attualità, politica italiana

"La “follia” del Cavaliere che fa male al Paese", di Massimo Giannini

Sono solo parole. Ma le parole pesano. Le parole sono importanti. Tanto più quando la posta in gioco è il destino della moneta unica e il futuro dell’Italia nella comunità internazionale. Dunque, non si può più sorridere di fronte all’ennesima sfuriata di Silvio Berlusconi contro l’euro. Non si può più irridere il Cavaliere, quando ripete che uscire da Eurolandia, per il nostro come per gli altri Paesi, «non è una bestemmia».
C’è del metodo, nella disperata follia del Cavaliere. L’idea, cinica e provinciale, di lucrare una rendita elettorale cavalcando l’onda dell’antieuropeismo. L’intenzione, miope e strumentale, di sfruttare il disagio dei popoli riaggregando l’orda del populismo. Una subcultura autarchica e rozza, che non è nuova nell’anomala destra berlusconiana, ma che oggi accomuna quest’ultima alle destre più estreme, di ispirazione neo-nazista, del Vecchio Continente.
L’intera storia di Forza Italia, poi della Casa delle Libertà, infine del partito del Popolo delle Libertà, è innervata da una visione sciovinista e tendenzialmente ostile ai processi di integrazione comunitaria. Nel ’96 il Berlusconi oppositore fu contrario all’ingresso dell’Italia nel plotone di testa dei Paesi fondatori dell’euro: la destra alle vongole del Cavaliere organizzò un Aventino parlamentare, per combattere l’eurotassa di Prodi e Ciampi. Tra il 2001-2006 e il 2008-2012 il Berlusconi premier ha più volte indicato nell’euro l’origine dei nostri mali. Ora torna sul luogo del delitto, rilanciando l’epica della «liretta» e la mistica della “svalutazione competitiva”.
La portata tecnicamente eversiva delle intemerate berlusconiane è evidente. «Con un ritorno alle monete nazionali ci sarebbero dei vantaggi », sostiene. Se l’Italia tornasse alla lira, le nostre imprese esporterebbero più facilmente i loro prodotti. Ma sarebbe un beneficio illusorio. Grazie a questa “droga”, negli anni ’80 le aziende italiane hanno creduto di vincere la sfida sui mercati esteri, seguendo la «via bassa» della competitività e della produttività. Hanno giocato sul vantaggio dei cambi, non hanno puntato sulla qualità dei prodotti.
Ma con l’uscita dall’euto il danno maggiore lo pagherebbero i cittadini. La “nuova lira” si svaluterebbe immediatamente, tra il 20 e il 40%. Il Te-
soro avrebbe difficoltà enormi a collocare in asta Bot e Btp, se non con rendimenti folli. La bolletta energetica, saldata in dollari, esploderebbe. L’inflazione tornerebbe rapidamente a due cifre. I tassi di interesse seguirebbero a ruota. I mutui in banca diventerebbero proibitivi. È questa l’Italietta che piace al visionario di Arcore?
Oltre che di dilettantesche falsità economiche, la propaganda berlusconiana è infarcita anche di donchisciottesche velleità diplomatiche. «Dobbiamo far valere la nostra forza e la nostra solidità economica per ammorbidire le posizioni della Merkel», dichiara. Non si capisce di quale“forza”ediquale“solidità”parli l’ex premier, che nei suoi ultimi anni di governo ha contribuito a fare dell’Italia il Paese meno forte, meno solido dell’Eurozona. Si capisce solo l’evocazione, facile e corriva, del solito «nemico esterno». Ai tempi di un’altra destra era la “Perfida Albione”, alla quale bisognava “spezzare le reni”. Oggi, nell’era della destra berlusconiana, è la “turpe Germania” che dobbiamo “piegare”. Il risultato non cambia. Ed è sconcertante.
Ma quello che preoccupa di più, qui ed ora, è l’effetto di destabilizzazione politica prodotto da queste
sortite. Il governo è impegnato in una mediazione difficilissima con i partner europei. Monti cerca in tutti i modi di riaccreditare il Paese, presso le cancellerie, la Commissione Ue, la Bce, il Fondo Monetario. Mai come in questo momento l’Italia è sotto osservazione. Mai come in questo momento ogni minimo errore può risultare fatale.
Purtroppo, anche se la geo-politica del Paese è ormai ben diversa dall’aritmetica del Palazzo, Berlusconi continua ad essere il padre-padrone del primo partito della “strana maggioranza” parlamentare che sostiene il governo. Servirebbero condivisione e senso di responsabilità. Il Cavaliere, da settimane, fa l’esatto contrario. Non avendo saputo conquistare fino in fondo il cuore e la testa degli italiani, prova a riparlare alla loro pancia, vellicandone gli istinti peggiori. È un basso calcolo di bottega. Ma ha un costo politico altissimo: indebolisce il governo Monti, lo danneggia all’interno e all’esterno, alimenta la suggestione del voto anticipato.
«Vi stupirò con le mie pazze idee», aveva detto il Cavaliere venti giorni fa, proponendo di «far stampare l’euro dalla nostra Zecca». Se la “pazza idea” è andare alle elezioni a ottobre, e colorire la campagna elettorale di “bestemmie” contro l’euro e contro le tasse, la povera Italia è davvero in pericolo. Abbiamo bisogno di tutto, meno che di una “Alba Dorata” berlusconiana.

La Repubblica 21.06.12