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"Ora una legge quadro sulle emergenze", di Claudio Broglia

A un anno dal sisma siamo già nella fase della ricostruzione. Le due leggi nazionali, combinate con la legge regionale per la ricostruzione hanno consentito al commissario Errani di emanare le ordinanze, sempre concertate con enti locali, imprese, professionisti, che hanno prodotto risultati tangibili, rispondendo a tre principi fondamentali: la legalità, la trasparenza, e il controllo delle spese. E queste regole sono state via via meglio esplicitate e rese più chiare, tenendo conto delle novità legislative e dell’esperienza, in un rapporto chiaro e determinato con il governo e la collaborazione del Parlamento. Ed è questa collaborazione che dobbiamo consolidare e rinsaldare maggiormente proprio ora, perché abbiamo bisogno che l’Emilia riparta, perché se non riparte l’Emilia non riparte l’Italia.

Avvertiamo per questo la necessità che il governo si muova con celerità. La prima urgenza che poniamo oggi è la proroga dello stato d’emergenza di imminente scadenza nell’area del sisma, che noi chiediamo sia allungata fino al 31 dicembre 2014. Fondamentale per accompagnare la ricostruzione, senza lasciare indietro nessuno. La seconda urgenza è consentire a cittadini e imprese di diluire i tempi di assolvimento dei propri impegni con lo Stato su tasse, mutui e tributi e promuovere una fiscalità di vantaggio nel rispetto e nel solco dei dettati europei, strettamente limitata ai Comuni più colpiti dal sisma, che consenta di evitare la chiusura delle piccole e piccolissime imprese, che rappresentano una importantissima parte del nostro tessuto economico e sociale. Terza urgenza è, riconoscere agli enti locali un ruolo determinante nella ricostruzione, attraverso un pacchetto di misure sacrosante come: il riconoscimento rapido della copertura finanziaria del disavanzo generato dal mancato incasso dell’Imu al 100% e secondo i dati reali e concreti forniti dai Comuni e non su tabelle diverse; l’azzeramento per il 2013 del Patto di stabilità interno al fine di non intralciare gli investimenti diretti ad opere non direttamente riferibili e finanziabili per la ricostruzione ma necessarie per mantenere le infrastrutture e gli edifici pubblici; la sospensione per tutto il 2013 del pagamento dei mutui da parte dei Comuni verso la Cassa depositi e prestiti, posticipando di un anno le scadenze dei relativi ratei.

Ma ci sono anche altre cose da cambiare. In primo luogo serve ridare più poteri alla Protezione civile, che troppo è stata depotenziata e limitata nelle risorse economiche e nei poteri straordinari dopo il terremoto in Abruzzo. Non ci si può presentare in una tragedia come quella del terremoto emiliano senza quasi risorse economiche e stabilire in 60 giorni il limite massimo di copertura emergenziale. In secondo luogo il Paese deve riscrivere, una volta per tutte e in un percorso partecipato dai territori, una legge quadro e le regole con le quali rispondere a qualsiasi calamità naturale ci si trovi di fronte. Una legge che prenda come esempio il nostro sisma. Crediamo, senza falsa modestia, di aver costruito un modello di ricostruzione che non può andare perso, perché a dispetto di qualche corvo che in campagna elettorale ha detto che il modello Emilia non funzionava, il modello Emilia funziona con buona pace di tutti. Servono certezze di procedure e risorse per il sistema nazionale di protezione civile, per i Comuni, per le imprese, per i cittadini, indicando accanto alla fase di emergenza le tappe per costruire velocemente la fase della ricostruzione.

L’Unità 19.05.13

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“Privato più pubblico, qui la vera ricostruzione”, di Paolo Bonaretti

L’Imprea delle imprese. Poco meno di un anno fa di fronte alla tragedia del terremoto, l’Italia intera si trovava di fronte al rischio che un pezzo importante della struttura produttiva venisse messo definitivamente in ginocchio, incidendo profondamente sull’aggravamento della crisi strutturale che il Paese attraversava e tuttora attraversa. Per la prima volta un sisma così devastante aveva colpito un territorio fortemente industrializzato, con una significativa concentrazione di settori a competitività medio alta. Per mesi la pro- duzione si è fermata in molti stabilimenti e comunque, alla fine, sono stati persi quasi 2.500 posti di lavoro. Per la prima volta da molti anni l’Emilia Romagna ha avuto un differenziale negativo di Pil rispetto al Nord industrializzato, interamente attribuibile all’impatto economico del sisma. La reazione del territorio e delle imprese, del lavoro e delle istituzioni è stata forte, determinata e costante in tutti questi mesi. Quasi un anno fa 3.671 imprese avevano chiesto la cassa integrazione per 41.335 lavoratori; oggi sono 157 le imprese che hanno chiesto la proroga per 2.627 addetti. Un risultato impressionante, reso possibile da una comunità che ha creato le condizioni per che ciò accadesse, facendo ricorso ai valori profondi di quel territorio e a una coesione che ha consentito ai diversi soggetti di agire e confrontarsi in modo anche aspro, ma con una sostanziale fiducia e rispetto reciproci. Una comunità che ha risposto sempre con compostezza e determinazione anche di fronte alle insufficienze del governo centrale, che a volte nei comportamenti del (per fortuna ex) ministro Grilli, assumevano il sapore della provocazione.

Fin dall’inizio la scelta fu quella di puntare sulla priorità dell’impresa e del lavoro. I lavoratori hanno partecipato attivamente alla ricostruzione e alla messa in sicurezza dei posti di lavoro, si sono recuperati i macchinari e ricominciato a produrre in strutture provvisorie. Le imprese rimaste attive in alcuni casi hanno realizzato lotti di produzione per conto di altre imprese, affinché non perdessero ordini e mercati. Le attività di ricerca industriale non si sono fermate e diversi ricercatori delle imprese hanno continuato la loro attività presso locali e laboratori messi a disposizione dall’Università e dal Cnr. Si è puntato sulla presenza alcuni settori anticiclici come il biomedicale e l’alimentare per realizzare forme di intervento rapido anche in forma solidarististica (come l’acquisto consortile degli stock di Parmigiano danneggiati) che hanno consentito la ripartenza: è proprio dei giorni scorsi la notizia di imprese del biomedicale che con la ricostruzione hanno investito ulteriormente e procedono oggi a decine di nuove assunzioni.

La Regione ha comunque tenuto aperto il confronto anche duro e serrato col sistema bancario, un rapporto molto stretto con la Cassa Depositi e Prestiti, per poter garantire anticipazioni, liquidità e, soprattutto, certezza dei finanziamenti. Certo non tutto è funzionato alla perfezione e si può fare sempre meglio, come ha sottolineato il presidente Errani, ma questa fiducia reciproca e il quadro di certezze hanno contribuito anche a consolidare la determinazione degli im- prenditori che hanno spesso anticipato con risorse proprie o con accesso al credito gli investimenti di ripristino e ricostruzione. Tra l’altro una lungimirante prudenza degli imprenditori in molti casi (molti più di quanto si pensasse) aveva assicurato il patrimonio tecnico e immobiliare delle aziende e le compagnie assicurative, nell’area, hanno già messo in pagamento 500 milioni e impegnato oltre un miliardo.

Un grande risultato reso possibile anche dalla rinuncia a una gestione centralizzata e da una strategia che ha coinvolto tutti i soggetti imprenditoriali e istituzionali. Insomma nella gestione della ripresa Errani, prima ancora che bravo commissario, è stato un buon presidente e ha dimostrato che la buona politica contribuisce allo sviluppo dell’economia, del lavoro e della comunità.

L’Unità 19.05.13