economia, lavoro

"Qualche domanda al governo", di Luciano Gallino

Se fossi un disoccupato, dinanzi agli ultimi dati sulla disoccupazione mi verrebbe da fare alcune domande. La prima: come potete voi, ministri e parlamentari, dirigenti ed esperti di economia, venirci a dire per mesi «l’economia va meglio, la ripresa è in corso, ma la disoccupazione è in aumento»? Da che mondo è mondo, i miei compagni ed io abbiamo imparato a scuola, e re-imparato lavorando – quando il lavoro ce l´avevamo – che l´economia ha una funzione vitale da svolgere: deve produrre ricchezza per il maggior numero di individui, offrire condizioni di impiego decenti, moltiplicare i posti di lavoro. Deve, in sostanza, creare occupazione. Se invece di creare occupazione la distrugge, perché la vostra stupefacente frase significa in fondo questo, l´economia non va meglio. Va decisamente peggio. E voi dovreste smetterla di raccontarci il contrario.
Un´altra domanda che mi verrebbe da fare, nel caso in cui oltre a essere disoccupato avessi pure una figlia o un figlio nella medesima condizione, è se voi tutti, politici ecc., vi rendete conto di che cosa significa per un giovane non riuscire, per anni di seguito, a non trovare nemmeno il primo lavoro dopo la scuola, quello che non si scorda mai, la porta di ingresso nella vita. Magari pagato poco, ma ragionevolmente interessante, passabilmente stabile. Non riuscire a trovare per tempi lunghissimi il primo lavoro non è soltanto una umiliazione. È un logoramento del carattere, un lento sprofondare nella convinzione che nella società non c´è più spazio per i nuovi arrivati, che per qualche oscura ragione si è venuti al mondo essendo già etichettati come esuberi. Sappiamo che nel Mezzogiorno i giovani che escono dalle superiori si trovano troppo spesso dinanzi a un bivio semplice e netto: o si arruolano nella malavita organizzata, quale che sia la sua denominazione locale, o imboccano la strada della disoccupazione permanente. I pochi che non accettano di prendere nessuna delle due strade emigrano, al Nord o all´estero. Vi rendete conto, tutti voi – è sempre il disoccupato che parla – che l´Italia intera sta diventando un paese che ai suoi giovani non sa offrire niente di meglio di quel bivio, o l´emigrazione come alternativa?
Infine, se fossi un disoccupato chiederei come possa mai essere venuto in mente a tutti voi di elaborare una manovra finanziaria che non solo vale zero quanto a stimolo per l´economia, ma produrrà in breve altre centinaia di migliaia di miei simili, cioè di disoccupati. È evidente che i massicci tagli alla scuola, alla sanità, alla pubblica amministrazione centrale e locale butteranno fuori dal mercato del lavoro moltissime persone. Molte altre perderanno il lavoro poco dopo perché, come sta scritto nei manuali di economia delle medie, uno stipendio o un salario che gira ne crea uno o più in altri settori. Perciò uno stipendio in meno non è un risparmio benefico, come ci raccontate, bensì una contrazione di attività che si ripercuote negativamente su altri stipendi. Se, come avverrà, i comuni riducono il numero delle maestre d´asilo a causa dei tagli inflitti ai loro bilanci, un certo numero di mamme che un lavoro ce l´ha dovrà lasciarlo per poter badare ai figli. Se province e regioni costruiscono meno scuole, strade e ponti non si risparmiano affatto soldi: si creano altri disoccupati. Se nelle scuole ci saranno centomila insegnanti in meno, e meno ore di istruzione per tutti, questo non vuol dire risparmiare. Vuol dire costruire per il futuro un altro reparto della grande fabbrica di lavoratori disoccupati, sotto-occupati e malpagati in cui state trasformando l´Italia. E per concludere: qualcuno vi ha mai informato che il piano di stimolo all´economia varato un anno fa dal governo Obama, comprendente discutibili salvataggi di istituti finanziari, ma anche notevoli investimenti, ha fatto sì crescere il debito pubblico, ma ha tenuto il tasso di disoccupazione 1,5-2 punti più in basso di quello che sarebbe stato senza di essi, evitando quasi sicuramente una catastrofe sociale?
Buttate lì le domande di cui sopra, se fossi un disoccupato chiederei una cortesia. Non venite a dirci, voi tutti politici e imprenditori, megaconsulenti e top manager, cose tipo «ce lo chiede l´Europa», «altri paesi hanno più disoccupati di noi», oppure «lo esige la globalizzazione». Altri paesi avranno magari qualche decimo di punto di disoccupazione in più, ma hanno sussidi più alti e di maggior durata – il che permette al disoccupato di continuare a spendere. Hanno servizi alle famiglie tali da permettere alle donne di lavorare senza problemi. E di certo non è l´Europa che ci chiede di pagare i salari più bassi di tutta la Ue a 15. Quanto alla globalizzazione, siete stati voi e i vostri colleghi europei a mettere in concorrenza i nostri salari e i nostri posti di lavoro con quelli della Cina e dell´India, del Messico e del Sud Africa. Il peggioramento delle condizioni di lavoro che ne è seguito, di cui la disoccupazione è l´aspetto peggiore ma non il solo, gravano già sulle nostre vite. Risparmiateci per favore le spiegazioni che ritorcono su di noi, disoccupati presenti e futuri, la responsabilità dell´accaduto.
La Repubblica 02.06.10