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"Lega, emorragia di consensi", di Roberto D'Alimonte

E adesso la Lega Nord cosa farà ? Con i mercati che chiedono misure sempre più incisive per affrontare il problema del debito e della crescita lo spazio di manovra del Carroccio si sta restringendo pericolosamente. Lo stare al governo non è più una opportunità ma è diventato un fardello oneroso in termini politici.

Gli ultimi dati di sondaggio confermano che continua, e anzi si sta accentuando, la perdita di consensi. Sono passati meno di due anni dalle ultime elezioni regionali che hanno visto un grande successo del Carroccio ma quel tempo sembra oggi molto lontano. Allora la Lega Nord arrivò al 12,3% dei voti nel complesso delle tredici regioni in cui si è votato. Ma nelle due maggiori regioni del Nord-Est, Lombardia e Veneto, il Carroccio è arrivato al 29,3% contro il 29,4% del Pdl.

Per soli 4.332 voti il partito di Bossi non è riuscito a diventare il primo partito del Lombardo-Veneto. Il sorpasso sul Pdl le è invece riuscito in Veneto dove ha ottenuto il 35,2% contro il 24,8% del Pdl. Il successo ha toccato anche le grandi città e le regioni della ex Zona Rossa. In Emilia, Toscana, Marche e Umbria il Carroccio è passato dal 4,4% delle politiche del 2008 al 9,5% delle regionali 2010. La vittoria di Cota in Piemonte e di Zaia in Veneto hanno completato il quadro.

Sembrava la prosecuzione di un trend iniziato con le politiche del 2008 e destinato a durare a spese soprattutto del Pdl. Ma non è andata così. Sono arrivate le amministrative di questo anno e c’è stata una brusca inversione di tendenza. Da quel momento è iniziata la discesa. Come si vede nel grafico in pagina oggi il Carroccio viene dato dai sondaggi sotto l’8% con un outlook negativo. Non ci sono segnali che possano far sperare in un cambiamento.

Non c’è dubbio che il fattore che ha cambiato tutto è la crisi economica. Fino a quando è rimasta sullo sfondo la Lega ha potuto tenere insieme l’identità padana con la presenza nel governo romano. Lo ha fatto svolgendo a Roma il ruolo di rappresentante e mediatore degli interessi del Nord. E qualcosa è riuscita ad ottenere a favore dei suoi elettori. La vicenda delle quote latte è emblematica. A queste condizioni anche il progetto federalista aveva una sua credibilità agli occhi dell’elettorato leghista. Ma a partire dall’estate scorsa non si è più potuto far finta che la crisi non fosse un problema anche per il nostro Paese. E così è diventato sempre più difficile per la Lega farsi garante degli interessi del Nord.

Si vedrà cosa succederà nelle prossime ora sulla questione delle pensioni di anzianità che sembrano essere diventate l’ultima trincea a difesa degli interessi della Padania. Quanto al progetto federalista è difficile continuare a far credere che possa convivere con i continui e pesanti tagli ai trasferimenti alle Regioni e ai Comuni e con il prevedibile aumento della pressione fiscale per far fronte alla crisi del debito. Una cosa è certa. È finito il tempo in cui i simboli possono sostituire le politiche.

E allora che farà la Lega Nord? L’impressione è che in questo momento domini una grande incertezza sulle prossime mosse. Gli avvenimenti sembrano aver preso una piega che mette il Carroccio davanti a scelte difficili. Il voto anticipato è una di queste. Ma non dipende solo da Bossi. Anzi più passa il tempo e meno dipende da lui. Forse il leader della Lega Nord si è convinto che sarebbe meglio andare a votare adesso con questa legge elettorale e prima che la curva dei consensi scenda ulteriormente. Ma la pressione dei mercati sembra più forte delle sue preferenze.

Oggi la prospettiva di un governo tecnico che riscuota la fiducia degli investitori e dei nostri partner europei ha forse maggiori probabilità di realizzarsi rispetto al voto anticipato. Se così fosse è assai improbabile che la Lega lo appoggi dall’esterno come fece con il governo Dini. Più probabile invece che torni immediatamente alla opposizione. Ma che tipo di opposizione? Nella stagione 1995-1998 la bandiera della riscossa fu la secessione. Sarà così anche questa volta, magari con l’aggiunta dell’uscita dall’euro? Non è detto. Dentro il Carroccio ci sono fermenti che ancora non si sono coagulati in una precisa contrapposizione tra linee politiche alternative. La secessione è una opzione ma ce ne sono altre.

Il Sole 24 Ore 03.11.11