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"Legge elettorale, intesa possibile ma la destra rallenta", di Andrea Carugati

L’unica cosa certa è che il clima tra i partiti della “strana maggioranza”, in tema di riforma della legge elettorale, è meno pesante. Parlare di distensione, dopo che il Pdl aveva vagheggiato un colpo di mano con la complicità della Lega, sarebbe un azzardo. Ma il nuovo appello del Capo dello Stato per uno «sforzo responsabile» sembra aver allontanato l’idea del blitz in Senato dell’asse forzaleghista, e rimesso in moto il lungo e defatigante dialogo tra Pd e Pdl per arrivare a una riforma condivisa del Porcellum. Una tessitura complicatissima, sempre soggetta ai repentini strappi del Cavaliere, che però è faticosamente ricominciata. Difficile, quasi impossibile che si arrivi a un’intesa su un testo prima della pausa estiva. Ma il comitato ristretto del Senato (gli 8 esperti incaricati di trovare una bozza condivisa) ha deciso di provarci. Almeno a fissare un percorso, una road map, per arrivare a un accordo in Aula per ottobre. Si vedranno oggi pomeriggio, e poi «altre due o tre volte» nel giro di pochi giorni, prima di andare in ferie.

La base di lavoro resta quella delle ultime settimane: un proporzionale con sbarramento al 5%, con una quota intorno al 30% di parlamentari eletti con liste bloccate e un 70% scelto con collegi o preferenze. Anche l’ipotesi di mediazione resta quella di cui si è parlato: il Pd potrebbe accettare un premio di seggi al primo partito (ma solo se superiore al 10%) e il Pdl rinunciare alle preferenze e accettare i collegi uninominali proposti dai democratici. A corroborare l’ipotesi di una retromarcia del Cavaliere ci hanno pensato ieri il presidente del Senato Schifani e Gaetano Quagliariello, uno dei mediatori del Pdl. Il primo ha fatto due passi indietro rispetto alle sue parole di venerdì, quando ipotizzando un via libera «a maggioranza» sembrava aver dato il suo timbro all’ennesimo strappo Pdl-Lega. «Io non tifo per una legge scritta da una stretta maggioranza», ha detto Schifani alla tradizionale cerimonia del Ventaglio. E ha aggiunto: «Auguro un accordo tra i partiti di maggioranza sulla legge elettorale per evitare ripercussioni sul governo». Ancora più chiaro Quagliariello: «Il Pdl non ha alcuna intenzione di cercare maggioranze alternative sulla legge elettorale a quella che sostiene il governo Monti».

Ieri il Pdl ha comunque depositato in Senato la sua proposta, che prevede il premio del 10% al primo partito, e tre preferenze (di cui almeno una a una donna, pena la nullità delle preferenze espresse dopo la prima). Nella proposta Pdl, oltre allo sbarramento al 5% per la Camera, ce n’è uno all’8% a livello regionale per il Senato e la clausola salva-Lega, che consente di avere deputati anche alle forze che non arrivano al 5% su base nazionale, purché superino il 10% in 5 circoscrizioni.

Oggi nella seduta del comitato ristretto anche Enzo Bianco, relatore in quota Pd, presenterà un «documento di lavoro». Non batterà i pugni sull’ipotesi ufficiale dei democratici (il doppio turno alla francese), ma farà un ragionamento su un modello di tipo ispano tedesco, su cui c’era stato accordo nella scorsa legislatura (la cosiddetta “bozza Bianco”) e su cui avevano lavorato nei mesi scorso Violante e Quagliariello; un «mix di uninominale e proporzionale» aperto a vari approdi.

Nel Pd non si sono ancora del tutto dissipati i dubbi sull’affidabilità del Pdl. Anzi, c’è il sospetto che non si voglia arrivare all’intesa neppure in autunno, e che gli stratagemmi e i diversivi non siano finiti. Prima il tentativo di blitz con la Lega, ora la nuova apertura al dialogo. «Tutti mezzucci per prendere tempo e non cambiare il Porcellum», spiega una fonte Pd. E tuttavia stavolta i democratici vogliono costringere il Pdl a scoprire le carte. Mostrandosi più «flessibili», anche sul premio al primo partito. «In questo modo il Cavaliere non avrà più alibi…». Il vicesegretario Enrico Letta ha esplicitato questa linea ieri a un convegno sul tema promosso dal Forum di Todi, cui hanno partecipato anche Quagliariello e Casini: «Siamo pronti a ragionare anche su ipotesi diverse dalle nostre su premio e preferenze: ma bisogna fare in fretta, anche tenendo aperte le Camere in agosto. Schifani non usi tattiche dilatorie…».

L’Unità 01.08.12