cultura

«La biblioteca nazionale in rovina, Io me ne vado», di Laura Montanari

Firenze, l´allarme della direttrice: “Mancano i fondi, a novembre scelgo la pensione”.
Non si possono più catalogare i volumi. Non c´è il personale per i turni: verrà ridotto l´accesso al pubblico. E sono stati cancellati molti abbonamenti alle riviste

I libri non li spolverano più da quattro anni perché mancano i soldi per farlo. Per la stessa ragione hanno cancellato decine di abbonamenti a riviste e tagliato gli acquisti di volumi stranieri. Da tempo è anche sospesa la conversione del catalogo da cartaceo ad elettronico col risultato che, di sei milioni di libri, soltanto due e mezzo sono i titoli online. Gli altri si ricercano come nel secolo scorso, scorrendo a mano gli schedari. Il declino della Biblioteca Nazionale di Firenze è scritto sui muri di certi corridoi, dove l´intonaco porta ancora l´ombra delle luci al neon levate dieci anni fa. Nei magazzini di questa che è la più grande biblioteca italiana, giacciono parcheggiati 200mila volumi che aspettano di essere catalogati dal personale che non c´è perché, dei 500 dipendenti che lavoravano qui negli anni ‘90, di economia in economia, oggi ne sono rimasti 195 con un´età media che vira ai sessanta. Il 10 per cento di quella montagna di arretrato sarà smaltito grazie al finanziamento di una fondazione bancaria, il resto giacerà negli scatoloni, in attesa di nuovi benefattori. Così l´accumulo cresce: «Ci arrivano 70mila volumi l´anno e riusciamo a catalogarne 40mila» spiega la direttrice Antonia Ida Fontana. Ha appena annunciato che a fine novembre lascia, andrà in pensione: «E´ un addio amaro. Siamo così in pochi che da metà luglio saremo costretti a chiudere l´accesso al pubblico per tre pomeriggi la settimana. Non era mai successo».
La crisi di questo monumento del sapere e della nostra memoria scritta, si legge a tante voci: una, è quella degli appelli che intellettuali e visitatori ogni tanto mandano ai giornali denunciando l´emergenza. «E´ come se il ministero dei Beni culturali non si rendesse conto del valore che ha la Biblioteca Nazionale di Firenze» spiega Franco Contorbia, docente di letteratura e frequentatore dell´emeroteca. La più ricca collezione di giornali d´Europa si trova in parte in una sede decentrata, in un magazzino al Forte Belvedere dove non c´è nemmeno una sala di lettura aperta al pubblico e dove due volte la settimana un pulmino sale lassù con la lista delle richieste per prestiti o consultazioni da esaudire. «Il confronto con le analoghe biblioteche di Londra o di Parigi è mortificante – dice Paul Ginsborg, docente di Storia contemporanea, altro assiduo frequentatore della Nazionale – A Firenze appena entri nell´edificio avverti una sensazione di degrado che poi ritrovi, per esempio, nelle sedie rotte, nella stoffa che si lascia andare sulle sedute della sala consultazione». Oppure nelle infiltrazioni d´acqua della rotonda Magliabechiana, o nei pavimenti pieni di toppe dell´area della distribuzione, quattro piani di balconi circolari che il pubblico non vede e dove lo scorrimano in legno che, lungo le scale è incerottato con il nastro isolante, sembra una metafora della provvisorietà. I numeri raccontano il resto: «Dal ministero ci arrivano due milioni e mezzo di euro, erano il doppio soltanto cinque anni fa» spiega la direttrice. La Nazionale raccoglie per missione, tutto quello che viene pubblicato nel Paese: conserva quello che stampiamo, è la testimonianza del nostro passaggio, un villaggio di 6 milioni di libri sistemato su 120 chilometri di scaffali per capire le cose che abbiamo attraversato, la storia, la letteratura, le scienze, i pensieri, le mode, i linguaggi e la complessità del mondo. Eppure negli ultimi anni non riesce più a tenere il passo e catalogare tutti i libri che riceve. «E´ una cosa gravissima – aggiunge Ginsborg, – Il personale fa il possibile, ma sono sempre di meno e non c´è un passaggio generazionale: quelli che vanno in pensione hanno un patrimonio di 40 anni di conoscenza dei fondi librari, che sanno dove mettere le mani e come esaudire le richieste dei ricercatori, non lasciano eredi per via dei tagli. Hanno grosse responsabilità i governi che hanno abbandonato la biblioteca in questo modo». Qui dove sono conservati gli autografi di Galileo, lo Zibaldone di Boccaccio, i tarocchi del Mantegna, il manoscritto di Pinocchio, 600 libri d´artista (Klee, Matisse, Picasso, Chagall…) e migliaia di pezzi unici.
Altro problema, gli spazi: la biblioteca cresce di due chilometri di scaffali l´anno. L´ala nuova sarà pronta dopo l´estate e basterà per soli quattro anni, poi bisognerà avviare i cantieri in una delle vicine caserme in disuso. Intanto si tira avanti come si può, con le macchinette del caffè al posto del bar (chiuso da vent´anni) e col loggiato che dà su Santa Croce affittato, per rastrellare soldi, agli sponsor di turno, in genere per le cene del Rotary. A quelli della moda invece no: «Ci hanno detto: o rimbiancate, o per le sfilate e le feste, non ci interessa».

da La Repubblica, 2 luglio 2010