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L’Aquila corre contro il tempo

L`Aquila corre contro il tempo I cantieri periferici avanzano senza sosta, ma la ricostruzione del centro storico rispetto a questo è un gigantesco esperimento sociale. “Noi abruzzesi siamo una cavia di un modello completamente nuovo in cui non possiamo decidere nulla”. Parla Rita Innocenzi, 39 anni, minuta e tostissima capa degli edili della Cgil, la Fillea.

Il modello di cui parla è il modello delle C.A.S.E. (complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili), i 4.950 appartamenti che saranno realizzati – e saranno realizzati davvero, su questo ci possiamo giurare – in 19 aree intorno a L`Aquila. In questi immobili costruiti in un lampo sopra speciali piastre antisismiche, e che saranno consegnati (già arredati) tra la fine di settembre e la fine dell`anno, ci finiranno più o meno 15.000 persone. Probabilmente ci resteranno a lungo. Un`operazione da mezzo miliardo di euro fortissimamente voluta da Silvio Berlusconi, che oggi verrà all`Aquila, e dal suo proconsole, il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso che qui gode di pieni ed estesissimi poteri. Invece di seguire il modello tradizionale preferito dalle autorità locali, dai movimenti e dai sindacati – che prevedeva la ricostruzione delle vecchie case e il contestuale trasferimento degli sfollati in MAP (moduli di abitazione temporanea, di legno o altro) Bertolaso ha imposto la realizzazione delle CASE. Che costano circa 100.000 euro ognuna, urbanizzazione compresa, contro i 30.000 euro dei MAP. Una scelta che per tanti aquilani significa la distruzione urbanistica e sociale dell`Aquila. Ma che ormai è irreversibile. Le CASE ci sono già, dopo due mesi di lavoro.

Un ciclone dentro cui sta Rita Innocenzi, come tutti gli aquilani. Lei ha perso la casa, e vive a Pescara: gira tutto il giorno per i cantieri e i «campi base» dove vivono i circa 3.000 lavoratori (diventeranno 6.000) che costruiscono materialmente le CASE. Vengono da tutto il mondo: ce ne sono di italiani, ma nei «campi» si trovano rumeni, egiziani, kosovari. Il primo turno parte alle 5 e mezza di mattina, lavora dalle 6 alle 14, torna mezz`ora dopo al campo per mangiare, lavarsi e ciondolare.

Quelli del secondo turno lavorano fino alle 22.00, grazie a speciali gruppi fari. Nel campo di Pagliare di Sassa ci «vivono» in 800, dentro decine e decine di container blu affiancati all`interno di un centro commerciale sequestrato. Nel container c`è spazio solo per due letti e due armadietti.

La mensa è terribile, il cibo è precotto.

Un rumeno, specializzato di 1 ° livello, ci fa vedere la busta paga di luglio: comprese 44 ore di straordinario, col festivo e il domenicale, prende 1.600 euro. «Ma manca qualcosa», dice, e protesta.

Problemi ce ne sono, eccome. Assistiamo a un incontro tra il sindacato e gli ispettori di Inail, Inps e ministero: si parla della Edimo, azienda che lavora alle CASE. Tra il 2007 e il 2008 ben 30 dipendenti si sarebbero infortunati (miracolo!) «a casa loro».
Soltanto che un operaio – ha agganciato con un muletto un cavo d`acciaio e si è fatto molto male – ha raccontato la verità: prima di portarlo in ospedale uno dei titolari dell`azienda lo ha portato a casa e fatto cambiare. Altra bega: due lavoratori interinali marocchini, reclutati dalla G Group per la ditta Pellegrini, il cui titolare Fabio De Pascale è presidente dell`Ance di Cagliari.Dormivano in macchina, senza vitto, si sono lamentati e la Pellegrini li ha fatti licenziare.
Certo è che questo «esperimento CASE» rivela aspetti sorprendenti.
Sono le undici, ed eccoci al cantiere di Cese di Preturo: un formicolare di lavoro, tantissimi edifici già quasi completati, si è partiti solo l`8 giugno.

Da una parte della strada ci sono le case fatte di pannelli di legno rinforzato d`acciaio. Sui tetti pannelli fotovoltaici e per solare termico, dentro gli appartamenti (molto piccoli i monolocali, i tetti forse un po` bassi) c`è un buon profumo di legno. I tecnici giurano: l`isolamento termico e acustico è impeccabile, ci si starà «abbastanza bene». Dall`altra parte della strada le case sono migliori: riscaldamento a pannelli radianti, migliore isolamento, vista più bella, scale, ascensore, infissi impeccabili. Più tardi, entriamo nel cantiere di Sant`Elia 1, dove i moduli sono costruiti gettando cemento tra due lastre di polistirolo. Case di plastica? «Niente affatto – dice un ingegnere che non può darci il nome – sono case in categoria A come comfort. Un intervento tecnologicamente molto spinto, sono strutture di qualità e che resisteranno.

Altro discorso è l`aspetto urbanistico o paesistico. Qui, l`attenzione è stata prossima allo zero». L`edilizia è chiamato il settore killer.
E qui? Per adesso (e i nostri interlocutori fanno gli scongiuri…) è andato tutto bene, nonostante la gran furia.
Come spiegare il mistero? Mentre visitiamo il cantiere di Cese notiamo un grande scavo profondo tre metri e mezzo, destinato alla tubatura della fogna.

«Non è segnalato né recintato», dice Gabriele Mantini, il professionista che per il consorzio è responsabile della sicurezza nel cantiere.

Fa una telefonata, ed esattamente dopo quattro minuti ecco un responsabile della ditta con dieci operai a picchettare e recintare. Che gli ha detto? «Che gli facevo chiudere il cantiere per un giorno», è la replica. E un giorno di ritardo sul cronoprogramma può comportare una penale milionaria.

Insomma, ecco uno dei segreti di cantieri italiani che sembrano paracadutati dalla Scandinavia: «Qui ci limitiamo ad applicare la ottima legge italiana sulla sicurezza – spiega Mantini tutto sta a fare i controlli. E la cultura giusta si diffonde». A sera, il capo dei controllori Maurizio Ardingo fa il bilancio:
tre cantieri sospesi (lavoratori senza casco, o senza cintura e linee-vita). Più tardi andrà al briefing quotidiano in cui si fa il punto sullo stato complessivo delle CASE. «La verità dice – è che si può lavorare in efficienza e in sicurezza, se si vuole davvero. Potrebbe essere così per tutti i cantieri di opere pubbliche». Molti dicono che le cose procedono tanto presto e bene perché così vuole Berlusconi. «Quel che so è che dietro questa impresa – conclude Rita Innocenzi – ci sono le intelligenze e le braccia e il sacrificio di migliaia di lavoratori. Il merito va dato soprattutto a loro».
La Stampa 15.08.09