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"Piccoli razzismi crescono E l’Unicef lancia l’allarme", di Sara Ricotta Voza

In qualche centinaio di case italiane, nell’ottobre scorso, dev’essere andato in scena il seguente quadretto: genitori che arrancano «a mano» sulle pagine del censimento e figli che rispondono via web all’indagine Unicef «sulla percezione del razzismo tra gli adolescenti italiani e di origine straniera».
Diligenti entrambi, ci permettono di saperne di più sugli italiani che siamo e che abbiamo intenzione di essere, oltre che su quei «nuovi italiani» che il presidente Napolitano ha definito – facendo commuovere il campione Balotelli – «la linfa vitale di cui il Paese ha bisogno».

Oggi infatti è la «Giornata dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza» e l’Unicef ha pensato (già un anno fa), che fosse il caso di dedicarla a una grande campagna di sensibilizzazione (Titolo: «Io come Tu») contro il razzismo tra i giovani. Così ha incaricato un istituto di ricerche di mercato (Lorien) che ha deciso di interrogare i giovani – italiani e di origine straniera – esclusivamente via web.

I risultati, specie se raffrontati coi dati usciti da un’analoga indagine del 2010, sono per un verso rassicuranti e per l’altro sorprendenti. Rassicuranti perché certificano che adolescenti italiani e di origine straniera si frequentano (70%), lo fanno principalmente nel tempo libero (43,9) a scuola (42,2%) e a prescindere dal luogo, l’incontro avviene in una clima e per ragioni di amicizia (50%).

Ma sono anche sorprendenti (e un po’ inquietanti) perché se nel 2010 il giudizio su questo rapporto era positivo per il 60,3% degli adolescenti interrogati, oggi questi sono scesi al 55%; mentre chi valuta in maniera negativa la presenza di stranieri in Italia è salito dal 10,1 al 35,6%.

Non particolarmente rassicuranti sono pure i risultati che vengono dalle domande che citano apertamente la parola «razzismo». Quando ai ragazzi si chiede se hanno vissuto «esperienze di razzismo», la risposta di maggioranza è «sì». Con un 31,9 per cento che dice di averlo vissuto «indirettamente» e un bel 22,2% che lo ha «subito» in prima persona.

Ma che cosa intendono, i ragazzi, per «razzismo»? Per loro non è soltanto «manifestazione violenta» (15,3%), ma soprattutto «rifiuto o emarginazione» (44,4%).

Interessante, a questo proposito, confrontare queste risposte con quelle del campione di adulti inserito per completare il quadro, visto che è da loro che provengono gli esempi (positivi o no) più significativi per i ragazzi. Quanto agli adulti, dunque, viene fuori che si stanno facendo sempre più sensibili al problema, definendo come razzista «qualsiasi distinzione verso persone di altra etnia religione cultura ideologia (53,7%); gli stessi adulti, però, per la maggioranza (56,1%) non hanno mai assistito a episodi di razzismo o, se sì, ne sono venuti a conoscenza attraverso i media (29%).

Qualche sorpresa e qualche sorriso (con una punta di amarezza) vengono anche dalle risposte sulla percezione che dell’Italia hanno gli adolescenti di origine straniera. Domanda che più diretta non si può: «Qual è la prima parola che ti viene in mente pensando all’Italia?». Risposte: «pizza!»; e poi (per fortuna) «salute», «casa», «crisi». Quando però si chiede loro, complessivamente, come vivono in Italia, la risposta è «Bene» per il 66,7%.

Altre «scoperte» che si fanno leggendo questi dati? Che i ragazzi percepiscono che a combattere il razzismo in Italia «sono» soprattutto le associazioni di volontariato (48%), mentre «dovrebbero» farlo le «istituzioni nazionali» (50%).

Tutta questa indagine, come detto all’inizio, riguarda «il percepito» sul razzismo in Italia. Quello che non è percepito ma è invece un dato tout court è la (non) conoscenza della legge italiana sulla cittadinanza, proprio quella che il Capo dello Stato ha invitato a rivedere una settimana fa. A oggi, infatti, se sei nato in Italia da genitori stranieri non puoi avere la cittadinanza fino a i 18 anni, e poi hai un solo anno di tempo per farne richiesta, altrimenti toccherà aspettarne altri tre. Domanda finale: «Lo sapevi?». Risposta corale: «No». Sfiora il 70% tra adolescenti italiani, stranieri e adulti.
«È ora di dare la cittadinanza a tutti i bambini nati in Italia»
domande a Vincenzo Spadafora presidente Unicef Italia

Presidente Spadafora, quale dato l’ha colpita di più dell’indagine?

«Quello relativo alla legislazione sulla cittadinanza: 7 adolescenti su 10 non ne erano a conoscenza, percentuale che non sale se la domanda viene posta al target adulto. La maggior parte degli adolescenti e degli adulti sarebbero però d’accordo nel concederla per diritto a chiunque nasca in Italia. Dimostra che il nostro è un Paese pronto e che non bisogna attendere oltre».

La ricerca rileva il razzismo «percepito». Stando ai dati oggettivi in vostro possesso, quanto questo percepito rispecchia la realtà?

«C’è una buona probabilità che tale percezione non si allontani troppo dalla realtà. I dati devono far riflettere sulla responsabilità che le istituzioni, le agenzie educative e i media hanno nel dare il “buon esempio”. Non si può non notare che più della metà del campione degli adolescenti di origine straniera ha assistito a fenomeni di razzismo (54.1%) e vi è un 22.2% che li ha subiti, principalmente a scuola (61.5%)».

È appena nato un ministero tutto nuovo per la cooperazione e l’integrazione. Collaborerete?

«La Campagna “Io come Tu” va proprio in questa direzione, l’accesso alla cittadinanza dei bambini nati e/o cresciuti nel Paese in cui i genitori sono emigrati è cruciale per la loro integrazione. L’esperienza, l’autorevolezza e la capacità di Andrea Riccardi saranno fondamentali per il successo dell’azione di Governo».

La Stampa 20.11.11