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Berlusconi querela le donne del quotidiano l’Unità

La direzione dell’Unità annuncia di aver ricevuto nella mattinata di oggi due citazione per danni per un totale di due milioni di euro dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per il tramite del suo legale romano Fabio Lepri. Il capo del governo chiede inoltre la condanna a una pena pecuniaria di 200.000 euro ciascuna per il direttore responsabile Concita De Gregorio, per le giornalista Natalia Lombardo e Federica Fantozzi, per l’opinionista Maria Novella Oppo e per la scrittrice Silvia Ballestra.
La richiesta si riferisce a tutti i servizi dedicati allo scandalo sessuale che ha coinvolto il premier pubblicati sui numeri del 13 luglio e del 6 agosto del quotidiano: gli editoriali del direttore (intitolati “l’etica elastica” e “iniezioni di fiducia”), i servizi di cronaca e i commenti.
I due atti di citazione, lunghi complessivamente 32 pagine, contestano le critiche rivolte al premier a proposito della sua mancata partecipazione a impegni internazionali per la contemporanea partecipazione a incontri con la escort Patrizia D’Addario. Viene anche giudicata diffamatoria la ricostruzione dei rapporti tra gli ambienti vicini al premier e le gerarchie vaticane affinché queste ultime assumessero un atteggiamento indulgente nei confronti del premier. “Diffamatoria”, inoltre, la ricostruzione dei rapporti tra Rai e Mediaset in funzione anti-Murdoch. Viene indicata come lesiva dell’onorabilità del premier l’attribuzione del controllo dell’informazione in Italia e il suo abuso.
Contestata pure la citazione di battute di Luciana Littizzetto a proposito dell’utilizzo, parte del premier, di speciali accorgimenti contro l’impotenza sessuale. “Affermazioni false e lesive dell’onore” del premier del quale, scrive il legale, “hanno leso anche la identità personale presentando l’on. Berlusconi come soggetto che di certo non è, ossia come una persona con problemi di erezione”.

Berlusconi vuole chiudere l’Unità
Comunicato della Direzione de l’Unità
Le argomentazioni contenute nei due atti di citazione sono formalmente dirette a dimostrare che l’Unità ha colpito la reputazione di Berlusconi, ma nella sostanza delineano un illecito non previsto dal nostro ordinamento, quello di lesa maestà.
Il legale del presidente del Consiglio contesta le nostre opinioni politiche, le nostre valutazioni (peraltro condivise da opinionisti di altri giornali nazionali e internazionali e comunque attinenti alla libera manifestazione del pensiero tutelata dall’articolo 21 della Costituzione) sui rapporti tra la maggioranza e il Vaticano. O i giudizi sui comportamenti privati del premier e sulla loro compatibilità col suo ruolo pubblico.
Viene addirittura qualificato lesivo della onorabilità del premier il fatto di aver riportato giudizi espressi pubblicamente da Veronica Lario attorno alle sue condizioni e alle sue frequentazioni con minorenni. Persino l’opinione di una scrittrice come Silvia Ballestra viene inserita nell’elenco delle affermazioni non pubblicabili.
Un passo dell’atto prodotto dal legale del premier riassume bene il senso complessivo dell’iniziativa. “Si è scritto, spacciandolo per vero, che ‘tutto’ sarebbe stato ‘nascosto ‘ manipolando l’informazione attraverso le televisioni. E che il dottor Berlusconi non solo avrebbe tale controllo ma addirittura ne avrebbe abusato e continuerebbe ad abusarne in danno del servizio pubblico Rai e per i suoi interessi personali (che sarebbero una sorta di guerra contro Sky). Il che, come quant’altro divulgato dall’Unità, è mera invenzione”.
In definitiva, è “diffamatorio” anche dire che Berlusconi controlla l’informazione in Italia.
Viene contestata la “illiceità” di due interi numeri del giornale in tutte le loro parti che si riferiscono al presidente del Consiglio e, attraverso il combinato disposto di articoli e commenti, diventa “diffamatoria” una linea politica e una visione del mondo.
Non è possibile, nei due atti di citazione, trovare nulla che riguardi il merito delle affermazioni contestate. Né, quindi, ci viene data la possibilità di dimostrare che esse sono fondate su dichiarazioni pubbliche (addirittura fatte da parlamentari della Repubblica un tempo legatissimi al premier, come Paolo Guzzanti) o su dichiarazioni già acquisite dall’autorità giudiziaria (come quelle della D’Addario) e diffuse da tutta la stampa mondiale.
E questo chiarisce le ragioni della scelta della sede civile e la richiesta di un risarcimento esorbitante. E’ evidente che Silvio Berlusconi, come già il fascismo, vuole chiudere il giornale fondato da Antonio Gramsci.
Faremo tutto ciò che è nelle nostre possibilità per impedirlo. Lanciamo, ai nostri lettori e a tutti i democratici, un appello perché si mobilitino a difesa della libertà di stampa.

Solidarietà a l’Unità. Franceschini: «Questa è intimidazione»
Solidarietà, messaggi a difesa della libertà di informazione, richiami alla mobilitazione. Il tam tam è immediato. A l’Unità arriva la solidarietà, «anche a nome delle senatrici e dei senatori del Pd», di Anna Finocchiaro, che difende «l’esercizio, da parte del quotidiano, della libertà di stampa e di critica sui comportamenti del premier» ed esprime «vicinanza all’Unità, al suo direttore responsabile Concita De Gregorio e alle giornaliste, opinioniste e scrittrici colpite dalle citazioni per danni ricevute dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, a causa dei servizi che il quotidiano ha dedicato ai comportamenti del premier stesso».
«Prosegue la strategia di intimidazione del premier», avverte il segretario del Pd Dario Franceschini. «Un nuovo atto inaccettabile di intimidazione e aggressione alla stampa e alla sua indipendenza», stigmatizza Piero Fassino. «Chi non si allinea viene colpito», corre a solidarizzare con il direttore e la redazione de l’Unità anche il leader dell’Idv Antonio Di Pietro. «Solo l’indignazione supera lo sconcerto per l’arroganza con cui il capo del governo, padrone di giornali e televisione, titolare di un colossale conflitto di interessi, tenta di imbavagliare e intimidire tutte le agenzie di informazione che non fanno parte del suo dominio, per la sola colpa di non essere asservite e supine», commenta il capogruppo del Pd alla Camera, Antonello Soro.
«Chiedere un risarcimento ad un giornale per degli editoriali è evidentemente un modo abbastanza chiaro di intimidire», spiega dunque il segretario del Pd Dario Franceschini: «Piuttosto, si guardi le fotografie che ha pubblicato l’Unità oggi, l’orrore di quelle foto, di cosa avviene nei campi profughi», dice il leader del Pd, che invita il premier a riflettere sui campi profughi libici, e sull’Italia, uno Stato che «ha respinto dei profughi fuggiti alla morte e alla disperazione che avevano diritto all’asilo politico. Una cosa è il contrasto all’immigrazione clandestina e un’altra è non rispettare i più elementari diritti dell’uomo». «Anzichè fare causa all’Unita – ha concluso – Berlusconi prenda la copia di oggi e guardi quelle foto»
Per Di Pietro il passo verso il regime è breve. «Ecco la dittatura di ritorno, e dalle carte bollate all’olio di ricino il passo è breve. Oggi è toccato a L’Unita, ieri a noi dell’Italia dei Valori, nei giorni scorsi nel mirino sono finiti “Repubblica” e la stampa estera. Insomma, come accade in tutti i peggiori regimi, chi non si allinea viene colpito», osserva il leader dell’Idv, che esprime «solidarietà al direttore de l’Unita e ai suoi redattori, colpevoli soltanto di aver svolto bene il loro lavoro».
«Non vogliamo entrare nel merito della vicenda – osserva Anna Finocchiaro -, ma ancora una volta osserviamo come la reazione al dissenso nei confronti del suo operato sia tanto violenta, quanto incapace di rispondere alle domande e alle critiche che i media nazionali e stranieri gli rivolgono». La capogruppo del Pd ricorda che «un capo del governo che si rispetti dovrebbe sapere che il suo operato può essere oggetto di critiche da parte della stampa, dell’opposizione, degli organismi sovraordinati, come è giusto e legittimo che sia in democrazia». E conclude ammonendo che è «l’opinione pubblica aspetta ancora le risposte del premier e che reazioni così scomposte sono sintomo di una difficoltà e prima o poi si trasformeranno in autogol».
Mentre la senatrice del Pd Vittoria Franco risponde al premier «di fronte a questo ennesimo attacco alla libertà di stampa da parte del presidente del Consiglio»: «Ci denunci tutte, tutte noi che abbiamo preso la parola e partecipato alla discussione e all’analisi critica sul suo comportamento che abbiamo ritenuto lesivo della dignità delle donne». «L’Unità – ricorda Vittoria Franco – è uno dei pochi quotidiani italiani che abbia reagito di fronte alle vicende del premier, nonchè l’unico ad aver finalmente rotto il silenzio parlando della dignità delle donne e della loro necessità e capacità di reagire di fronte al mercimonio del corpo femminile emerso proprio da quei comportamenti del capo del governo».
Quale sia il segno di questo ennesimo attacco è chiarissimo anche per l’ex ministro della Comunicazione Paolo Gentiloni: «Il messaggio è: chi fa informazione su qualsiasi materia esprimendo posizioni critiche verso il capo del governo, lo fa a proprio rischio e pericolo». Per Gentiloni «diventa sempre più urgente la mobilitazione per difendere la libertà di informazione dalla crociata di un premier che già controlla buona parte dei media italiani».
E anche Beppe Giulietti a nome di Articolo 21 rilancia la manifestazione sulla libertà di informazione e invita anche «i più tiepidi, moderati e cinici» a partecipare, perché «si può essere di destra ma non per questo genuflettersi all’altare del conflitto interessi». E avverte: «questa campagna non si fermerà a Repubblica e all’Unità, a Raitre e al Tg3 ma coinvolgerà numerose altre testate e anche quelle, magari anche di destra, che vorranno fare semplicemente il loro mestiere». «Quelli che oggi sghignazzano – prosegue Giulietti – tra non molto scopriranno, come è già accaduto, che presto la favola narrerà anche di loro. Per questo sarà fondamentale la più ampia partecipazione alla manifestazione per la libertà di informazione».

Le donne del Pd: «E adesso il premier ci denunci tutte»
«Ci denunci tutte». Così la senatrice Vittoria Franco, responsabile delle Pari Opportunità del Pd replica al premier e invita le donne a rispondere «di fronte a questo ennesimo attacco alla libertà di stampa da parte del presidente del Consiglio». «L’Unità – ricorda Vittoria Franco – è uno dei pochi quotidiani italiani che abbia reagito di fronte alle vicende del premier, nonchè l’unico ad aver finalmente rotto il silenzio parlando della dignità delle donne e della loro necessità e capacità di reagire di fronte al mercimonio del corpo femminile emerso proprio da quei comportamenti del capo del governo». E allora se Berlusconi denuncia l’Unità, le donne potrebbero rispondere: «Ci denunci tutte, tutte noi che abbiamo preso la parola e partecipato alla discussione e all’analisi critica sul suo comportamento che abbiamo ritenuto lesivo della dignità delle donne»,
Il carattere “misogino” dell’ultimo attacco del premier non sfugge alle donne del Pd. “«La misoginia può avere molte facce», avverte la vicepresidente della Camera Rosi Bindi, «l’ultima è quella esibita dal premier con la denuncia alla direttrice e alle giornaliste dell’Unità, colpevoli di aver dato voce al diritto di informare e alla libertà femminile di chiedere ragione di un potere che umilia le donne». «Con un’unica mossa, si cerca di colpire due obiettivi», attacca la Bindi che osserva come Berlusconi non ha querelato «la fonte, ampiamente nota, che per prima ha rivelato i festini organizzati a Roma e in Sardegna, ma contesta la libertà di riferire e analizzare le notizie, discutere e dissentire». La risposta, secondo la Bindi, deve essere la mobilitazione, a partire dalle feste de l’Unità.
Marina Sereni, vicepresidente dei deputati del Pd, scrive al direttore de l’Unità: «Cara Concita, l’atto di intimidazione di Berlusconi verso il giornale che dirigi e che, fin dalla sua nascita è stato simbolo di libertà, è l’ennesimo colpo di un capo di governo in serie difficoltà per il suo comportamento personale e politico, che cerca di nascondere la verità occupando ogni angolo dell’informazione e querelando o citando per danni chi non obbedisce alla sue veline». « Sono personalmente vicina a te e alla tua redazione che, nonostante le difficoltà, cerca di raccontare l’Italia vera. La libertà di opinione e di valutazione – prosegue – è tutelata dalla nostra Costituzione. La vostra libertà è la nostra. Per questo una mobilitazione è sempre più urgente. Ti, vi sono vicina».

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