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"Una lapide per ricordare il Duce. Vergogna a Giulino di Mezzegra", di Massimo Franchi

Fascisti vivi e vegeti nel Comasco. Con perfino un prete a benedire loro e la lapide nel luogo dove furono fucilati Benito Mussolini e Claretta Petacci del 28 aprile del 1945.. È successo ieri a Giulino di Mezzegra. A sessantasette anni esatti dalla sentenza di morte decisa dal Comitato di Liberazione Nazionale, la sedicente Unione nazionale combattenti della Repubblica sociale italiana ha pensato bene di celebrare la memoria del (loro) Duce e della sua amante con un cippo di marmo che raffigura un libro aperto con le due effigi in cui Mussolini e la Petacci sono ritratti in abiti civili.

L’Unità 30.04.12

Si tratta del secondo tentativo, visto che anni fa gli stessi fascisti appesero una croce nera con il nome del duce sul vicino muro della casa dove Mussolini e la Petacci trascorsero l’ultima notte. In corteo, con una bandiera tricolore con al centro un’aquila, circa duecento nostalgici vestiti quasi tutti con la camicia nera hanno raggiunto il luogo, e quando è stato chiamato ad alta voce il nome di Benito Mussolini, hanno risposto tre volte “Presente”, facendo il saluto romano. Dopo il “silenzio” intonato da un ex bersagliere, la lapide è stata benedetta da don Luigi Barindelli, parrocco di Mezzagra, che quest’anno non ha celebrato la messa per i reduci della Repubblica sociale per l’anniversario della morte di Mussolini.

La manifestazione è stata organizzata anche per celebrare il centesimo compleanno di Mario Nicollini, un reduce della Rsi, che ogni anno il 28 aprile organizza la commemorazione del duce. Proprio Nicollini, che ieri non era presente, ha inviato un messaggio nel quale si è detto felice che sulla lapide ci sia anche la fotografia della Petacci. L’iniziativa è stata avallata dal sindaco del paese, la leghista Claudia Lingeri con l’incredibile motivazione che «la lapide non fa riferimenti espliciti all’epoca fascista». Lo stesso sindaco ieri era presente alla celebrazione. All’Anpi, l’Associazione dei partigiani, che aveva chiesto di mettere sulla strada, al posto del cartello piuttosto ermetico che indica semplicemente “Fatto storico 1945”, un’indicazione più esplicita del luogo che ha segnato la fine della dittatura fascista, l’amministrazione comunale ha risposto “No” con la scusa di questioni formali, legate alla cartellonistica stradale e al fatto che l’indicazione rientra in un percorso tra i luoghi che hanno segnato la fine del fascismo voluto dall’amministrazione provinciale. Sabato invece a Lecco, sul luogo della fucilazione di 16 tra ufficiali e sottufficiali della Rsi, alla cerimonia ha partecipato anche il consigliere comunale del Pdl Giacomo Zamperini, che ha ceduto alla tentazione di fare il saluto romano. oltraggio nel Bergamasco Di tutt’altro segno anche le commemorazioni in un altro paesino lombardo. A Schilpario, nel Bergamasco, è stato ricordato l’«Eccidio dei Fondi», 12 partigiani uccisi in un’imboscata dai fascisti della Tagliamento.

Nella chiesetta di Santa Barbara è stata celebrata una messa, con i ragazzi delle scuole che hanno portato sull’altare un lumino per ogni partigiano ucciso. Ma in quello stesso giorno di 67 anni fa, 43 militari della stessa Legione Tagliamento vennero uccisi a Rovetta in un’azione le cui responsabilità sono ancora discusse. E per ricordare il fatto ogni fine maggio arrivano in paese reduci repubblichini e nostalgici neofascisti. Per questo nei giorni scorsi un gruppo locale aveva distribuito nelle cassette postali un dvd per ricostruire i fatti. La replica dei nostalgici non si è fatta attendere con due striscioni affissi in paese: uno sul municipio («Quegli eroi che hai massacrato sono ancora qua»), uno al parco vicino al cimitero («Onore e gloria»). Entrambi, per fortuna, sono rimossi dalla polizia locale.