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"Tagli, classi in meno, disagi e carenze. Il primo bilancio della riforma Gelmini", di Salvo Intravaia

Piccoli smistati tra le classi, disabili col sostegno dimezzato e ragazzini in giro per la scuola con la sedia tra le mani alla ricerca di un insegnante che li ospiti. E ancora: classi sempre più affollate, lezioni ridotte all’osso, studenti lasciati da soli per mancanza di docenti disponibili e presidi alla disperata ricerca di prof da mandare in classe. Ecco, dati alla mano, un primo bilancio della riforma Gelmini a sei mesi dall’inizio delle lezioni.

Taglio di 133 mila posti e di 8 miliardi. Quello che si concluderà tra due mesi e mezzo è il primo dei tre anni di “riordino” del sistema di istruzione pubblico voluto dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che porterà al taglio di 133 mila posti (87.500 cattedre e 42.700 amministrativi, tecnici e ausiliari) e 8 miliardi di euro nella scuola pubblica. La scuola primaria, con l’introduzione del “maestro unico prevalente”, ha pagato il prezzo più alto.

Gli effetti. Per comprendere la dimensione e gli effetti dei tagli è sufficiente citare alcuni numeri a qualche circostanza. Sette mila alunni in più, nel 2009/2010, hanno trovato posto in 1.684 classi in meno. Inoltre, l’abolizione del modulo di tre insegnanti su due classi e delle compresenze ha fruttato, al momento, 12.426 posti in meno dello scorso anno. Le conseguenze le conoscono bene i dirigenti scolastici, costretti quando manca una maestra si assenta per uno o due giorni a suddividere la classe nelle altre aule. In questo modo, le altre maestre si ritrovano a gestire anche 35 alunni e bambini rimasti senza insegnante per quel giorno non faranno lezione. L’unica nota positiva è l’aumento delle classi a tempo pieno, ovviamente a scapito di quelle a tempo normale.

La scuola media. Alla scuola media il copione si ripete, ma con una variante: i singoli direttori scolastici regionali, quest’anno, sono riusciti a stipare 18 mila ragazzini in più risparmiano addirittura 220 classi. Ma questa volta, contrariamente a quello che è avvenuto alla scuola primaria, sono diminuite anche le classi a tempo prolungato: meno 1.675 classi in tutto. A farne le spese sono stati i prof. Le cattedre sparite sono oltre 18 mila e, senza più ore a disposizione per le supplenze, ogni giorno coprire tutte le classi per tutte le ore è un autentico rompicapo. A spiegarlo è una preside, che per evitare guai preferisce rimanere anonima. Oltre all’orario delle lezioni – racconta – quest’anno abbiamo predisposto anche uno schema dal quale gli alunni possono evincere in quale classe recarsi se dovesse mancare l’insegnante”. In poche parole, i ragazzini sanno in ogni momento in quale classe si devono presentare se, ad esempio, alla terza ora manca il docente. Basta munirsi di sedia e dare un’occhiata al planning affisso in corridoio. Ma anche in questo caso i malcapitati insegnanti sono costretti a gestire una superclasse. E il meccanismo si inceppa se si assentano contemporaneamente più docenti. “Se anche nella classe ospitante manca il professore, le cose si complicano”, spiega la preside. In corridoio si crea una bolgia, con decine di ragazzini in cerca di una sistemazione. Intanto il tempo passa.

Le superiori. Al superiore, dove sono sparite più di 10 mila cattedre, gli studenti sono più grandi ed è possibile anche farli uscire in anticipo se viene a mancare il docente delle ultime ore. Ma in alcuni casi si assenta anche il docente delle prime ore e non è raro che i ragazzi si trovano a fare lezione, per quella giornata, per una sola ora: ingresso alle 10 e uscita alle 11, ad esempio. Quando le assenze bucano l’orario in mezzo e non c’è nessuno da mandare in aula i dirigenti scolastici hanno tre possibilità: dividere la classe, mandare in aula un bidello o lasciare da soli gli studenti. E sono queste due le strade più praticate.

Il sostegno. Altra nota dolente riguarda il sostegno. Sono difficili da contare le sentenze dei Tribunali amministrativi che intimano al ministero dell’Istruzione di ripristinare il diritto degli alunni disabili ad essere assistiti da un docente di sostegno per l’intera giornata. “Non è moralmente tollerabile oltre che giuridicamente illegittimo – recita una recente sentenza del Tar Lazio a favore di due famiglie sarde – che per il perseguimento di obiettivi di riduzione di spesa, gli uffici periferici del ministero della Pubblica istruzione provvedano a effettuare tagli indiscriminati agli organici degli insegnanti di sostegno degli alunni disabili gravi”. In entrambi i casi le ore di sostegno, per altrettanti bambini della scuola materna, erano state dimezzate da 25 ore a 12 e mezzo. In effetti i numeri danno ragione ai giudici. Quest’anno, frequentano le classi italiane 5.399 portatori di handicap in più ma i docenti specializzati sono diminuiti di 422 unità. Risultato: meno ore di sostegno per tutti e alunni disabili lasciati per parecchie ore al proprio destino o inviati nei corridoi con i bidelli, che sono 10 mila in meno dello scorso anno.

E il prossimo anno? Le prospettive sono nere: altri 40 mila posti in meno, classi che possono arrivare a 30 alunni e riforma della scuola superiore che taglierà ore di lezione e materie di insegnamento.
La Repubblica 17.03.10