partito democratico

Binetti lascia il Pd. "Sogno il grande centro". Bersani: sono dispiaciuto

Dopo un lunghissimo tira e molla, un annuncio durato mesi, alla fine Paola Binetti, la deputata teodem al centro di mille polemiche sui diritti civili, ha deciso di lasciare il Pd. Non seguirà Rutelli, l’uomo che l’aveva convinta a scendere in politica e che l’aveva portata nella Margherita, nella nuova avventura dell’Api. Ha scelto l’Udc di Casini, come prima di lei avevano fatto due “compagni” di tante battaglie come Enzo Carra e Dorina Bianchi.

Binetti ha annunciato la sua decisione con un’intervista al Corriere della Sera. Mercoledì la presentazione ufficiale con la “nuova maglia” in una conferenza stampa con Rocco Buttiglione. “Il Pd ha fallito, Bersani è un rappresentante illuminato dei vecchi Ds ma non è mai stato il leader della sintesi coi cattolici”, spiega Binetti. A motivare lo strappo ha certamente contribuito la decisione del Pd di candidare Emma Bonibo nel Lazio.” Io volevo restarci, nel Pd, ma vista l’insistita e menzognera tendenza a dimostrare che tra la cultura cattolica e quella radicale non ci sono differenze, restare non ha più senso. Come posso stare in un partito dove si prova ogni giorno a delegittimarmi? Dove si afferma che le mie idee non contano niente?”. La Binetti accusa Bersani di aver lasciato a Pannella “la guida del treno democratico, i radicali sono la locomotiva e il Pd attacca i vagoni…”.E si augura la sconfitta elettorale della Bonino: “Mi auguro con tutto il cuore che non vinca, Bersani ha sottovalutato la capacità di reazione del mondo cattolico”.

il suo obiettivo, ora, è costruire una nuova Dc, reclutando cattolici da entrambi gli schieramenti. Pensa a un “partito del 15-20%, si appella ai cattolccii del Pd, da Fioroni a Marini, da Franceschini a Bachelet. “Mi auguro che vengano via, loro e tutti quelli che si sentono a disagio nel Pd. I tempi per un grande centro sono maturi. Per la cultura cattolica non c’è più spazio nel Pd, Bersani ha fatto un partito che somiglia ai socialisti spagnoli”.

Non mancano le reazioni, e neppure le polemiche. A partire dalla standing ovation con cui la notizia è stata salutata al congresso dell’Arcigay. E Bersani dice: “So che a qualcuno potrà sembrare strano, ma lo dico sinceramente: l’allontanamento dell’onorevole Binetti è quello che mi dispiace di più. Non posso, ovviamente, condividere le sue motivazioni, in particolare a proposito della candidatura di Emma Bonino». Mi interessa tuttavia discutere un punto più di fondo delle argomentazioni dell’onorevole Binetti -prosegue Bersani- Aspettare dal segretario del Pd la garanzia della sintesi tra diverse culture, lascia immaginare un’idea di partito a stanze comunicanti ma separate, con qualcuno che regola il traffico, o amministra un condominio. Io credo invece che la sintesi richieda uno sforzo più generoso e profondo. Credo che questo sforzo debba avvenire sul terreno esigente dell’autonomia e della specifica responsabilità della politica in vista del bene comune». «Un’autonomia ed una responsabilità -ha sottolineato Bersani- che trovano la loro nobiltà più spesso negli interrogativi che nelle certezze della coscienza. Forse questo è il punto che ci divide e ci addolora, ma che aiuta a capire meglio la grande e appassionante sfida che il Pd ha deciso di mettersi davanti».

«Credo di poter dire, anche a nome della maggioranza dei credenti che restano nel Pd, tutta l’amarezza per una scelta personale che merita rispetto ma che non può essere condivisa», commenta Pier Luigi Castagnetti. «L’uscita della Binetti – afferma il presidente della Giunta per le autorizzazioni della Camera – è “una grave perdita per il Pd. Lo dico a ragion veduta anche se so che probabilmente altri non condividono. Le qualità morali e intellettuali di Paola hanno consentito in questi anni di rendere veramente importante il dialogo e il pluralismo culturale dentro il partito”. “So bene che la sua non è una decisione improvvisata – prosegue Castagnetti – anzi è frutto di un percorso anche di sofferenza umana, così come è stata quella di Carra e Lusetti. Comprendo ma non condivido. La presenza dei credenti in politica può manifestarsi infatti – spiega Castagnetti – all’interno di piccole enclave di testimonianza valoriale oppure può nutrire l’ambizione di rendere gli stessi valori incisivi e influenti all’interno di grandi partiti che muovono la storia”. “È l’eterno dilemma dei cattolici – aggiunge Castagnetti – io sono convinto insieme a tantissimi altri, che nel Pd sia possibile vivere questa seconda opzione, sia possibile cioè cercare punti di convergenza con altri filoni culturali senza compromessi insostenibili con la propria coscienza. Non si può certo sostenere – conclude Castagnetti – che oggi in questo partito ci sia chiusura al dialogo o peggio coartazione della propria coscienza”.

“Prima di Castagnetti, che con disappunto sento parlare ‘a nome della maggioranza dei credenti che restano nel Pd’, a dover manifestare amarezza per l’uscita di Paola Binetti dal partito dovrebbero essere i democratici tutti non perchè credenti ma perchè democratici», dice Arturo Parisi. «La sua uscita – prosegue Parisi – segnala infatti il fallimento della sua scommessa personale ma anche l’incapacità del partito di farsi luogo di confronto tra persone e di sintesi al servizio della decisione politica. L’amarezza che manifestiamo oggi è tuttavia figlia della amarezza che non abbiamo manifestato ieri per il modo in cui Paola Binetti è entrata e ha partecipato alla vita del partito. Non è in forza della sua ricca umanità e della profondità delle sue convinzioni che Paola Binetti ha infatti preso parte da protagonista al confronto politico, ma in nome di una etichetta confessionale, i Teo-dem, che con la sua adesione le è stata costruita addosso con una irresponsabilità che mi auguro almeno in parte inconsapevole delle sue gravi conseguenze”.

«Rispetto la scelta della Binetti anche se non è la mia scelta. Quello che trovo più preoccupante è che questo lungo stillicidio di abbandoni del Pd venga accompagnato troppe volte da un silenzio gelido e burocratico dello stato maggiore del partito», dice Marco Follini.

«È assolutamente condivisibile e rispettabilissima la scelta della Binetti di abbandonare il Partito Democratico, del resto solo gli stolti non cambiano mai idea. Ma se vuole essere davvero coerente, per poterlo fare, la Binetti deve dimettersi da tutti i mandati ricevuti, incluso quello di parlamentare, con i voti del Partito Democratico”, incalza roberto Calderoli. “Nella prossima riforma costituzionale bisognerà inserire l’impossibilità per chi viene eletto con i voti di un partito di potersene andare, mantenendo una carica che ha ottenuto con i voti di elettori di un partito che ha abbandonato, perchè questo esige la coerenza”.
L’Unità 14.02.10