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"Al governo, non con tutti. Bersani detta le condizioni", di Andrea Tognotti

I progressisti si candidano alla guida del paese ma non da soli: per la svolta serve «un patto di legislatura con forze liberali, moderate e di centro, d’ispirazione costituzionale ed europeista». Pier Luigi Bersani ha presentato laCarta d’intenti del Pd nella magnifica cornice del Tempio di Adriano, scenografia sobria dominata da un cartellone rosso con lo slogan dell’iniziativa: «Italia bene comune, per la ricostruzione e il cambiamento».
Un discorso di oltre mezz’ora rivolto a una platea fatta soprattutto di parlamentari, dirigenti, e qualche militante che ha notato con soddisfazione ciò che il portavoce del Pdl Daniele Capezzone ha usato invece in chiave polemica: il cartellone rosso, appunto. Nell’immediato, il Pd ha confermato una volta di più il «sostegno al governo Monti, perché questo significa dare una mano al paese», con un traguardo fissato alla «fine della legislatura», ma è tuttavia «pronto a ogni evenienza» – tradotto, al voto – nel caso la situazione precipiti. Un sostegno «in quel che ci piace e in quel che non ci piace, a cominciare dalla vicenda degli esodati cui va trovata una soluzione».
Ai potenziali alleati Bersani ha mandato un messaggio chiaro, noto da tempo ma al quale si annette un’importanza decisiva per non ripetere la triste esperienza dell’Unione di prodiana memoria, divisa e paralizzata su tante cose. «La risoluzione di controversie relative a singoli atti o provvedimenti rilevanti sarà rimessa a una votazione a maggioranza qualificata dei gruppi parlamentari convocati in seduta congiunta». Maggioranza qualificata, non unanimismo. E pensando a un possibile fronte critico, quello delle missioni militari all’estero, Bersani ha chiarito che un eventuale governo di centrosinistra dovrà «assicurare il pieno sostegno fino alla loro eventuale rinegoziazione degli impegni internazionali già assunti dal nostro paese». Ancora, sul piano internazionale, Bersani ha chiarito che si dovrà fare tutto il necessario per «difendere la moneta unica e procedere verso il governo politico-economico dell’Eurozona».
Bersani ha delineato un percorso di alternativa «non a Monti ma alle destre, che in dieci lunghi anni hanno esposto il nostro paese alla frontiera della crisi e ne hanno sfibrato nel profondo le energie». La prospettiva è quella di «proporre un’alternativa ed una sfida: uscire dall’eccezionalismo italiano». Fare riforme «liberali che la destra non può fare, contro le posizioni dominanti e i conflitti di interesse». Direttrici generali, ma anche un’opzione dichiarata fin da subito: «C’è da alleggerire il peso fiscale sul lavoro e caricarlo su grandi patrimoni e rendite, se non c’è il coraggio di farlo non si abbasseranno mai le tasse». La patrimoniale, insomma. Cioè un «ridisegno profondo del sistema fiscale che alleggerisca il peso sul lavoro e sull’impresa, attingendo alla rendita dei grandi patrimoni mobiliari e immobiliari».
Un’altra discriminante, l’Europa. Starci, senza dubbio. Ma come? La versione del segretario guarda a sinistra: «Noi contestiamo il liberismo finanziario che ci ha portato a questa crisi, denunciamo come abbia disarmato sovranità e democrazia nei paesi». Per venire poi ai diritti civili. Sulla questione delle coppie gay il Pd si impegna a dare «sostanza normativa al principio riconosciuto dalla corte costituzionale per il quale una coppia omosessuale ha diritto a vivere la propria unione ottenendone il riconoscimento giuridico».

da Europa Quotidiano 01.08.12

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