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Reichlin: "I giovani rialzino la testa e ritrovino le ragioni dell'Italia"

Contributo di Alfredo Reichlin per il 25 aprile. Durante la Resistenza, il popolo si sentì protagonista e i suoi diretti rappresentanti scrissero un nuovo patto di cittadinanza, la Costituzione repubblicana, fondata sul lavoro e garante di nuovi diritti. E’ con questi pensieri che io mi rivolgo ai giovani e li esorto a rialzare la testa come fecero i giovani di allora dopo il fascismo. Sono passati quasi 70 anni -una intera epoca storica- dalla liberazione dell’Italia dalla dittatura fascista.

Io ricordo bene quella giornata che segnò l’avvento di una nuova Italia.

Un mondo soprattutto di giovani prendeva in mano il destino di un Paese coperto di macerie, ferito da migliaia di morti, umiliato dalla sconfitta in una guerra ingiusta e sciagurata, occupato da eserciti stranieri.

E’ in queste condizioni che i grandi partiti popolari, i rappresentanti delle masse contadine ed operaie che fino allora erano state escluse dalla vita pubblica delle Stato post-risorgimentale, presero la guida dell’Italia e la portarono alla riscossa. In meno di dieci anni il Paese intero fu ricostruito, uscì dall’arretratezza del vecchio mondo contadino, diventò la quarta o la quinta potenza industriale del mondo, mandò i suoi ragazzi a scuola.

La spiegazione di questo autentico miracolo si fa presto a dirla. Fu la capacità di mobilitare le energie profonde del popolo italiano facendo appello a quella straordinaria risorsa che è la sua antica civiltà. Il popolo si sentì protagonista e i suoi diretti rappresentanti (non i sovrani o le classi dominanti come era sempre avvenuto nel passato) scrissero un nuovo patto di cittadinanza, la Costituzione repubblicana, fondata sul lavoro e garante di nuovi diritti. Non solo l’uguaglianza di fronte alla legge ma nuovi diritti sociali. Insomma, costruirono uno Stato democratico avanzato, che è tale non solo perché consente la libertà di voto e di opinioni ma perché garantisce anche agli ultimi, alle classi subalterne, di organizzarsi e di pesare sulle decisioni pubbliche attraverso i propri strumenti di potere: i partiti politici, i sindacati, le associazioni volontarie.

Da allora è passato un secolo, un’epoca intera. Perciò appare davvero singolare che rievocando quella antica vicenda, noi in realtà abbiamo netta la sensazione che stiamo parlando, sia pure in modi molto diversi, dei problemi di oggi. Perché?
E’ evidente, per fortuna, che non abbiamo a che fare con una guerra perduta né con una dittatura di tipo fascista. Eppure il passaggio a cui siamo giunti è molto aspro ed è cruciale per l’avvenire della democrazia repubblicana e per il futuro dei nostri figli.

Si sta creando una miscela esplosiva tra una gravissima crisi economica che getta nella disperazione milioni di persone al punto che si moltiplicano i casi di suicidio e il fango gettato ossessivamente, ogni giorno e ogni ora
sul Parlamento e sui partiti politici dipinti come tutti ladri e tutti uguali. E’ sacrosanta l’indignazione per i fatti di corruzione. Ma è solo di questo che si tratta? Io vedo anche il tentativo di creare una grande confusione. Il Gattopardo.

Quel libro famoso in cui si narra che di fronte alla caduta rovinosa del regno borbonico e all’arrivo di Garibaldi in Sicilia il vecchio principe spinge il nipote a sposare una popolana. Così faremo credere che tutto cambi affinchè tutto resti come prima. E’ caduto Bossi? Avanti allora un altro: Beppe Grillo. Tanto sono tutti uguali. Il che non è vero affatto.

L’Italia prima di Berlusconi è stata governata da ministri come Ciampi, Prodi, Andreatta, Amato, Giorgio Napolitano, tra i migliori e i più onesti della Repubblica. Dopo, per quasi dieci anni hanno governato Bossi, Berlusconi, Rosi Mauro e certe signore.
Io penso che da qui, da un lungo malgoverno che ha fatto del denaro e dell’egoismo sociale la misura di tutte le cose, viene la crisi anche morale dell’Italia. Come ne possiamo uscire? E’ evidente che senza una riforma profonda anche intellettuale e morale, l’Italia decaderà e non sarà più quella cosa meravigliosa che è stata nei secoli. Quale strada vogliamo imboccare?

Vogliamo affidare ancora una volta il destino del Paese a un comico, a un altro avventuriero a un altro miliardario che ha chiamato partito la sua azienda personale e si è comprato anche i deputati?

E’ necessario un grande e profondo rinnovamento. Ma senza i partiti veri con quali strutture di partecipazione democratica possiamo dare una risposta alla potenza inaudita della finanza speculativa e ridare il potere alla democrazia e al Parlamento invece che alle banche? Non dimentichiamo che il fenomeno più impressionante a cui stiamo assistendo è l’aumento della povertà ma al tempo stesso della concentrazione della ricchezza in poche mani. Dobbiamo contrastare il predominio di un’aristocrazia planetaria del sapere, del potere e della ricchezza, a fronte di una massa di semplici consumatori, e più in basso ancora di esclusi, sia dal potere che dai consumi. I nuovi schiavi.

Quali pari opportunità si aprono a una bambina che nasce e vive in una località remota della campagna calabrese rispetto a un bambino figlio di un docente della Bocconi?

E’ con questi pensieri che io mi rivolgo ai giovani e li esorto a rialzare la testa come fecero i giovani di allora dopo il fascismo per ritrovare l’orgoglio delle ragioni storiche dell’Italia nell’aspro scenario di lotte e di contraddizioni che sempre più segnano questo nostro mondo. Abbiamo tutti bisogno di un nuovo pensiero critico.

Una critica la cui radicalità non sta nella violenza e nel rifiuto di assumere responsabilità di governo ma nel mettere in discussione i poteri reali che governano da sempre questo Paese lottare per la ricostruzione civile dell’Italia.

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