Giorno: 5 Maggio 2013

"Governo e battaglia politica", di Claudio Sardo

Il Pd ha sbagliato, non ha vinto le elezioni, ha fallito la prova del governo di “cambiamento”, ma tuttavia non può fuggire dalla proprie responsabilità, né voltare le spalle al Paese, né sognare un anno sabbatico mentre la crisi continua a colpire i ceti più deboli e la società chiede di invertire ora la rotta delle politiche economiche. La grande coalizione che sostiene il governo Letta certifica la sconfitta della sinistra, che voleva uscire dallo stato di necessità del governo Monti e invece il suo progetto e le sue alleanze non sono stati capaci di raggiungere l’obiettivo. Oggi sarebbe però un errore catasfrofico – peraltro un atto innaturale per i riformatori – immaginare che la ri-generazione o la ri-progettazione del Pd possa avvenire in un dibattito separato dai processi reali, dal governo delle emergenze sociali, dal conflitto politico che ancora in larga parte dipende delle torsioni della seconda Repubblica. Per questo il governo Letta è un’opportunità. Ed è una sfida che incrocerà più volte il congresso del Pd: nessuno si illuda che si possa marciare …

"E ora Stati generali in difesa delle donne", di Concita De Gregorio

Forse ci siamo. Proprio perché è un’epoca in cui essere ottimisti è insensato, bisogna esserlo. Più flebile è il tempo più forte la voce e la responsabilità di ciascuno. Forse ci siamo. Forse questa volta la violenza quotidiana contro le donne – diffusa, tollerata, alimentata dal dileggio condiviso, dall’abituale grevità del lessico, dalle parole prima che dai gesti – ecco forse ora questa vergogna la si può guardare negli occhi e chiamarla col suo nome: una colpa collettiva, ognuno si senta offeso. Con grande coraggio Laura Boldrini, presidente delle Camera, ha toccato un tabù sapendo di farlo, senza paura delle conseguenze. Ha detto: contro le donne l’infamia dell’insulto è diversa, è sessista. Anche la minaccia di morte passa dal sesso: dall’umiliazione, dalla sottomissione. Contro le donne corre sul web un fiume di parole a lutto che il mezzo – la Rete – diffonde velocissimo e in quantità incontrollabile. Possono essere a migliaia contro una: difficili da trovare, infidi, nascosti. Fermiamoci a parlarne: una discussione ferma e serena, ha chiesto. Seria. Hanno risposto a decine, poi …

"Storia di un’italiana", di Massimo Gramellini

Nadira è nata in Algeria da madre turca e padre mezzo tedesco e mezzo berbero. Quando le chiedono di che razza è, risponde: umana. Suo padre, Rachid Haraigue, ha combattuto il colonialismo francese e poi l’integralismo islamico, da presidente della Federcalcio algerina aprì alle donne gli stadi, ma soprattutto gli studi: chiamava la cultura «il passaporto delle algerine per il viaggio verso la libertà». Si è preso tre pallottole nel cuore, alle otto di un mattino di gennaio. Ma prima era riuscito a far prendere a Nadira quel famoso passaporto. La laurea, il concorso, la borsa di studio per un master dell’Eni a Milano. Nadira ci è arrivata senza un soldo e senza sapere una parola della nostra lingua: la studiava di notte, cenando con lo yogurt risparmiato alla mensa di mezzogiorno. Si è piazzata fra i primi dieci, è stata assunta e si è innamorata di uno degli altri nove. Oggi ha una famiglia e una identità italiane. A tre anni suo figlio sapeva già l’inno di Mameli a memoria e ovviamente glielo aveva …

"Tutti ai remi per salvare la nave", di Eugenio Scalfari

Domandiamoci anzitutto che cosa vuole la gente, le persone che incontriamo o di cui sappiamo tutti i giorni e che appartengono alle più diverse categorie: lavoratori, consumatori, giovani, anziani, occupati, disoccupati, indignati, disperati, civicamente impegnati, indifferenti, antipolitici. Quelli che chiamiamo la gente e che un tempo chiamavamo il popolo, il “demos”, sostantivi nobilitanti perché ne sottolineano la sovranità, non hanno più una visione del bene comune perché sono schiacciati sul presente dai loro bisogni immediati, dalla loro povertà o dal timore di sprofondarvi dentro, circondati da una nebbia che gli impedisce di costruire il futuro. La gente altro non è che un popolo degradato dagli errori e a volte dai crimini commessi da una classe dirigente anch’essa degradata; ma anche per colpa propria perché ha subìto quel degrado senza reagire e addirittura sguazzandovi dentro. Le colpe non stanno mai da una parte sola, chiamano in causa ciascuno di noi sicché – come diceva il Nazareno che parlava per parabole – chi è senza peccato scagli la prima pietra. Dunque la gente, simulacro sconcertante del popolo …