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“Piombino vertenza italiana. Tutti difendono l’acciaieria”, di Silvia Gigli

La vertenza Piombino è la vertenza Italia. È da questo piccolo grande distretto siderurgico bagnato dal Tirreno e affacciato sull’isola d’Elba che può ripartire il futuro industriale italiano. Ne sono convinti i tre segretari confederali di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti che ieri hanno accompagnato la lunga marcia delle diecimila tute verdi delle acciaierie ex Lucchini che hanno sfilato insieme a centinaia e centinaia di colleghi dell’indotto e di Piombino e della Val di Cornia per chiedere che la città non chiuda, che l’acciaieria non muoia. Operai, studenti e commercianti sono scesi in piazza in una Piombino completamente chiusa dove tutti i negozi hanno aderito alla manifestazione con la serrata generale. FARE MURO È un grido di dolore ma anche di rabbia quello che sale alle labbra del sindaco della città livornese, Gianni Anselmi: «Da quando è svanito il sogno siderurgico di Piombino, viviamo una situazione drammatica. Stiamo attraversando una temperie durissima, per migliaia di famiglie. Oggi dobbiamo fare muro. I governi non devono solo risolvere i problemi di equilibrio politico ma devono dare risposte, perché questa città non può e non deve morire». In attesa dell’incontro con il premier Letta che è stato convocato per il prossimo lunedì, il segretario Cgil Camusso bacchetta il ministro per lo Sviluppo economico: «A Zanonato dico che non si può aprire un tavolo e dire che la situazione è grave e poi cala il silenzio. Se Piombino chiude, non si fa così politica industriale. Intanto chiediamo dove sono le risorse. Cosa costerebbe la Cig per Piombino? Secondo noi, le risorse necessarie per non fermare l’altoforno sono meno di quello che si spenderebbe per gli ammortizzatori sociali». «Siamo qui perché non vorremmo assistere a un funerale – dice duro Luigi Angeletti – Questa è una vertenza che può decidere il futuro industriale di questo Paese ma la nostra classe politica non se ne rende conto e pensa solo che un po’ di cassa integrazione e di mobilità bastino a dare sollievo. Noi non vogliamo e non possiamo accettare la chiusura delle acciaierie di Piombino. Perché questa sarebbe la fine. La produzione di acciaio è strategica, solo così si avranno benessere e competitività. All’incontro con Letta parleremo anche di questo. Occorre ripensare un tabù, quello per cui lo Stato italiano non deve intervenire nell’economia e sostenere i settori strategici. È ora di dire sul serio che lo Stato italiano non può limitarsi a mettere i soldi in una banca, come è avvenuto nella vostra regione, perché una banca non può fallire e gli operai invece possono andare a casa. Non possiamo accettare un futuro in cui gli operai siderurgici tedeschi vanno in vacanza in Italia e quelli italiani vanno in Germania come emigranti. Ecco perché questa di Piombino è una vertenza simbolica». «La ricchezza del Paese è, per l’appunto, la produzione industriale – gli fa eco Raffaele Bonanni – e allora perché lasciarla morire? Non comprendiamo tanta freddezza. Ora il governo ha superato il suo dosso e affronti con noi questo problema». A dare progettualità alla protesta ci pensa il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, quando dal palco di Piombino parla di un grande piano di conversione ecologica della siderurgia. «L’industria europea – spiega Rossi – ha ancora un grande bisogno di acciaio. Se vogliamo rilanciare l’Europa dobbiamo pensare di nuovo al lavoro e quindi all’industria. Ma oggi si impone un nuovo modello di sviluppo più sostenibile socialmente e ambientalmente. La conversione ecologica degli impianti della siderurgia è possibile: il Corex è il nostro obiettivo. Può produrre e impiegare migliaia di unità di lavoro con un impatto ambientale neanche paragonabile a quello dell’altoforno. Può produrre anche energia per abbattere i costi del forno elettrico. Ecco il nostro piano: Corex e forno elettrico». Rossi chiede al governo di investire risorse e all’Europa di fare la sua parte. Anche perché, continua, la Toscana sta facendo la sua per l’ammodernamento infrastrutturale del porto e per la viabilità dell’area industriale di Piombino, con un investimento di 150 milioni di euro, ovvero due terzi di quanto necessario. Uno sforzo per far sì che le grandi navi possano transitare da Piombino e che lì si possano rottamare le navi europee in modo corretto e pulito. Costa Concordia per prima.

L’Unità 04.10.13