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"Esodati, Fornero sapeva da sei mesi. La ministra ha fatto finta di nulla", di Massimo Franchi

Il rapporto dell’Inps fu chiesto dalla stessa ministra e venne consegnato lo scorso gennaio. I dati utilizzati per preparare il decreto sui 65mila. La relazione dell’Inps contestata da Elsa Fornero è stata chiesta dalla stessa ministra all’Ente pensionistico sei mesi fa. Il documento che Fornero accusa di provocare «disagio sociale» è stato sulla sua scrivania fin da gennaio. E non è rimasto in un cassetto. Ma valutato e soppesato, usato come strumento utilissimo per dar vita al decreto interministeriale che dei 390mila esodati calcolati dall’Inps ne ha «salvaguardati» solo 65mila.
Una relazione dunque la cui responsabilità ricade completamente sulla ministra. Ed ecco la colpa politica di Elsa Fornero. Per sei mesi ha scientemente sottovalutato il caso “esodati” sottostimando il numero della platea dei “dannati” che, grazie alla sua riforma, si sono trovati senza lavoro e senza pensione per anni.
La relazione è stata chiesta da Fornero nei giorni in cui, con il decreto Milleproroghe, il Parlamento stava cercando di allargare, almeno in parte, le maglie della riforma delle pensioni. Fornero, sotto la pressione della Ragioneria dello Stato, del ministero dell’Economia e della presidenza del Consiglio, ha chiesto all’Inps di stimare il numero dei potenziali “esodati”. Così il coordinamento statistico dell’Inps ha iniziato a lavorare, spulciando i suoi database e quelli degli altri enti pensionistici esistenti. Il perimetro che quella relazione ha costruito, calcolando tutti coloro che con la riforma rischiavano di rimanere senza coperture, ha misurato 390.200 persone. A quel punto la cronaca parlamentare ci ricorda come l’atteggiamento del governo sia stato molto evasivo, dando parere contrario perfino alla richiesta di allargare almeno agli accordi sindacali sottoscritti dopo il 4 dicembre (data della entrata in vigore del decreto SalvaItalia e quindi della riforma) lasciando fuori pertanto anche gli “esodati” Fiat di Termini Imerese.
Su quella relazione Elsa Fornero ha subito chiesto al direttore generale Mauro Nori (che la firmava in quanto responsabile tecnico), al presidente Antonio Mastrapasqua e a tutti i loro collaboratori di non divulgare alcun dato sulla delicata questione esodati.
Il “vincolo” del silenzio è stato rispettato per mesi. L’Inps, davanti all’insistenza dei giornalisti, ha sempre preso tempo, sostenendo che i calcoli erano «difficili», «complessi». L’unica dichiarazione che può essere criticata è quella fatta da Nori in audizione parlamentare ad aprile, quando però parlo di 130mila e non di 390mila. Nel frattempo proprio il Coordinamento statistico dell’Inps lavorava a stretto contatto con i tecnici del ministero di via Veneto. E con Elsa Fornero e il suo staff. Un lavoro lungo e complesso per valutare gli effetti dei “paletti” che il decreto doveva inevitabilmente alzare. E proprio utilizzando quella relazione sono stati costruiti requisiti ad hoc per eliminare dai «salvaguardati» decine di migliaia di esodati già per il 2012, per esempio fra chi si paga i contributi da solo con il via libera dell’Inps (le cosiddette prosecuzioni volontarie) e chi ha perso il lavoro (i “cessati”).
Di più. La relazione non è stata resa pubblica, come accusa sempre la ministra, dall’Inps. Molto verosimilmente viene invece dallo stesso ministero di via Veneto. A renderla pubblica, a passarla all’Ansa che l’ha pubblicato, sarebbe stato uno dei tanti dirigenti del ministero del Lavoro messi da parte dalla professoressa Elsa Fornero. Che essendo un tecnico ha praticamente reso disoccupate centinaia di persone con altissime competenze, avendone come reazione una legittima acrimonia.
La riunione di lunedì sera al ministero è stata molto tesa. Elsa Fornero ha attaccato direttamente Mastrapasqua e Nori cercando (senza successo) di metterli uno contro l’altro. La richiesta di dimissioni non c’è stata. Anche perché non ne esistevano i presupposti, visto che i due non sono di sola nomina ministeriale e un eventuale commissariamento dell’ente dovrebbe essere deciso direttamente da Mario Monti. La diarchia al vertice dell’Inps va dunque avanti. Nonostante le forti frizioni, Mastrapasqua (uomo di Gianni Letta, nominato nel 2008 da Berlusconi ma con amicizie bipartisan) e Nori (uomo vicino alla Cisl) hanno fatto fronte comune, sapendo che la caduta dell’uno produrrebbe la caduta dell’altro. In più Mastrapasqua ha terminato la “luna di miele” con la ministra Fornero: seguendo i dettami del Pdl (leggasi le parole di Brunetta) ha da settimane iniziato ad attaccare senza sosta la titolare del Lavoro.
Ieri, però, molto stranamente, dopo mesi di silenzio è tornata d’attualità la nuova governance degli enti pensionistici. Una coincidenza ha voluto che i sindacati presentassero la loro proposta in Parlamento. Fornero ora potrebbe prendere la palla al balzo per accelerare i tempi e disfarsi di Nori e Mastrapasqua. Ma oramai è senza sponde politiche. E l’impresa sembra quasi impossibile.

l’Unità 13.06.12

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“Il rovesciamento della realtà”, di Massimo Riva

STAVOLTA non si tratta di uno dei tanti balletti di cifre sui conti pubblici cui gli italiani hanno fatto ormai il callo da molti anni. Al centro del problema ci sono quasi 400mila cittadini che si trovano a non avere più un lavoro e a non ricevere il relativo salario, ma senza aver ancora maturato il diritto alla pensione. Siamo di fronte a un dramma sociale di enormi proporzioni. SOPRATTUTTO se si tiene presente che, nella maggior parte dei casi, pone gravi problemi di normale sopravvivenza a una larghissima platea di famiglie con figli a carico, mutui da rimborsare, spesa quotidiana da fare. Il primo aspetto scandaloso di questa vicenda nasce dalla insistita sottovalutazione della dimensione del problema. Eppure, siamo franchi, non ci voleva Pico della Mirandola per capire che, allungando l’età di pensionamento, la riforma previdenziale avrebbe avuto effetti perversi su quel gran numero di lavoratori che, in base alla vecchia normativa, aveva accettato di lasciare il proprio posto per favorire i processi di ristrutturazione di tante aziende in difficoltà. Fatto sta che né il governo nel predisporre la sua riforma né il parlamento nel discuterla e approvarla hanno ritenuto la questione meritevole di un congruo approfondimento e quindi anche di una tempestiva soluzione. Un po’ tutti, perfino in qualche misura anche i sindacati, si sono fidati delle assicurazioni del ministro competente, Elsa Fornero, secondo la quale il nodo sarebbe stato sciolto presto e bene. Tanto presto e bene che, a mesi di distanza, la questione oggi riesplode facendo venire alla luce l’inaffidabilità degli impegni ministeriali. Con una caparbietà — che non testimonia certo acutezza di visione politica e tanto meno economica — la signora Fornero ha continuato nella sua sistematica strategia di sottostima del problema, acconciandosi alla fine con fatica a proporre un intervento di sostegno limitato a circa 65mila soggetti. E ciò nonostante che dai sindacati, dai partiti, oltre che da esperti della materia, venissero valutazioni ben più cospicue sul numero dei malcapitati rimasti prigionieri della riforma previdenziale. Un atteggiamento ingiustificabile da parte di chi ha responsabilità di governo, tanto più se in materia sociale, che ora ha raggiunto il colmo con gli attacchi della stessa Fornero all’Inps, reo di aver alzato il velo sulla realtà sgradita alla signora ministro calcolando in quasi 400mila gli italiani vittime della tenaglia del niente salario e niente pensione. Sorvoliamo pure sul fatto che la titolare del ministero del Lavoro ha bollato come «deplorevole» la diffusione di questi dati mettendo in luce una concezione, diciamo così, elitaria del diritto alla conoscenza degli affari pubblici in una normale democrazia. Il punto ancora più critico è che la signora Fornero ha accusato i vertici dell’Inps di «creare disagio sociale» rammaricandosi di non poterli licenziare speditamente come sarebbe possibile in un’azienda privata. Par di capire, insomma, che il ministro sospetti i capi dell’Inps di aver tramato contro di lei. Se così è, si può rassicurarla: nessuno sta tramando contro Elsa Fornero più e meglio di quanto stia facendo lei stessa in prima persona. Qualcuno, infatti, dovrebbe chiarirle che l’Inps sarà pure un ente sottoposto alla sua vigilanza, ma esso è soprattutto un istituto al servizio degli italiani prima e più di chi occasionalmente esercita il ruolo ministeriale. E anche l’accusa di fomentare il disagio sociale appare solo come un infelice tentativo di rovesciamento della realtà. Non sono i numeri dell’Inps, per quanto pesanti, ad alimentare le paure degli italiani. Di autentica disperazione ce n’è una sola: quella degli sventurati che sono rimasti senza lavoro e senza pensione nelle mani di un ministro che non vuole neppure riconoscerne l’esistenza. Quello recitato da Elsa Fornero sembra, a questo punto, un copione da farsa. Prima che volga in tragedia (le premesse sociali ci sono già tutte) è urgente che Palazzo Chigi si riappropri della questione esautorando — non importa se di fatto o di diritto — un ministro così recalcitrante dinanzi alla realtà. Con quel che già succede sui mercati internazionali, non c’è proprio bisogno di ulteriori tensioni domestiche.

La Repubblica 13.06.12

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