Giorno: 6 Ottobre 2013

Lo «Stato d’arrivo» non resti solo, di Vincenzo Cesaro*

Mentre assistiamo sgomenti all’ennesima tragedia che ha visto morire nelle acque di Lampedusa centinaia di persone in fuga dalle proprie terre nel tentativo di raggiungere le nostre coste, diventa sempre più necessario, doveroso e urgente un intervento non solo su scala europea ma anche su quella globale. In particolare a livello europeo diventa improrogabile rivisitare le norme di Dublino, in base alle quali è il primo Stato d’arrivo quello che deve farsi carico dei profughi. Di conseguenza l’Italia, per la sua posizione geografica, ne risulta oggettivamente penalizzata. La Commissaria europea agli Affari interni, Cecilia Malmström, ha assicurato di volere sostenere l’Italia nel far fronte a tali situazioni. Lo stesso premier Enrico Letta ha richiesto fermamente l’intervento della Ue e ha affermato che intende modificare le politiche migratorie nel corso del semestre di presidenza italiana. Anche il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha sollecitato una maggiore collaborazione, in quanto l’Italia non può assumersi da sola l’onere degli sbarchi. La posizione di Papa Francesco è chiara e decisa: in luglio a Lampedusa ha denunciato la “globalizzazione dell’indifferenza”. Lo …

“Quel vuoto (in inglese) da colmare”, di Luigi Berlinguer e Jo Ritzen

L’Italia ha un grandioso passato. Non c’è motivo alcuno per non aspettarsi un futuro di piena occupazione o quasi per i cittadini italiani, modalità di produzione e consumo più sostenibili, così che anche i nostri figli e i nostri nipoti possano godere dei privilegi di una bella vita. Non c’è neppure motivo di escludere in futuro una minore disparità di reddito, così che tutti abbiano un giusto incentivo per impegnarsi a fondo nella società, sapendo che gli utili saranno divisi equamente. Non ci si deve disperare pensando che i bei tempi sono ormai finiti e che l’Italia – come la maggior parte dell’Europa – stia lentamente ma inesorabilmente perdendo il vantaggio della propria competitività nel mondo e debba di conseguenza rinunciare al proprio benessere perché non se lo può più permettere. Tuttavia, nulla avviene senza impegno. Ritrovare la piena occupazione e arrivare a una crescita sostenibile impone di cambiare e avrà un prezzo per coloro che non saranno disposti a farlo. Il cambiamento è sempre stato una componente essenziale del progresso umano. I cambiamenti ai …

“La stanchezza dell’Occidente”, di Massimo Recalcati

L’esaurimento è una reazione alle sirene dell’edonismo esasperato che produce anche la precarietà sociale ed economica Il fenomeno nasce dal “principio di prestazione”, che costringe la vita a essere “produttiva” e l’individuo ad affermare se stesso. Recentemente il sociologo coreano Byung-Chul Han ha proposto l’immagine della stanchezza come chiave interpretativa della nostra epoca. Qualcosa si è esaurito, è scaduto, è divenuto privo di forza. In contrasto solo apparente con questa stanchezza di fondo il nostro tempo sembra sostenuto da una corrente eccitatoria permanente. Come intendere questa oscillazione bipolare tra frenesia e stanchezza? Tutti ci lamentiamo di come il tempo della nostra vita sia incostante accelerazione. Rocco Ronchi per definire questa tendenza ha evocato l’immagine della “mobilitazione generalizzata” con la quale Ernst Jünger aveva definito il tempo caotico della prima guerra mondiale. La nostra mobilitazione permanente non ha però come bussola la difesa del suolo, dell’identità, dei confini. Noi non abitiamo piuttosto il tempo della liquefazione di ogni identità, della contaminazione, della globalizzazione, della relativizzazione di tutti i confini? Questo significa che l’attuale mobilitazione in cui …

“Ciao Carlo Lizzani cronista del 900”, di Alberto Crespi

In questo giorno così triste poca è la voglia di parlare di cinema. Carlo Lizzani, scomparso ieri all’età di 91 anni (era nato a Roma il 3 aprile 1922), era molto più di un semplice regista. Per noi dell’Unità era prima di tutto un amico e un compagno di strada, che tante volte ha scritto per il giornale (ad esempio in occasione del Nobel a Dario Fo, vecchio amico che diresse nel film Lo svitato, del 1956) e ci ha raccontato storie importanti a cavallo fra arte e politica. L’amico e compagno va salutato a testa alta, rispettando la sua scelta estrema che già ieri, nei resoconti dei siti web, veniva paragonata a quella di Mario Monicelli: altro amico, altro maestro. Massimo rispetto per chi decide come e quando andarsene, anche se per chi rimane il dolore è terribile e il rimorso incancellabile. Venendo all’opera di Lizzani, la parola «regista» continua a essere riduttiva. Carlo è stato uno storico, un intellettuale, un operatore culturale (memorabile la sua direzione di Venezia, che rilanciò la Mostra a …

“Una sinistra che alzi la testa”, di Claudio Sardo

L’immane tragedia di Lampedusa, che difficilmente concluderà la sequela di morte nel mediterraneo, ci ha messo di fronte alle nostre responsabilità, alla nostra colpevole indifferen-a, alle nostre leggi sbagliate, agli egoismi della nostra Europa. Ma ci ha messo di fronte anche ai grandi, sconvolgenti cambiamenti di questo tempo. Mai la storia è stata così accelerata. Mai la politica degli Stati così impotente, fra trasmigrazioni bibliche, guerre senza fine, dominio della finanza, povertà assolute. Eppure mai l’uomo ha avuto tante potenzialità come oggi, tante opportunità, tante ricchezze materiali e non. Siamo davanti a forme inedite di schiavitù, di dominio dell’uomo sull’uomo, anzi del denaro, delle cose, sull’uomo. Ma al tempo stesso abbiamo le conoscenze, gli strumenti, le risorse per migliorare la vita delle persone e delle comunità. Anziché distruggerla, potremmo partecipare a un ampliamento della creazione. È qui il compito di una sinistra degna di questo nome. Dare battaglia lungo il crinale dei nuovi poteri, delle disuguaglianze più tremende, delle sottomissioni che portano alla morte, e della politica che invece può redistribuire occasioni di vita, di …

“L’eclissi del cannone”, di Benedetto Vertecchi

C’è qualcosa che non convince nel dibattito sull’educazione occidentale. Per certi versi sembra che lo sviluppo dei sistemi scolastici costituisca un impegno prioritario per i responsabili politici dei diversi paesi, e che tale impegno trovi consenziente l’opinione pubblica. Lo sviluppo si gioverebbe, oltre che della sensibilità e dell’esperienza degli insegnanti, dell’apporto conoscitivo assicurato da un gran numero di ricercatori specializzati nei diversi settori della conoscenza educativa. Sembrerebbe, dunque, che esistano condizioni favorevoli perché alla crescita quantitativa, che ha caratterizzato lo sviluppo culturale e la storia sociale degli ultimi secoli, segua un adeguamento qualitativo, conforme alle esigenze che si sono venute progressivamente manifestando e che è presumibile emergano in una prospettiva anche non lontana. Ma, d’altro canto, sono sempre più diffusi atteggiamenti critici. Ci si chiede quali siano gli effetti dell’educazione scolastica e se sia giustificato l’imponente impegno di risorse necessario per assicurare l’istruzione per un numero consistente di anni alla generalità di bambini e ragazzi. Negli ultimi decenni del Novecento si è affermata la convinzione che il raggiungimento da parte dei sistemi educativi di traguardi …

“Le mosse dell’Europa sullo scacchiere siriano”, di Ferdinando Salleo

La rapida successione delle mosse diplomatiche di Lavrov e di Rouhani, innestate sulla crisi siriana, lascia intravedere la formazione di equilibri politici nel Mediterraneo e nel Medio Oriente in un assetto in cui, alla fine, il destino di Damasco e di quelle sventurate popolazioni passerà in secondo piano. Approfittando abilmente dell’imbarazzo di Washington per le avventate minacce ad Assad, non condivise dal Congresso e meno ancora dall’opinione pubblica, delle contraddizioni tra i Paesi arabi del Golfo e dell’assenza dell’Europa, la diplomazia russa ha riportato il Cremlino tra i protagonisti senza i quali sarà impossibile una soluzione regionale. L’altro protagonista è l’Iran che esce dall’isolamento diplomatico dove lo aveva ridotto Ahmadinejad e usa la questione nucleare per avanzare forme di compromesso in cui la formula “giapponese” assortita di garanzie internazionali tutte da verificare (approntare i presupposti fermandosi alla soglia dell’armamento) e l’atteso mitigarsi delle sanzioni conferisca a Teheran un ruolo sub-egemonico che valorizzi l’arco sciita che va dall’Iran al Libano. La belligeranza di Netanyahu non trova più la sponda americana, pur tiepida, e deve fare i …