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Gli atenei in profondo rosso "Qui rischiamo la bancarotta", di Laura Montanari

In futuro a rischio anche i bilanci che oggi sono in pareggio, come a Torino e Bologna. Bilanci fragili, atenei che pareggiano a fatica i conti, altri costretti a vendere pezzi di patrimonio immobiliare, case e palazzi per saldare le spese, le rate dei mutui e le bollette. Sono diverse le università in rosso e l´iniezione di 400 milioni di euro promessi come una tantum e aggiunti in «zona cesarini» in Finanziaria saranno solo un po´ di ossigeno. Per il 2011 il presidente della Crui, la conferenza dei rettori, Enrico De Cleva, lancia l´allarme: «Non siamo in grado di subire per il prossimo anno un taglio del 18-20% rispetto alle risorse del 2008, sarebbe il collasso dell´intero sistema universitario. Nessuno riuscirebbe a chiudere i bilanci». Del resto già ora la navigazione, per molti, è difficile. A Siena ogni mese si chiedono se ce la faranno a pagare gli stipendi del personale e il deficit di 32 milioni di euro sul 2010 è niente a confronto della montagna dei debiti pregressi valutata in oltre 100 milioni (su questo indaga pure la magistratura). Alla Federico II di Napoli il bilancio di previsione 2010 non l´hanno nemmeno approvato preferendo la gestione provvisoria. Lo stesso alla Sapienza di Roma dove lo sbilanciamento fra entrate e uscite è saldamente a due cifre con il segno meno davanti. A Bari e a Palermo idem. Genova, come altri atenei, ha chiuso il 2009 frugando fra le riserve messe da parte in cassaforte. La Statale di Milano approderà al pareggio quest´anno, «ma con tagli insopportabili se non dovessero arrivare i fondi promessi dal governo» spiega lo stesso rettore De Cleva.
I «fondi promessi» sono i 400 milioni di euro, provenienti dallo scudo fiscale, parziale reintegro della riduzione di 678 milioni al finanziamento ordinario, cioè ai soldi che servono a far funzionare gli atenei. «Il fatto è che non si conoscono i criteri di assegnazione e questa incertezza finanziaria lascia le università in stallo, ci impedisce ogni programmazione, ci costringe a ragionare come se quelle risorse non ci fossero» spiega il presidente della Crui. «La situazione è preoccupante – prosegue – se da un lato il nuovo disegno di legge mostra un´attenzione del governo per le università, dall´altro pesa questo non conoscere quando e quali saranno le risorse a disposizione: non possiamo pianificare nuovi investimenti edilizi, né un reclutamento. Avremo pensionamenti massicci, ma casuali, cattedre vuote qua e là: se non programmiamo le assunzioni rischiamo di lasciare sguarniti interi settori disciplinari».
Alla Federico II di Napoli coi soldi risparmiati dai pensionamenti, spiega il rettore Guido Trombetti, riusciranno appena a coprire gli incrementi degli stipendi di chi resta. Questo per il futuro immediato. Il peggio è per gli anni a venire se le forbici continueranno a tagliare l´Ffo, il fondo di finanziamento ordinario. Il rettore dell´università di Firenze, Alberto Tesi, alla cerimonia di inaugurazione dell´anno accademico un mese fa ha mostrato un grafico con due curve: una in salita, l´altra in discesa. La prima rappresenta il costo del personale, l´altra i finanziamenti dello Stato per l´università. «Il grafico è stato mostrato nel rapporto del Comitato nazionale di valutazione – ha detto Tesi, a capo di un ateneo che da anni vende immobili per pareggiare il bilancio – mostra con chiarezza che, fra il 2010 e il 2011, anche in assenza di nuove assunzioni il costo del personale supererà quello del fondo statale». Va detto che gli atenei dal 2002 sono costretti a pagare gli aumenti stipendiali dei dipendenti senza essere più rimborsati e questo, combinato a una passata politica di assunzioni non sempre attenta ai soldi in cassa, è stato un pozzo in cui sono finite parte delle risorse. «Raccogliamo l´eredità di tempi in cui le università hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità – spiega il rettore di Bari, Corrado Petrocelli, ateneo con un deficit di 52 milioni di euro – Da tre anni noi attuiamo un turnover del 20%, abbiamo messo in vendita alcuni immobili, abbiamo varato un piano di rientro pluriennale, ma noi dobbiamo dire chiaro che vogliamo continuare a essere una università, a fare ricerca e didattica e questo non sarà possibile se ogni anno ci vengono tagliate le risorse». Fanno i conti con la crisi anche gli atenei virtuosi, come Torino o Bologna: quest´ultimo ha ricevuto 32 milioni in meno (-8%) rispetto al 2009 e ha chiuso il bilancio 2010 tagliando spese per 10 milioni soprattutto sulla didattica, ma salvaguardando il diritto allo studio, i dipartimenti e le relazioni internazionali. Tutto ciò è stato possibile grazie a un “tesoretto” (avanzi di bilancio del 2008 e 2009) accumulato per la gestione “virtuosa” e una quota di trasferimenti premiali. Il prossimo anno, però, al taglio lineare della Finanziaria Tremonti (-32 milioni) sull´Ffo rischia di aggiungersi un´ulteriore riduzione di 27 milioni se sarà eliminato il fondo interministeriale Padoa Schioppa. Il rettore Ivano Dionigi dice: «Se verranno confermati questi numeri per il 2011, in assenza di tesoretto pregresso e dello scudo fiscale, rischia di essere messo in ginocchio anche un ateneo virtuoso come Bologna».
La Repubblica 19.02.10

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