attualità, lavoro, politica italiana

"Primo maggio la battaglia per cambiare", di Massimo Franchi

Il record senza fine della disoccupazione giovanile, il dramma giornaliero delle aziende che chiudono. Ci sarebbe ben poco da festeggiare per questo Primo maggio. Eppure proprio da Cgil, Cisl e Uil ieri è partito un messaggio di unità e speranza con la prima riunione unitaria degli Esecutivi delle tre Confederazioni dal lontano 12 maggio 2008 e il via libera all’accordo sulla rappresentanza. Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti questa mattina si ritroveranno per festeggiare la festa del lavoro a Perugia, città scelta per ricordare Daniela e Margherita, le due impiegate della Regione barbaramente uccise lo scorso 6 marzo nel palazzo del Broletto, per mano di un imprenditore che si tolse la vita subito dopo. «Priorità Lavoro» è lo slogan scelto e a tenere il cartello ci saranno i lavoratori alle prese con le innumerevoli crisi dell’Umbria: dalle acciaierie Ast di Terni alla Nestlè Perugina, dal Polo Chimico temano alla ex Merloni di Nocera Umbra. Ma ci saranno anche le lavoratrici e i lavoratori del commercio e del terziario (in sciopero contro le aperture dei negozi nel giorno della Festa dei Lavoratori) e quelli del pubblico impiego, così come le pensionate e i pensionati, i giovani precari e gli studenti. L’appuntamento è alle ore 10 in Largo Cacciatori delle Alpi (Piazza Partigiani), da qui il corteo si muoverà verso via Luigi Masi, poi viale Indipendenza, piazza Italia, Corso Vannucci, fino ad arrivare in piazza IV Novembre per il comizio conclusivo dei tre segretari generali. Ieri mattina invece i vertici di Cgil, Cisl e Uil si sono ritrovati all’auditorium dell’Inail per discutere e approvare un documento comune che lancia una piattaforma condivisa e, come anticipato da l’Unità, fissa per sabato 22 giugno «una grande manifestazione nazionale a Roma» a conclusione di una mobilitazione che partirà sui territori dall’Il maggio. RITROVATA UNITÀ Il valore dell’unità sindacale ritrovata è stato rimarcato da tutti i protagonisti. «Contro avversari e nemici, torniamo uniti confermando che il sindacalismo italiano è grande riferimento e certezza per i lavoratori e l’accordo sulla rappresentanza è l’energia per far funzionare le relazioni sindacali», ha esordito Bonanni. «La crisi ha spinto i sindacati a convergere, ora dobbiamo indica- re delle soluzioni ai problemi dell’economia e convenire a cose essenziali da far fare alla politica», ha proseguito Angeletti, «completando l’insieme delle regole che sostiene il sistema delle relazioni sindacali, regole trasparenti, chiare e democratiche». Dal canto suo Susunna Camusso ha specificato che «le divisioni del passato non si possono nascondere, ma quelle ferite si superano solo costruendo un punto più avanzato. Non si risolve tutto con l’accordo sulla rappresentanza e chi lo pensa lavora per il contrario: si tratta semplicemente di un meccanismo che dà cogenza agli impegni che un organizzazione prende». E alludendo alla sfuriata di Giorgio Cremaschi, unico contestatore dell’accordo che non è stato fatto parlare perché il suo intervento non era fra i previsti, ha detto: «Fare regole certe costa fatica: avremmo qualche notorietà in più gridando al tradimento, ma durerebbe poco perché non risolveremo i nostri problemi». E chiudendo ha ribadito: «E finita la stagione delle divisioni, abbiamo seguito il bisogno di unità che c’è tra i lavoratori, dobbiamo ricostruire la coscienza collettiva per dare gambe ai nostri obiettivi ripartendo dalla democrazia e dalle regole».

PROPOSTE E RAPPRESENTANZA Nel documento varato Cgil, Cisl e Uil chiedono il «rifinanziamento della Cig in deroga, il completamento dell’effettiva salvaguardia degli esodati», di «ridurre le tasse ai lavoratori dipendenti, ai pensionati e alle imprese che faranno assunzioni nel prossimo biennio, destinando automaticamente a tale scopo le risorse derivanti da un’efficace lotta all’evasione fiscale, reato di cui va sancita la natura penale». Sulla rappresentanza «Cgil, Cisl e Uil convengono di definire con Confindustria (il 6 maggio è già previsto un incontro) un accordo che regoli la rilevazione e la certificazione della rappresentatività basata sull’incrocio tra iscritti e voto proporzionale delle Rsu». I sindacati convengono di definire un accordo che preveda «la titolarità della contrattazione nazionale per le organizzazioni firmatarie che raggiungano il 5% della rappresentanza per ogni contratto. Gli accordi saranno definiti dalle organizzazioni che rappresentano almeno il 50% più uno della rappresentanza e dalla consultazione certificata dei lavoratori, a maggioranza semplice, le cui modalità attuative saranno stabilite dalle categorie (e qui le interpretazioni già divergono, ndr) per ogni singolo contratto

L’Unità 01.05.13

******

“UNA NUOVA UNITÀ SINDACALE”, di Susanna Camusso

Oggi è la Festa del Lavoro. È il giorno in cui si celebrano le battaglie operaie per la conquista di dignità e di diritti. È il giorno in cui si ricorda al mondo la centralità del lavoro, la sua funzione economica e ancor più quella sociale. È il giorno in cui le lavoratrici e i lavoratori si fermano, si ritrovano, festeggiano insieme per rammentare al mondo le loro conquiste e i bisogni ancora da soddisfare. Nel corso del tempo si è provato e si continua a provare, a ridimensionare la portata e il significato di questo giorno. Si è provato a depotenziare la sua carica politica, a snaturarne il significato, a toglierne il valore sociale. È come se la natura laica di questa giornata di festa consentisse di decretarne l’oblio o di svilirne il significato. Bisognerebbe, ad esempio, interrogarsi sul perché nel nostro Paese si continua a pensare che aprire i negozi il Primo maggio sia più importante che interrogarsi sulla centralità e sulla funzione del lavoro. Non si tratta, in fondo, di un’immagine chiara, che rende bene la dissociazione intervenuta tra consumo e status sociale ad esso legato, e l’indifferenza a chi e a come produce gli oggetti desiderati. Non mi soffermerò sull’anacronismo di una rincorsa ai consumi nei sei anni della crisi più profonda che la nostra società abbia vissuto dal dopoguerra ad oggi. Non c’è bisogno di ricorrere a statistiche, di illustrare con i numeri la situazione economica, i consumi che diminuiscono drasticamente, i redditi che calano. Basta guardare alla vita di tutti i giorni a quella di un lavoratore, di una pensionata, di una famiglia che non riesce quasi più a soddisfare i bisogni essenziali. E insieme alla cinghia che si stringe, la sfiducia e la disperazione che continuano ad aumentare. Gli anni che abbiamo alle spalle sono stati caratterizzati da una folle rincorsa alla svalorizzazione del lavoro. Una rincorsa miope che ha contribuito non poco ad aggravare la crisi in cui siamo precipitati. La preferenza a speculare in borsa piuttosto che a investire, una competizione basata sulla riduzione dei costi invece che sulla ricerca e l’innovazione, il ricorso costante e perverso alla precarietà e ai bassi salari, sono le facce di un’idea sbagliata di economia e di un’idea mercificata del lavoro, che hanno fatto sparire dal gergo comune parole come dignità, sicurezza, identità delle persone. Questo Primo Maggio del 2013, annus horribilis per il lavoro, vuole essere per tutti e tutte noi un nuovo punto di partenza, l’avvio di una nuova fase che parli dei diritti e della dignità del lavoro, che riproponga il suo valore nella società e nell’economia. Per noi non ci può essere futuro se non torniamo alla centralità del lavoro come motore delle politiche economiche e di welfare. Centralità implica qualità e dignità delle persone, l’opposto della precarietà. Centralità significa creare e redistribuire occupazione. Centralità vuol dire tornare a parlare di piena occupazione. Il Primo Maggio 2013 può e deve anche avere un altro compito: ricostruire l’unità del mondo del lavoro, superare le tante divisioni e le troppe frantumazioni di questi anni. Riunificare il lavoro è parte essenziale della sua centralità, forse la premessa. Abbiamo scelto questo Primo Maggio per tornare a parlare la lingua dell’unità sindacale con una scelta unitaria sulle regole della democrazia e della rappresentanza. Quella di una nuova unità tra le grandi confederazioni sindacali è una scommessa da vincere. Una sfida per dare al lavoro una voce forte capace di determinare una nuova agenda politica che punti al cambiamento. Un cambiamento necessario, indispensabile se si vuole uscire dalle secche di una politica di austerità che ha portato l’Europa e l’Italia in una profonda crisi. Un cambiamento che deve avere il lavoro come suo motore, senza il quale non ci saranno le risposte essenziali per voltare pagina.

l’Unità 01.05.13