memoria, politica italiana

"Mani pulite la memoria è finita", di Mario Calabresi

Per cancellare il ricordo, ogni prudenza e la paura, per ricostruire la spavalderia, il senso di impunità e l’arroganza sono serviti 18 anni. Una generazione. Un giro completo di giostra che sembra riportarci alla casella di partenza: 17 febbraio 1992. Diciotto anni fa, l’anniversario esatto cade mercoledì prossimo, veniva arrestato il presidente socialista del Pio Albergo Trivulzio – ospizio per anziani milanese – mentre riceveva una tangente di sette milioni di lire. Si chiamava Mario Chiesa e con quelle manette prendeva il via la stagione di Mani Pulite. In quei giorni si affacciavano sulla scena politica di Milano facce nuove, pulite, che promettevano di parlare una lingua diversa: tra queste quella del leghista Pier Gianni Prosperini e di un gruppo di ragazzi della Gioventù liberale. Il primo è finito in carcere prima di Natale con l’accusa di aver incassato una tangente da 230 mila euro, mentre per uno dei giovani liberali – Camillo Pennisi detto Milko – le manette dei carabinieri sono scattate giovedì, mentre si faceva dare da un imprenditore cinquemila euro in contanti nascosti in un pacchetto di sigarette.

Se li era fatti portare nella piazzetta alle spalle di Palazzo Marino, durante la seduta del Consiglio comunale, con la naturalezza di chi esce dall’Aula un momento per fumare.

Nelle stesse ore è stato arrestato il presidente della Provincia di Vercelli e l’Italia ha cominciato a interrogarsi su quale sia la vera faccia di Guido Bertolaso e dei miracoli della Protezione civile.

Il presidente del Consiglio sostiene che i pubblici ministeri dovrebbero vergognarsi e si potrebbe essere tentati di leggere tutto questo come l’offensiva pre-elettorale di una magistratura politicizzata contro la maggioranza di governo a cui appartengono tutti questi personaggi. Ma i conti non tornano: sono in corso inchieste in otto delle tredici regioni che andranno al voto questa primavera, peccato però che i politici coinvolti in ben sei di queste appartengano al centrosinistra. Dal sindaco di Bologna allo scandalo della sanità pugliese, dagli avvisi di garanzia al candidato del Pd in Campania alla bufera sull’ex presidente del Lazio, fino alle inchieste in Calabria e all’indagine sugli appalti a Firenze. La magistratura ha colpito a destra – nel mirino la sanità lombarda – e a sinistra e i carabinieri sono intervenuti a Milano, come a Vercelli o a Roma perché c’erano imprenditori che hanno fatto denuncia, stanchi di pagare.

Ogni giorno emergono storie che ci raccontano come la sanità italiana e i suoi appalti siano diventati fonte privilegiata di approvvigionamento per gli appetiti della politica di ogni colore e schieramento. Si ha la sensazione che si sia davvero tornati al punto di partenza, con la differenza che non si agisce più per conto dei partiti, che nel frattempo non esistono più nella forma che conoscevamo vent’anni fa, ma prevalgano gli individui, le loro carriere e la voglia di avere vite private esagerate.

Ad essere tornata identica è la facilità con cui si chiedono tangenti, contributi, viaggi, automobili, prostitute, orologi, gioielli e carte di credito agli imprenditori che vogliono fare il salto di qualità. È la naturalezza con cui tutto ciò avviene e con cui si arraffa a fare impressione.

Lo spavento di un’intera classe politica, il senso di vergogna, i tabù e la prudenza che sembravano essere entrati nel dna della classe politica dopo Tangentopoli sono completamente svaniti. La rievocazione di Bettino Craxi a dieci anni dalla sua morte, che si è tenuta poche settimane fa, con quell’insistenza sui meriti storico politici dell’azione di governo dell’ex segretario socialista e la rimozione della corruzione e delle tangenti sono segno dei tempi. Segno che la memoria è svanita. Tanto che l’ex sindaco di Milano Carlo Tognoli può permettersi di dire serenamente che le tangenti erano «solo» del tre per cento, come se questo le rendesse accettabili.

In questi giorni diventa maggiorenne la generazione nata in quel 1992, una parte di questi ragazzi andrà al voto per la prima volta tra poche settimane, siamo andati a cercarli e abbiamo avuto la conferma che Mani Pulite non è materia di ricordo. C’è smarrimento in chi andrà alle urne e dovrà sostenere la Maturità, davanti alla storia recente e ai comportamenti della politica di oggi. E aumenta la sfiducia.

Il moltiplicarsi delle inchieste porta con sé anche una sensazione di stanchezza, di assuefazione dell’opinione pubblica; certa spettacolarizzazione della giustizia – un discutibile protagonismo di magistrati che parlano prima dei loro atti – crea disagio e contribuisce allo sfarinamento del vivere civile. Penso a questa divulgazione continua di particolari – meglio se sessuali o pruriginosi – dati in pasto ai mezzi di comunicazione per far salire il livello di attenzione. Una strategia pericolosa e dubbia: si finisce per giudicare un politico per la sua moralità sessuale e si perde di vista la sostanza. Certo è evidente che il sesso sta diventando parte integrante del sistema della corruzione, ma concentrarsi sugli aspetti «pecorecci» finisce per far passare in secondo piano ruberie e spoliazioni della cosa pubblica. Sono convinto che sia poco importante passare giornate a discutere se Bertolaso curasse o no il mal di schiena in un centro sportivo romano, quanto è invece fondamentale capire come funzionava la macchina degli appalti della Protezione civile.

I cittadini avvertono un senso di nausea e la politica dovrebbe farsene carico con urgenza, riscoprendo lei il senso della misura e quello della vergogna.
La Stampa 13.02.10