"Le stragi dimenticate", di Lapo Pistelli
È difficile per un dirigente politico dover scegliere se affrontare la tragedia dell’affondamento del barcone di migranti al largo di Kerkennah con il realismo pessimista di chi analizza una sequenza di fatti o con la determinazione ideale di chi intende cambiare la realtà. È difficile soprattutto trovare la chiave per legare la durezza dell’oggi alle condizioni per un domani diverso. Il canale di Sicilia inghiotte da anni un tributo assurdo di vite umane che cercano in Europa un futuro che è impossibile costruire nei paesi di origine. Barconi improvvisati, manovre maldestre, gesti inumani degli scafisti hanno alimentato questa tomba d’acqua anche prima delle rivoluzione arabe, spesso nella indifferenza dei media e nello scarico di responsabilità fra i paesi rivieraschi. Una situazione insostenibile che i fatti del 2011 hanno moltiplicato. Da un lato, il collasso delle autorità preposte al controllo delle frontiere, dall’altro la gestione cinica di una pressione migratoria usata come strumento di ricatto e di conflitto hanno intensificato una pressione verso la quale l’Europa, la politica restano ostinatamente sorde e cieche. Ogni strage genera …