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"Il leader pd vinciamo nella maggioranza delle regioni", intervista a Pierluigi Bersani di Goffredo De Marchis

“È finita l´epoca degli steccati ora in piazza politica e società e difenderemo Napolitano”
Bersani: Berlusconi non è più in grado di offrire un futuro.
«Sono tranquillo». Pierluigi Bersani non teme che la manifestazione di domani possa virare in un attacco a Napolitano per la firma del decreto salva-liste. «A Piazza del Popolo renderemo esplicito il fatto che il presidente della Repubblica non ha alcuna responsabilità in quella scelta». Non solo non è preoccupato, ma considera il raduno l´occasione per siglare la pace tra il Pd e i movimenti. I dubbi sulla partecipazione al primo corteo del popolo viola sono ormai un ricordo del passato. «Fischi a me o al partito? Non avremo questo problema. Per un motivo molto semplice: le cose cambiano. Chi prima ci chiedeva di aiutarli a protestare adesso ci chiede di portarli da qualche parte. Loro stanno maturando, ma stiamo maturando anche noi. Non vogliamo più escludere. Anzi. A me piace l´idea di mescolare la voce della politica e la voce della società civile». Questa piazza guarderà anche allo sprint delle regionali: «Per noi vincere nella maggioranza delle regioni, 7 a 6, sarebbe un bel risultato».
Malgrado il decreto, i ricorsi del Pdl sulle liste sono stati tutti respinti. Ha ancora senso fare una manifestazione su una battaglia già vinta?
«Ha più senso questa manifestazione di tante altre che avevano il crisma dell´impotenza».
A quali si riferisce? Girotondi, popolo viola?
«Parlo in generale e parlo anche del Pd. Spesso abbiamo visto cortei convocati per protestare contro provvedimenti o leggi ormai irrecuperabili. Adesso invece vedo lo spiraglio per avviare il motore della legalità. Voglio dire che questa manifestazione è preceduta da alcuni risultati positivi: abbiamo bloccato la protezione civile Spa per esempio. E sulla vicenda delle liste si è dimostrato che anche in Italia esiste la strada maestra della giurisdizione. Non è retorica dire che vogliamo mettere insieme, a Piazza del Popolo, democrazia e lavoro. Sono temi concreti e immediati».
Lei pensa che le leggi ad personam e gli attacchi alle istituzioni servano a nascondere gli insuccessi dell´azione di governo. Significa che il berlusconismo è al tramonto?
«Io vedo un galoppare di iniziative che puntano alla deformazione delle regole. Mi chiedo il perché di questa escalation».
Perché?
«Perché Berlusconi non è in grado di trasmettere un´idea di futuro. È troppo forte per essere finito e un po´ troppo finito per sentirsi davvero forte. Usa il consenso che ha, e ne ha ancora molto, per accelerare i processi di condizionamento della democrazia. I 20 mesi di picconamento delle istituzioni sono direttamente funzionali alla volontà di zittire i problemi sociali. Bene, ora le voci politiche delle opposizioni e delle associazioni vogliono ribaltare la sua agenda, scriverne una nuova».
Tremonti però sbandiera come una vittoria del governo la sostanziale pace sociale in una fase di gravissima crisi.
«Tremonti è come un dottore che non capendo nulla di medicina pensa che se non c´è la febbre non c´è nemmeno la malattia. Ma qui la malattia è più profonda. C´è un problema di rassegnazione, di perdita di voce. L´Italia è vitalissima e sono sicuro che ce la farà, ma non con un governo che sta con le mani in mano. I numeri sono chiarissimi. Il calo della ricchezza è superiore a tutti gli altri paesi europei. Adesso, con la mediazione di Berlusconi, hanno trovato 350 milioni per incentivi all´attività economica: è un decimo di quello che ci è costata Alitalia. I 94 miliardi recuperati con il condono stiamo vedendo che fine fanno. Metà restano dov´erano, ripuliti con una tassa del 5 per cento anziché del 40. Giuridicamente rientrati, dice Tremonti con involontaria ironia. L´altra metà comincia già ad andare verso l´acquisto di beni immobili. Altro che soldi reinvestiti nel ciclo produttivo».
Ma la manifestazione si muove su un altro terreno: il decreto salva-liste.
«Noi abbiamo percepito quell´atto indecoroso come la cartina di tornasole di un lungo percorso. Protezione civile, legittimo impedimento, legge sulle intercettazioni, infine violazione, per decreto, delle regole elettorali. Nonostante tutto abbiamo provato a fare una proposta. Esistono gli strumenti di legalità: basta ricorsi, fermiamoci noi in Lombardia voi nel Lazio. Niente da fare. Ma noi insistiamo: anche così vogliamo girare la piazza di domani dalla protesta alla proposta».
Molti elettori del Pd non hanno condiviso la firma di Napolitano sul decreto. A loro cosa si può dire?
«Non pretendo che larga parte dell´opinione pubblica sia ferrata nei meccanismi costituzionali. Tocca ai partiti tenere la barra e indicare la corretta lettura dei fatti. Alla manifestazione verrà sottolineata la piena e assoluta responsabilità del governo e di Berlusconi per quel provvedimento».
Di Pietro ha detto in tutte le salse che Napolitano ha sbagliato a firmare il decreto. Non vi state assumendo un rischio troppo alto facendolo parlare dal palco?
«Non considero l´ipotesi che Di Pietro possa attaccare il capo dello Stato. Tutti si atterranno alla logica della piattaforma che abbiamo condiviso e che tiene fuori il capo dello Stato e il suo lavoro».
Di Pietro è imprevedibile.
«Io sono sicuro delle mie idee. E sono sicuro del senso di responsabilità di tutti quelli che sostengono la piattaforma. Non c´è solo Di Pietro. Ci sono tanti partiti e tantissime associazioni».
Se arrivasse un attacco al Colle, rompereste l´alleanza con l´ex pm?
«Ripeto: non faccio ipotesi di questo genere. E insisto: la manifestazione non parlerà solo del decreto, ma di lavoro, crisi, libera informazione. Comunque sono strabiliato per il mega-interesse suscitato dal tema “cosa dirà Di Pietro”».
Capirà che una plastica divisione in piazza mette a rischio l´alleanza e anche le regionali.
«Non nego mai i problemi nostri. Ma se io fossi un commentatore sarei molto più preoccupato di quello che si dirà nella piazza di Berlusconi. Berlusconi ha convocato la sua manifestazione insultando tutti gli organi istituzionali: magistrati, tribunali, Tar, Quirinale, Consulta. Posso dire con certezza che la nostra piazza si trasformerà in un solido presidio della Costituzione. Siamo sicuri di poter dire altrettanto della manifestazione organizzata da Berlusconi, ossia dal capo del governo, una carica istituzionale? Io credo proprio di no. È questo il vero problema».
Sulle regionali La Russa sostiene che vincendo quattro sfide il Pdl sarà soddisfatto. Qual è la vostra soglia minima?
«La maggioranza delle regioni, quindi 7 a 6. Ma se loro ne conquistano solo 4 sarà una sonora bocciatura del governo. E per noi sarebbe un incoraggiamento a costruire un´altra scelta per gli italiani».
La Repubblica 12.03.10