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“Quella legge dimenticata nei cassetti del Senato”, di Michela Marzano

Decisamente l’Italia non è un paese per omosessuali. Non lo è ancora. E chissà per quanto tempo, in Europa, continuerà ad essere l’ultima della classe in tema di diritti. Non perché negli altri paesi europei tutti siano d’accordo sulla necessità di legiferare sul matrimonio gay e sull’adozione da parte delle coppie omosessuali. Al contrario. Anche in Francia e in Inghilterra, dove pure le coppie omosessuali possono ormai sposarsi, esistono nell’opinione pubblica dubbi e perplessità. In nessun altro paese europeo, però, esistono dubbi sulla necessità di una legge contro l’omofobia. In nome dell’uguaglianza e della libertà di tutti, non si tollera più da molto tempo che alcune persone possano essere discriminate o, ancora peggio, sbeffeggiate o insultate solo perché non eterosessuali. Come è possibile allora che in Italia non si riesca nemmeno ad approvare una legge contro l’omofobia? Perché ancora tanta ipocrisia?
Con la scusa che l’allargamento della legge Mancino agli atti di omofobia potesse mettere a repentaglio la libertà di opinione di alcuni, non solo la Camera ha approvato nel mese di settembre un testo del tutto insoddisfacente, ma questo stesso testo giace oggi al Senato dimenticato, senza che nessuno si preoccupi di metterne la discussone all’ordine del giorno. È come se le discriminazioni degli omosessuali non interessassero più la politica. Come se, di fronte alla crisi economica del Paese, il diritto al rispetto e alla pari dignità di alcune persone (sempre le stesse, sempre i “diversi”) passasse necessariamente in secondo piano. Ma a che cosa serve dichiararsi sconvolti di fronte al suicidio di un ragazzo gay quando non si è poi disposti a riconoscere l’urgenza di legiferare per evitare che tante persone vengano emarginate, insultate, offese e maltrattate proprio perché non eterosessuali? A che serve piangere la morte di un ragazzo quando poi in Parlamento si pretende che una legge contro l’omofobia possa creare nuove forme di discriminazione?
“L’omosessualità non è un diritto”, scriveva qualche mese fa Piero Ostellino sul
Corriere della Sera,
criticando la proposta di legge contro l’omofobia che si discuteva alla Camera. “L’omosessualità è un dato di fatto, uno spicchio della realtà”. E in fondo aveva ragione. Peccato poi che il ragionamento non seguisse le premesse. E che Ostellino, invece di concludere affermando che quello “spicchio di realtà” aveva diritto all’esistenza esattamente come il resto della realtà, concludesse definendo la legge contro l’omofobia “un anacronismo”. Lo sarebbe se gli omosessuali avessero il diritto di vivere come tutti gli altri. Lo sarebbe se nel nostro Paese non esistessero discriminazioni e odio. Ma purtroppo, come mostra quest’ennesimo suicidio, non è cosi. E non lo sarà chissà ancora per quanto tempo.

La Repubblica 27.10.13