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Guccini: "La solidarietà è una fabbrica sempre aperta" di Toni Jop

«Il concerto per l’Emilia ha dimostrato che su quel palco una terra si è guardata allo specchio senza vanità e senza ferire gli altri con un’identità chiusa o respingente». “Ma che bella cosa sì sono contento che sia andato tutto bene. Ma hai visto che roba? il sessanta per cento del cantautorato italiano stava lì l’altra sera. Ed era emiliano…divertente”. Prendetevi questo Guccini di buon animo, quasi allegro. L’avete visto oppure no sul palco dello stadio bolognese? Ha cantato seduto, accanto a una magnifica Caterina Caselli, all’inizio di un gran fiume di musica dedicata alle sofferenze di chi, in Emilia e altrove, sta patendo le pene dell’inferno, dopo il terremoto. Ci sono migliaia di persone che stanno in tenda 24 ore su 24, sole e afa mentre altre migliaia si danno da fare per tirar su mattoni antichi e capannoni nuovi, confortati dall’aiuto di tanti volontari venuti da tutto il paese.
Tra polvere, sudore e canzoni, tira un’aria praticamente bella di un’Italia che la cronaca, non per colpa sua, non ha inquadrato nel corso degli anni più recenti.

Francesco, davvero un’altra Italia?

«Certo quella che mi piace di più. E accaduta una cosa strana l’altra sera. Non si ripeterà, è stata unica perché spero non ci sarà più bisogno di mostrare “i muscoli” di una solidarietà tanto stretta e impegnativa. Voglio dire che non voglio pensare ad altre disgrazie così grandi, ecco. Ma la cosa unica e nuova è il fatto che su quel palco una terra si è guardata allo specchio senza vanità e senza ferire gli altri alla ricerca di una identità chiusa, egoistica. Quel palco ha detto molto: che l’identità è una fabbrica sempre aperta, che la terra è parte di quella identità solo se sta in un contesto più ampio che guarda agli altri come risorsa e ancora come parte di questa identità. Mi vengono parole grosse, ma dev’essere colpa tua… ».

Neanche per sogno. Dev’essere perché fin qui chi come la Lega ha predicato l’identità e il territorio come suo unico collante, ha spinto la questione del “chi siamo” in una stanza buia, senz’aria e senza prospettiva…

«Aspetta: è stata una bellissima serata che credo in molti hanno seguito alla tv anche perché sul palco non agivano gelosie, invidie. Chi conosce il mondo sa che invece tutto questo è di casa in un rosario di artisti tanto ampio e vario. Intanto, devo ringraziare Carletti (Nomadi, ndr) perché è lui l’inventore del concertone e ha voluto divi- dere con me la paternità della cosa: sta scritto da qualche parte che io sarei tra gli ideatori. Ma è tutto merito suo. Mi era venuto a trovare con Flacco (grande e storico chitarrista di Guccini, ndr) e mi aveva detto: ci stanno tutti, tutto gratis. Ho detto sì. Poi, mi ha telefonato la Pausini che è una carissima ragazza: voleva che cantassi qualcosa con lei. Dovresti sentire la voce della Pausini: bellissima, con quell’accento emiliano così marcato. Insomma, non potevo e mi dispiaceva: le ho spiegato che ero già d’accordo con Caterina Caselli… ».

A proposito di Caterina Caselli: sono ancora stordito per la bellezza della sua interpretazione di Insieme a te non ci sto più..
«Grande Caterina, grande. Non cantava da più di quarant’anni e si è buttata nella mischia per pura generosità. Prova a stare zitto così a lungo, poi sali su un palco davanti a decine di migliaia di persone e intona. Chi lo fa? Solo il cuore te lo fa fare. E lei lo ha fatto, timida, emozionata come una ragazzina. E brava, anche quando ha cantato con me Per fare un uomo… ». «Ci voglion vent’anni», anche se canti in un altro pezzo che a quell’età «si è stupidi davvero».. «Non sono sicuro, ma credo di non averla mai cantata, registrata in qualche disco, la cantavano i Nomadi, anche Caterina… Comunque devi sapere che abbiamo fatto delle prove sommarie ma è andato tutto benissimo. È stato il trionfo della professionalità, gran professionismo sul palco, l’altra sera… ».

Ma non c’era gente giovanissima davanti ai microfoni, anche se qualcuno di voi pare abbia un ritratto magico in soffitta.

«Non io, accidenti… ».

Dev’essere perché ti guardi poco allo specchio…

«Lascia stare: a 72 anni si vede bene che non ho più voglia di star lì a correre sui palchi, guardo la televisione a mezzo metro di distanza…
Così non ti perdi niente… Avevi detto che stai per mettere insieme un nuovo disco…

Piano con le parole. Ho detto che ho delle canzoni pronte, un altro paio le sto sistemando, magari a ottobre o più tardi entro il sala di registrazione… ».

Temi?

«Canzoni tristi… ».

Onnò!

«Sempre per via dell’età e dei tempi che stiamo attraversando: un po’ di sfiga, ricordi, marinai senza vascello. Insomma, tocchiamoci laggiù».
Arrenditi, sei di buonumore. Ma almeno un titolo incazzato?

«Scordati l’Avvelenata. Ma il Testamento del pagliaccio è una bella presa in giro».

l’Unità 27.06.12