attualità, politica italiana

“La sub-cultura reazionaria”, di Claudio Sardo

Beppe Grillo è un reazionario. Non lo scopriamo oggi. La sua contrarietà alla cittadinanza per i figli di immigrati nati in Italia è la stessa della destra più becera. I toni con i quali cavalca le paure contro i rom, contro Schengen, contro i «cento, mille Kabobo» che vivono nel nostro Paese, sono quelli dei leghisti. E il suo silenzio dopo gli insulti razzisti alla ministra Kyenge è una vergogna a cui persino la destra e la Lega hanno cercato di sottrarsi.

Eppure ieri mattina, quando abbiamo letto del «no» – espresso insieme al suo compare Gianroberto Casaleggio – all’abolizione del reato di clandestinità proposta da due senatori del M5S, siamo rimasti offesi e indignati. Non ci aspettavamo la volgarità della giustificazione politica: a noi non conviene sostenere i principi di civiltà perché sono impopolari. Ancora: i parlamentari Cinque stelle non devono pensare in proprio, devono seguire l’istinto del popolo, il suo umore. Sono delegati, non uomini liberi. E non devono diventarlo, altrimenti il partito di Grillo rischierebbe di ridursi a percentuali da «prefisso telefonico». Il mix tra la sub-cultura razzista e questa idea autoritaria della democrazia è spaventoso. Viene da chiedere, a chi ha usato Grillo come sponda, se questo è un alleato credibile nella difesa dei principi della Costituzione. Grillo quei principi li disprezza. Non solo perché delimita i diritti fondamentali ai cittadini, negandoli alle «persone». Ma anche perché esprime una concezione della rappresentanza e delle istituzioni, che fa a cazzotti con le idee democratiche sedimentate nel tempo e concretizzate nel nostro Paese al prezzo della vita di molti italiani. Si può difendere la Costituzione insieme a Grillo e a Casaleggio? No, bisogna difendere la Costituzione da costoro (e forse è il caso di fare in questa legislatura un’opera di manutenzione del sistema parlamentare, per evitare che nella prossima la deriva presidenzialistica possa avere il sopravvento).

La giornata di ieri però ci ha dato un segno di speranza. Tra i parlamentari Cinquestelle e tra i fans di Grillo la reazione ci è parsa più forte che nel passato. Perché sostenuta da una ragione morale, oltre che politica. Anche questa è, in una certa misura, una conferma. Quel movimento, quegli elettori esprimono domande e sentimenti che Grillo e Casaleggio non possono rappresentare da soli. Quella spinta contiene posizioni critiche e istanze innovative, con cui bisogna confrontarsi. Speriamo che i presentatori dell’emendamento non si facciano intimidire. Speriamo che un numero consistente del gruppo M5S al Senato si ribelli a Grillo sul reato di clandestinità, e poi sulla Bossi-Fini. Le nostre leggi sull’immigrazione vanno cambiate. Anche se c’è tanta paura in questa società morsa dalla crisi, dobbiamo dotarci di leggi serie, equilibrate, degne della nostra Costituzione personalista. Il Parlamento, espressione della sovranità popolare, deve spingere anche il governo a fare ciò che il governo da solo non è capace di fare.

L’Unità 11.10.13