di Alamogordo: «Trinity». Nel 1942 negli Stati Uniti ebbe inizio il Progetto Manhattan per realizzare la bomba atomica; il progetto fu avviato per timore che la Germania nazista fosse impegnata nella costruzione della terribile arma: nessuno dubitava che, se i fisici tedeschi fossero riusciti per primi nell’intento, Hitler non avrebbe avuto remore di alcun tipo nell’utilizzare la bomba atomica. Al Progetto parteciparono, oltre ai migliori scienziati americani, i britannici (in particolare due fisici tedeschi, fuggiti in Inghilterra per sfuggire alle persecuzioni naziste), tre ungheresi e altri tedeschi, pure fuggiti dalla Germania, ed Enrico Fermi. Con il nuovo anno iniziarono i lavori per il nuovo centro che avrebbe realizzato la bomba a Los Alamos, nel New Mexico. Il 16 luglio 1945 – dunque 64 anni fa – gli scienziati ebbero modo di constatare quanto la loro arma fosse potente con il test di Alamogordo in cui fu fatta esplodere una bomba al plutonio, come quella che poi sarà sganciata su Nagasaki (quella di Hiroshima era basata sulla fissione dell’uranio 235).

L’energia generata fu stimata equivalente a quella di un’esplosione di quindicimila-ventimila tonnellate di tritolo. Meno di due settimane più tardi, il 6 agosto, su Hiroshima, esplose la bomba atomica; la sua potenza era equivalente a quella di circa 13.000 tonnellate di tritolo, uccise circa 68.000 persone e ne ferì circa 76.000; se fossero esplosi tutti i 40 chili di uranio che conteneva, la potenza sarebbe stata 60 volte superiore: la tecnica per costruire bombe non era ancora perfetta! Fat Man, la bomba al plutonio, fu sganciata su Nagasaki, ed esplose, con una potenza di ventidue kilotoni, il 9 agosto uccise circa 38.000 persone e ne ferì circa 21.000. Il Generale Marshall avrebbe potuto disporre di una nuova bomba al plutonio da lanciare, il 17 o il 18 agosto, sulla città di Nagoya; altre bombe sarebbero state disponibili in seguito, una ogni settimana circa…

Il 14 l’Imperatore accettò le condizioni di resa e lo comunicò al suo popolo il 15 agosto: «Inoltre il nemico ha incominciato ad usare una bomba nuova e crudele, la cui potenza distruttiva è incalcolabile», disse Hirohito nel suo proclama. Diversamente da quanto crede la gente, non più del 2% delle vittime di Hiroshima è morto per effetto delle radiazioni, non perché le radiazioni sono innocue, ma perché chi ne aveva ricevuto dosi letali è morto immediatamente per il calore gli effetti meccanici; un secondo fatto poco noto: tra i figli delle persone sopravvissute alle due bombe non c’è stato alcun aumento significativo delle malformazioni neonatali. Dopo di allora nessuna arma atomica fu impiegata in operazioni belliche, anche se l’uso fu più volte minacciato. Oggi, anche grazie ai nuovi documenti resisi disponibili, è interessante conoscere cosa accadde negli anni precedenti e nei seguenti.

Le ricerche atomiche in Germania e in Giappone. All’inizio del 1941 un altro fisico tedesco fuggito negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni, informò i suoi colleghi che un gran numero di fisici tedeschi lavoravano per realizzare la bomba atomica sotto la guida del più brillante fisico tedesco, Werner Heisenberg. In realtà il programma tedesco non fu condotto con molto impegno né efficacia per varie ragioni: le leggi razziali di Hitler avevano allontanato dalla Germania molti dei migliori fisici; vari errori di calcolo e di misura avevano fatto pensare che la quantità di uranio necessaria fosse troppo grande; i rapidi successi delle armate tedesche nei primi due anni di guerra avevano illuso Hitler che non fosse urgente uno sforzo in questa direzione, ma che fosse più importante sviluppare missili e aerei a reazione; non fu avviato un progetto unico come negli Stati Uniti, ma vari progetti sottodimensionati e scoordinati. Dopo la distruzione dell’impianto norvegese per l’acqua pesante (necessaria per costruire un reattore nucleare) e dopo la sconfitta di Stalingrado, all’inizio del 1943, Albert Speer, il ministro per gli armamenti, decretò la fine delle ricerche per la bomba, confermando la decisione già assunta l’anno precedente. Infatti quando gli alleati nel 1944 invasero la Germania non trovarono tracce di progetti avanzati.
In Giappone, nell’ottobre 1940, nello stesso periodo in cui in Gran Bretagna i fisici presentavano il Rapporto MAUD sulla possibilità di realizzare la bomba, due scienziati presentarono ai militari un analogo rapporto, indicando che la bomba era fattibile se si disponeva di una sufficiente quantità di uranio. Nel 1941 l’esercito avviò un suo programma. All’insaputa dell’esercito, nello stesso periodo anche la marina avviò il suo programma, interessata anche alla possibilità che l’energia nucleare (naturalmente non nella sua forma esplosiva) trovasse applicazioni nella propulsione navale. Paradossalmente, un altro dipartimento della marina iniziò le ricerche sulle applicazioni della fissione nucleare. Le stime dei vari progetti sulla massa critica, sull’arricchimento necessario e sul meccanismo per ottenere la reazione a catena esplosiva erano completamente errate, inoltre i tentativi di arricchimento dell’uranio furono scoraggianti. Alla fine, nell’aprile 1945, sotto i pesantissimi bombardamenti americani su Tokyo, l’edificio in cui si tentava l’arricchimento fu distrutto.

La scarsità di uranio fu un altro fattore limitante. Complessivamente, a parte la rivalità fra marina ed esercito, si può concludere che i progetti giapponesi furono deboli in risorse umane e in finanziamenti: poche decine di ricercatori, pochi milioni di dollari (dell’epoca). Per confronto, gli Stati Uniti impegnarono 150.000 persone, due miliardi di dollari, e il coinvolgimento di un’imponente struttura industriale.
Come molti scienziati avevano previsto, la bomba segnò solo l’inizio di una corsa sempre più folle al riarmo; gli impianti per la separazione degli isotopi e per la produzione del plutonio continuarono a marciare a pieno ritmo, ma il monopolio nucleare che i militari e i politici, americani credevano di poter conservare per parecchi anni, decenni forse, fu perso nel 1949.

Dopo Hiroshima, Stalin chiamò a raccolta i suoi scienziati e avviò un intenso programma per realizzare al più presto la bomba atomica. Il primo reattore nucleare per la produzione di plutonio, realizzato anche grazie al quantitativo di uranio trovato nella Germania sconfitta, divenne critico nel dicembre 1946. L’Unione Sovietica sperimentò la sua prima bomba (al plutonio-239: 6 chili) nell’agosto 1949; il progetto dell’ordigno fu facilitato dalle informazioni passate, già prima del test di Alamogordo, dal fisico comunista Klaus Fuchs, che partecipava al progetto Manhattan, tramite il sistema di corrieri Greenglass-Rosenberg; anche le informazioni di un altro agente, Zhorzh Koval, “aiutò ad accelerare i tempi di sviluppo della bomba atomica”: parole di Putin nel 2007.

Nel lavoro per realizzare la bomba, nella località di Mayaknegli Urali, migliaia di prigionieri e molti scienziati furono sottoposti a grandi dosi di radiazioni senza protezione e molti morirono; ampie zone di territorio furono pesantemente contaminate.
Alcuni anni più tardi le forze armate sovietiche saranno dotate di armi nucleari.
È questo il primo esempio di proliferazione nucleare dovuto al meccanismo perverso di azione-reazione. Si tratta, in questo caso, di proliferazione orizzontale, intendendo l’estensione del possesso di armi nucleari da parte di Stati che ne erano prima sprovvisti.

L’Unità 05.08.09