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“Niente segni di ripresa per l’Italia ma il deficit è rimasto sotto il 3%”, di Andrea Bonanni

Il deficit pubblico italiano è tornato sotto il 3%. Ma per chiudere la procedura di infrazione aperta contro l’Italia, la Commissione vuole garanzie dal nuovo governo che le misure annunciate da Enrico Letta non incideranno sui saldi di bilancio. Anche perché il nostro debito pubblico continua ad ingigantirsi per effetto dello sblocco dei pagamenti della Pubblica amministrazione: arriverà al 131,4% del Pil quest’anno e al 132,2 nel 2014. Ma la priorità assoluta per il nostro Paese, secondo Bruxelles, è recuperare il deficit di competitività in modo da rilanciare le esportazioni, la crescita e l’occupazione.
E’ questo il senso delle previsioni economiche di primavera, che il commissario per gli Affari economici Olli Rehn ha presentato ieri a Bruxelles, dipingendo il quadro di un’Europa ancora in recessione (-0,4 per l’eurozona nel 2013), che allenta
la stretta del rigore ma che vede crescere sia la montagna del debito (dal 92 al 95%) sia quella, ancora più spaventosa, dei senza lavoro (dall’11,4 al 12,2%). Il Tesoro ha subito replicato a Bruxelles: «Il governo illustrerà prossimi giorni «le misure che saranno prese per sostenere la crescita e l’occupazione, pur restando su un sentiero di finanza pubblica sostenibile». Aggiungendo: «I dati della Commissione certificano
che il Paese può contare oggi e per i prossimi anni su un quadro di finanze pubbliche sane».
Secondo le stime della Commissione, l’Italia ha chiuso il 2012 con un deficit nominale del 3%, scenderà al 2,9 nel 2013 e al 2,5 nel 2014: cifre significativamente migliori di quelle pubblicate dall’Ocse. Siamo vicini al pareggio in termini strutturali, come promesso dal governo Monti, con un deficit strutturale che arriva allo 0,5% quest’anno solo per effetto dei pagamenti delle Pubbliche amministrazioni. Tuttavia Rehn rimane prudente. «Questi risultati facilitano una decisione di chiusura della procedura per deficit eccessivo aperta contro l’Italia — ha spiegato ieri in conferenza stampa — ma a condizione che la politica di bilancio sia confermata. Il nuovo governo si è impegnato a confermare gli obiettivi di quello precedente, ma Letta ha annunciato che intende adottare nuove misure per stimolare la crescita. Per questo aspettiamo di conoscerle prima di decidere la chiusura della procedura. Sono in contatto con il ministro Saccomanni per sapere i dettagli e le cifre. Una decisione comunque verrà presa entro maggio».
La Commissione, conformemente a quanto aveva promesso a Monti, è apparsa invece più elastica per quanto riguarda il debito e l’incremento che subisce a causa dello sblocco dei pagamenti: «Sappiamo che l’Italia ha un grosso debito e per questo è importante che continui il consolidamento dei conti pubblici. Ma oggi la principale priorità per il
Paese è migliorare la sua competitività con una serie di riforme strutturali per rilanciare la crescita economica e le esportazioni», ha detto ancora Rehn.
Complessivamente, su venti Paesi che si trovano sotto procedura per deficit eccessivo, tre ne usciranno sicuramente quest’anno: Lituania, Lettonia e Romania. Due, Italia e Ungheria, potranno uscirne se confermeranno gli impegni presi precedentemente. Per gli altri, la situazione non appare certo rosea. La Spagna, con un deficit 2013 al 6,5%, si è vista prorogare di due anni, fino al 2016, l’obiettivo del rientro sotto il 3%. E la Francia con un deficit al 3,9 e in salita, avrà tempo fino al 2015. Anche l’Olanda, campione del partito del rigore, fallisce l’obiettivo di rientrare sotto il tetto di Maastricht quest’anno e potrebbe avere bisogno di una proroga di un anno.
Tra i maggiori problemi di un’Europa la Commissione cita il circolo vizioso tra crisi bancarie e crisi dei debiti sovrani: un mix che ha messo in ginocchio prima l’Irlanda, poi la Spagna e infine l’Olanda e il Belgio. Il ritardo nel mettere in opera una vera unione bancaria, dovuto principalmente alle resistenze della Germania, è considerato da Bruxelles uno dei principali ostacoli sulla via della ripresa. Ai prossimi vertici di maggio e giugno, il pressing su Berlino si farà pesantissimo.

La Repubblica 04.05.13