attualità, politica italiana

"La democrazia svuotata", di Aldo Schiavone

Il primo risultato elettorale: il forte astensionismo. Segno (ulteriore) di crisi della politica dei partiti, e segno di crisi della democrazia tout court. Quel che si temeva sta purtroppo accadendo, e in una misura che sembra assai grave. Le astensioni dal voto crescono – talvolta in modo impressionante – in ogni regione: sette punti in meno sono un´autentica voragine. Il Paese è stanco, infastidito, preoccupato, deluso e in molti – troppi – stanno decidendo di allontanarsi dalle urne. È inutile nascondersi dietro l´alibi dell´inevitabile adeguamento a un astensionismo presente in tutte le consultazioni elettorali dell´occidente più avanzato. Noi eravamo sempre stati in controtendenza – più o meno accentuata – rispetto a un simile dato: e la novità di queste ore non promette nulla di buono. È il segno di un disagio tutto italiano – una lucida disaffezione, una calcolata risposta a una deriva giudicata evidentemente insopportabile – che merita molta attenzione. I risultati che tra poco conosceremo non potranno cancellare, comunque, l´imponenza del fenomeno: qualcosa di più di un primo campanello d´allarme – un autentico segnale di pericolo per il nostro futuro democratico.

Due considerazioni mi sembra si impongano subito. La prima – che è anche la più ovvia – riguarda lo scollamento ormai quasi drammatico fra la politica, per come viene ormai quasi universalmente percepita, e i bisogni, le domande, le aspirazioni del nostro popolo. In questo senso, è impossibile non vedere nel rifiuto del voto una risposta di protesta, che si avvicina a un autentico grido di sdegno, un´esigenza di sottrarsi a un gioco cui non si vuole più prestare fiducia, né dare legittimazione – “non in mio nome”. Come è impossibile non rendersi conto, da queste cifre, che l´opposizione fa molta fatica a intercettare questa ripulsa, e tradurla in un disegno positivo, in un´azione affermativa, in un progetto di speranza: e credo che la difficoltà riguardi soprattutto il rapporto con le giovani generazioni.

La seconda osservazione tocca invece quella che potremmo definire la qualità della democrazia. Se si svuota giorno dopo giorno il contenuto partecipativo dell´esperienza democratica, la pienezza delle sue articolazioni e dei suoi equilibri, la sua capacità di coinvolgimento quotidiano nelle scelte e nelle decisioni collettive, se la si riduce a puro assenso alle azioni di un leader, come la si sta cercando di impoverire nella sua versione berlusconiana – votatemi, e lasciatemi fare – è inevitabile che la stessa cerimonia del voto perda di senso nella percezione di molti, scada a rituale in fondo inutile, da cui ci può facilmente distogliere. Questa, in un certo senso, è l´altra faccia del populismo: il lato oscuro della passività che esso finisce con l´indurre, e che può diventare autentica espropriazione.

E infine. È difficile sottrarsi anche all´impressione che un astensionismo così alto suoni comunque come un rifiuto di quella mobilitazione plebiscitaria invocata dal Presidente del Consiglio come il rimedio di tutti i (suoi) mali. Esso appare piuttosto come il segno di una separazione, di una mancata condivisione rispetto a chi ama presentarsi come un candidato universale, circondato di irresistibile favore. È il segno di un Paese che si scopre, ancora una volta, drammaticamente incompiuto, eternamente sospeso tra dannazione e riscatto.

La Repubblica 29.03.10

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“Regionali, crolla l´affluenza nove punti in meno del 2005”, di Giovanna Casadio

Ha votato il 47,1%. Lazio in picchiata:-13. Urne aperte fino alle 15 Il fenomeno riguarda anche le regioni rosse. Nel 2005 votò alla fine il 71,4%
C´è ancora oggi per recuperare, ma le cifre della prima giornata di voto per le regionali lasciano poche speranze: il calo dei votanti è stato netto. Il Viminale alle 22 fornisce un dato complessivo: 47,1% alle urne, 9 punti in meno rispetto al 56% di cinque anni fa. Poco più della metà degli elettori ieri non sono andati a votare e il record negativo è nel Lazio, dove l´astensione è cresciuta di oltre 12 punti. L´allarme-astensione dei sondaggisti si è rivelato centrato, dopo una campagna elettorale segnata da scandali, da liste non presentate e decreti per salvarle, dai ricorsi e dai casi di corruzione e tangenti. Il referendum su di sé lanciato da Berlusconi per galvanizzare gli elettori, non sembra essere andato a segno.
Se la forbice con le regionali di cinque anni fa fosse stata minore, si sarebbe potuto parlare di fisiologia dell´astensione. Ora si tratta di vedere di quanto ci si allontanerà da quel “target” del 2005, ovvero il 71,4% di votanti alla fine. Il calo è un trend che ha coinvolto tutte le 13 regioni al voto, non ha risparmiato neppure le regioni “rosse”, più ligie al diritto/dovere elettorale. La partita politica si gioca quindi attorno all´astensione che, soprattutto al Sud, potrebbe penalizzare il Pdl. Nel Lazio è il momento della massima tensione: l´esclusione della propria lista è per il Pdl la ragione principale degli elettori rimasti a casa. Sono il Lazio e il Piemonte a decidere la partita tra centrosinistra e centrodestra, a fare cioè la differenza rispetto alle quattro regioni che il premier e Bossi considerano certamente acquisite e alle sette che il Pd di Bersani ritiene di poter mantenere nella sua metà campo.
I dati di mezza sera, alle 19, fotografavano una media di “meno 7 punti” rispetto alle precedenti consultazioni. Roberto Formigoni, il governatore uscente e ricandidato del Pdl in Lombardia sul suo sito fa un ultimo appello agli indecisi: «Date una mano…». Il dato riassuntivo diffuso dal Viminale riguarda propriamente nove regioni, perché Toscana, Marche, Puglia e Calabria rendono noti i risultati per conto loro. In Toscana e in Puglia il calo è di 7 punti alle 22; di 10 in Umbria e nelle Marche. Nel Lazio appunto, si è passati dal 55,8 al 43,3 di ieri. All´Aquila per le provinciali vota il 47,1% contro il 58,8 del 2004. Alle Provinciali vota il 47,8 (era il 55,3); alle Comunali il 55,7, meno 5 punti. Da registrare proteste e l´alto livello di guardia contro le interferenze della camorra in Campania. Oggi seggi aperti dalle 7 alle 15. Si vota anche per 463 Comuni, nove dei quali capoluogo, e per 4 Province.
La Repubblica 29.03.10