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"Inseguendo la credibilità perduta", di Bill Emmott

Cosa vuol dire «credibilità»? In uno dei suoi film Groucho Marx ha detto che la credibilità, insieme all’integrità, sono fondamentali nella vita, e che se riuscite a fingerle non avrete problemi. I mercati finanziari stanno mostrando di ritenere che, quando il 26 ottobre scorso i leader dei governi dell’Eurozona hanno annunciato una soluzione «completa» della crisi del debito sovrano, stavano fingendo.

La sfida ora consiste nel ricostruire la credibilità perduta.

Il motivo immediato per la perdita di fiducia da parte dei mercati finanziari è la Grecia, visto che il referendum sul salvataggio annunciato dal governo di Atene aumenta la probabilità di un default sul debito del Paese, unica opzione rimanente nel caso gli elettori respingessero il piano. Ma il problema maggiore riguarda non la Grecia, ma gli altri debitori in difficoltà dell’Eurozona, in primo luogo l’Italia.

Se la Grecia fosse l’unico problema dell’Eurozona la soluzione sarebbe semplice: se gli elettori greci non gradiscono le condizioni per avere sostegno finanziario, possono uscire dall’euro. Il problema è che la Grecia non è la sola. Il piano «completo» del 26 ottobre presupponeva, in qualche modo, di «isolarla» dagli altri grandi indebitati. Ma questo tentativo di innalzare una barriera è fallito. E, almeno nella visione dei mercati, il fallimento è da attribuire sia ai Paesi che hanno cercato di costruire la barriera, che a quelli che si trovavano dall’altra parte, in primo luogo l’Italia.

I costruttori della barriera hanno fallito perché non sono riusciti a mettersi d’accordo per stanziare una somma sufficiente per proteggere l’Italia. In altre parole, non hanno fornito denaro sufficiente per comprare la quantità di titoli emessi dall’Italia che servisse a compensare il gap creato dalle vendite delle banche e delle assicurazioni, oggi e potenzialmente nel futuro. Non ci sono riusciti non per avarizia. Il fatto è che, per ragioni diverse, né la Francia, né la Germania si sentivano in grado di assumersi la responsabilità collettiva – implicita nell’impegno che avrebbero dovuto prendere – per il debito presente e futuro dell’Italia.

E’ una situazione che difficilmente sarà soggetta a cambiamenti, anche nel caso il dramma in corso diventasse un’autentica emergenza. Né la cancelliera Angela Merkel, né il Presidente Nicolas Sarkozy pensano che i loro elettori accetteranno costi e sacrifici da pagare a livello nazionale per questa responsabilità collettiva. Perciò hanno scelto di continuare con la loro strategia dell’ultimo anno: stanziare un po’ di soldi nella speranza di comprare tempo.

Ma il tempo non può essere comprato facilmente quando viene a mancare la credibilità. Se i mercati potessero essere convinti che, in caso di vera emergenza, la Germania e la Francia accetterebbero la responsabilità collettiva, la strategia di comprare tempo potrebbe funzionare. Ma le democrazie sono entità trasparenti. Così come tutti sanno che la Grecia dovrà dichiarare default, tutti sanno cosa gli elettori tedeschi pensano dell’idea di assumersi il debito italiano o quello portoghese.

La democrazia italiana ha numerosi difetti, ma da questo punto di vista è identica a quella tedesca: è trasparente. Ed è per questo che, nonostante le misure di austerità adottate in estate, e nonostante la lettera d’intenti che il governo italiano ha scritto la settimana scorsa sulle misure da prendere riguardo al debito e alla crescita, agli investitori sembra di sapere già come andrà a finire. Pensano che solo poche – se non nessuna – delle misure proposte verranno realizzate perché sanno che la coalizione di governo è divisa al riguardo. Sanno che i sindacati si oppongono alle riforme del mercato del lavoro e sono abbastanza certi che nell’aprile del 2012 – cioè molto prima che la maggior parte delle misure proposte possa venire introdotta – si terranno elezioni politiche anticipate.

Se il governo di Silvio Berlusconi si fosse costruito, da tempo, una reputazione di serietà, di fedeltà alle promesse fatte, di capacità di prendere decisioni dolorose, probabilmente le cose sarebbero andate diversamente. Gli investitori avrebbero creduto che le misure per tagliare il debito e rilanciare la crescita sarebbero state prese, e non si sarebbero preoccupati per l’eventualità di elezioni anticipate. Ma l’esperienza fa pensare ai mercati l’opposto: che il governo non è serio, e che farà il possibile per evitare decisioni dolorose.

Stavolta, potrebbe anche essere ingiusto. Ma è troppo tardi per lamentarsi. La vita è ingiusta. Soprattutto quando la credibilità è svanita. Qualunque cosa ne pensasse Groucho Marx, è troppo tardi per fingerla.

La Stampa 02.11.11