Mese: Maggio 2013

"Pensioni, si riaprono i giochi", di Nicola Mondelli

Il tema della previdenza torna ad agitare la scuola. Sia tra il personale scolastico in servizio con contratto a tempo indeterminato, infatti, che tra le decine di migliaia di docenti e Ata precari, si sta registrando una certa preoccupazione per le voci, sempre più insistenti, di possibili modifiche alle norme previdenziali in vigore introdotte dal decreto legge n. 201/2011 (riforma Fornero), a condizione che si reperiscano i fondi necessari, che sarebbero all’esame del governo in carica. Nell’ambito delle ipotizzate modifiche ci sarebbe anche la soluzione, da tempo auspicata, del problema sollevato da alcune migliaia di docenti e di personale Ata che non hanno potuto fare valere, ai fini pensionistici, i requisiti richiesti dalla normativa previgente l’entrata in vigore del predetto decreto legge «quota 96» perché tali requisiti li maturavano entro l’anno scolastico 2011/2012 e non entro il 31 dicembre 2011, come richiedeva l’art. 24 del decreto. Sul personale della scuola le modifiche potrebbero da un lato consentire soprattutto al personale femminile di accedere alla pensione con una età anagrafica meno elevata rispetto a quella attualmente …

Musei: Ghizzoni (Pd), bella iniziativa ministro Bray su accesso bimbi extracomunitari

“E’ una iniziativa molto bella, finalmente nei musei i bambini saranno tutti uguali, senza barriere di nazionalità”. Lo afferma Manuela Ghizzoni, vicepresidente della commissione Cultura di Montecitorio, commentando la decisione del Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Massimo Bray, di ‘consentire l’accesso gratuito ai luoghi della cultura sul territorio nazionale anche ai minori extracomunitari’. Manuela Ghizzoni aggiunge inoltre: “i bambini extracomunitari, che vivono nel nostro paese, frequentano le nostre scuole, si esprimono con la nostra lingua, e sono così soggetti attivi della società italiana, avranno una ulteriore opportunità per condividere il nostro patrimonio culturale e frequentare i luoghi della nostra cultura”.

"Quel sindaco circense tra pajata e parentopoli", di Filippo Ceccarelli

Alemanno uguale Aledanno. Ma per una volta, e con l’aiuto degli elettori, il danno è tutto per lui. O quasi. Si dirà: alla buon’ora! Troppi guasti paiono ormai difficilmente rimediabili, per Roma. Ma che almeno sia d’insegnamento ai romani, anche fuori tempo massimo, l’aver accordato fiducia a un politico rivelatosi tra i peggiori sindaci che la recente storia capitolina ricordi. E adesso si avrebbe persino scrupolo ad assestare il classico calcio del somaro, guai ai vinti, ma gli scrupoli necessariamente si attenuano rispetto alla più colpevole mancanza di memoria, per cui i potenti dispongono di costosi apparati adibiti a «far credere» e nessuno ricorda nulla, soprattutto con quali slanci e aspettative cominciano le esperienze e le avventure del potere municipale, per cui Alemanno, da poco eletto, si consentì addirittura di proclamare, con cieca determinazione: «Siamo stanchi dei troppi cretini al comando». Anvedi. Era il marzo del 2009, e aver visto il sindaco di notte alle prese con la possibile inondazione del Tevere, autenticamente preoccupato sotto la pioggia sui muraglioni del fiume, poteva perfino rendere innocente …

"Quei femminicidi non in nome dell’amore", di Sara Ventroni

I fatti sono avvenuti a Corigliano Calabro ma potevano accadere ovunque. La geografia non c’entra. Tantomeno il folklore. Le donne vengono uccise al sud come al nord. In una strada sterrata di provincia come in un appartamento di città. I mariti, i compagni, i fidanzati omicidi sono insospettabili professionisti o disoccupati. Hanno sessant’anni oppure diciassette. L’unico dato certo è che la deformazione affettiva nelle relazioni tra gli uomini e le donne non conosce frontiere di luogo, né di status. Non guarda in faccia ai titoli di studio, e non dipende dal conto in banca. Ricchezza o povertà, qui, non illuminano i fatti. I dati ci dicono, anzi, che dove le donne lavorano e sono indipendenti nel nord dell’Italia, come nel nord dell’Europa le violenze sono più frequenti. La costante dell’intreccio ossessivo e prevedibile è dunque da cercare altrove. La trama è piuttosto elementare: lei ha deciso di andarsene, di troncare; oppure ha bisogno di una pausa di riflessione. Lo dice, lo spiega, lo scrive. Ma lui non ci sta. La morte di Fabiana non fa …

"La protesta è diventata alienazione", di Elisabetta Gualmini

Li hanno provati e hanno capito che non sono tanto diversi da tutti gli altri. I grillini dalle facce nuove e sconosciute alla politica, quelli «troppo inesperti per poter rubare», i politici-cittadini «proprio come noi» non hanno convinto gli elettori a chiedere il bis. Il Movimento 5 Stelle ha perso un po’ dovunque nei comuni in cui si è presentato, dopo lo straordinario successo di tre mesi fa. Una nemesi storica a velocità supersonica, di proporzioni vistose. E lo sboom più che andare agli altri partiti è andato verso l’astensione. Se a febbraio Grillo aveva tirato per i capelli cittadini spazientiti, ma disponibili a fare il tentativo più estremo, buttandosi pancia a terra su una novità, ieri nemmeno le urla e i cori sbracati di tutti-a-casa non sono bastati. Più che rinunciatari o ribelli, in gruppi ora cospicui, i cittadini italiani tenderanno a cadere nella categoria dei «politicamente alienati». Di chi si sente totalmente estraneo rispetto alle istituzioni della democrazia rappresentativa. E non se ne cura più. Il caso di Roma è emblematico. Solo un …

"La primavera dello scontento", di Massimo Giannini

In queste amministrative c’è la primavera del nostro scontento. Quando un elettore su due resta a casa e rinuncia al rito civile del voto, la crisi della democrazia rappresentativa è compiuta. Il dato che colpisce di più, in un test elettorale che interessava 7 milioni di italiani, è il trionfo del partito astensionista. Se alle politiche di febbraio lo tsunami grillino aveva spazzato via i «vecchi» partiti, stavolta la vera onda anomala è quella del non voto, che non è più protesta «creativa», cioè ricerca del candidato o della lista che rompono tutti gli schemi. È invece rinuncia preventiva, cioè scelta di chi non vuole più scegliere. Perché lo considera inutile, e perché sente che la democrazia è ormai solo procedura di palazzo, e non più «cura» della polis. Se la democrazia rappresentativa non mi rappresenta perché non risolve i problemi della mia vita quotidiana, il mio voto non serve. Bisogna guardare innanzitutto dentro questo drammatico abisso che divide politica e società, per non caricare il voto di significati troppo «paradigmatici ». Ma al fondo …