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"Siamo tutti cittadini di Teheran", di Paolo Giacon

Noi giovani occidentali nonostante la crisi economica, abbiamo brindato con fiumi di spumante, prosecco e champagne, mentre i nostri coetanei iraniani, con coraggio e determinazione hanno continuato e continueranno a scendere in piazza, invocando libertà, democrazia, riforme e quel rispetto per i diritti umani, unica fonte di pace e coesione sociale per qualsiasi nazione del mondo. E vi saranno probabilmente fiumi di lacrime e di sangue. Il mondo guarda a Teheran con il fiato sospeso. La capitale di un paese lontano e spesso indicato come culla dell’integralismo islamico più radicale, sede di una dittatura teocratica che nello stesso tempo spaventa e tiene in scacco il mondo occidentale. Ieri eravamo cittadini di una Berlino divisa e martoriata dalla Guerra fredda, oggi vorremmo scandire anche noi, in farsi, gli slogan per il cambiamento contro la dittatura.
Contro tutte le dittature e le teocrazie che insanguinano questo nostro mondo e limitano il libero sviluppo di ogni essere umano.
Le poche immagini giunte dalla rete, dai videotelefonini, dai social network ci commuovono, ci indignano. Siamo con le ragazze e i ragazzi di Teheran e non possiamo sottrarci ancora una volta a sostenere il cammino di democrazia di un popolo. Una nazione diversa dalla nostra, per cultura, lingua, tradizione e religione, con cui tuttavia condividiamo il desiderio di progresso, di giustizia e di libertà. Per questo ci sentiamo cittadini di Teheran, città che piange i suoi morti, ma che non si rassegna ad essere motore del cambiamento e di una rivoluzione che prima o poi porterà i suoi frutti. La nuova frontiera per i pionieri della democrazia – così la chiamava Kennedy – si è dunque spostata in Oriente. E trova spazio nella tragica e turbolenta emancipazione di un popolo: una nuova frontiera a cui tutti i giovani italiani ed europei guardano, imparando e riscoprendo insegnamenti nello stesso tempo nuovi ed antichi.
Lo sappiamo da tempo: le proteste in Iran sono il chiaro segno che l’Islam non è una religione intrisa di integralismo e fanatismo: al suo interno accoglie moderati, riformisti, forze in grado di contrastare le idea di una società teocratica.
Il secondo insegnamento, che ci rincuora, riguarda il cammino della democrazia e dei diritti umani: nonostante le dittature e le violenti repressioni, democrazia e diritti riescono sempre a trovare la strada per emergere e riscattare un popolo.
Come l’acqua riesce a trovare sempre una strada per giungere fino al mare. Il terzo elemento a cui prestare attenzione è infine lo spirito di abnegazione e di sacrificio di tanti giovani donne e uomini che hanno il coraggio di sfidare i divieti del regime e morire per migliorare il proprio paese, lottando per l’emancipazione delle donne, per la libertà di parola e di associazione, per la laicità del proprio stato, per le riforme, per costruire un clima internazionale più favorevole allo sviluppo della società e dell’economia iraniana. Guardiamo dunque verso Oriente con preoccupazione, ma anche con fiducia: il cambiamento potrebbe essere vicino e come scrisse molti anni fa Bacone: «Vi è sufficiente motivo di speranza per il valoroso per tentare e per il prudente ed il saggio per credere».
Europa quotidiano 07.01.10