Giorno: 24 Dicembre 2013

Sisma, parlamentari Pd “A rischio la proroga delle tasse”

Con la rinuncia al decreto “Salva Roma”, si auspica l’inserimento nel Milleproroghe. La proroga delle tasse per le aree terremotate è a rischio: il Governo ha deciso di rinunciare alla conversione in legge del decreto “Salva Roma” dove il lavoro pervicace dei parlamentari Pd aveva permesso di inserire la misura. “Lavoreremo – spiegano ora i parlamentari modenesi del Pd Davide Baruffi, Carlo Galli, Manuela Ghizzoni, Edoardo Patriarca, Giuditta Pini, Matteo Richetti e Stefano Vaccari – e siamo fiduciosi che il Governo accolga la nostra richiesta, per inserire il provvedimento nel decreto Milleproroghe che l’Esecutivo esaminerà il 27 dicembre”. Il Governo, pressato dalle polemiche, visto anche il parere contrario del presidente Napolitano, ha deciso di rinunciare a convertire in legge il decreto “Salva Roma”: è in quel provvedimento che, grazie al lavoro pervicace dei parlamentari Pd, si era riusciti ad inserire una norma fondamentale per le imprese e i cittadini delle aree del cratere sismico, la proroga del pagamento delle tasse. “Si tratta di una misura attesa, che può dare una boccata di ossigeno alle imprese …

Musei e turismo il «tafazzismo» dell’Italia, di Vittorio Emiliani

Il doping delle tesi preconcette, o precotte, più sbagliate ci è orami entro in vena. Domanda Fabio Fazio al Ministro Massimo Bray perché al Metropolitan Museum vadano molti più visitatori che ai nostri Uffizi. Domanda che non sta in piedi, anzitutto per ragioni fisiche: il milione e 700 mila visitatori degli Uffizi, se raddoppiati o triplicati, non ci «starebbero» (in attesa del raddoppio del Museo) e però il Polo museale fiorentino – che brilla di tante stelle – ha registrato nel 2012 oltre 5 milioni di visitatori, cifra vicina a quella del Met. Che peraltro pratica il prezzo «consigliato», cioè i visitatori danno quanto gli aggrada: circa 10 dollari a testa. Meno di quanto costa, in media, il biglietto in Italia. Agli Uffizi 15 euro, i ridotti 11,75. Quindi, domanda mal posta. Che ne presuppone in genere un’altra (errata). Perché all’estero i grandi mu- sei «sono macchine da soldi» e in Italia no? Una balla sonora. Allo stesso Metropolitan biglietti e altri proventi coprono soltanto ad una metà dei costi, il resto lo si colma …

“Scuola, siamo prigionieri delle classifiche” di Giulio Ferroni

Qualche volta viene da pensare che l’umanità contemporanea (in primo luogo nel nostro Occidente) sia minacciata dall’insinuarsi di un universale cretinismo, che si insinua anche dentro le più sofisticate competenze, entro le più fulminee intelligenze, entro le più dinamiche abilità: è quello che scaturisce dall’ossessione della classificazione. Cio è, dall’invadente pratica delle valutazioni accompagnate da conseguenti classifiche. Classifiche che vengono elaborate attraverso strumenti di ben rodata tecnologia, impiego di professionalità di alto livello: tecnologia e professionalità divalidissime nel loro campo specifico, ma convogliate e deformate nel loro tendere a costruire classifiche discriminanti, che giungono a toccare i territori più diversi della vita, computati e misurati numericamente anche quando la loro sostanza sembrerebbe escludere ogni risoluzione in calcoli e ogni comparazione numerica. Che c’è di più impalpabile della felicità? Di quella cosa indefinibile tanto cercata e mai davvero raggiunta, scoperta abbastanza tardi dalla storia umana e sempre sfuggita? (del resto chi ha preteso di imporla sull’insieme sociale ha in genere prodotto infelicità e disastri). Eppure anche della felicità si fa una classifica, al più alto livello …

“Cancellare i Cie è possibile”, di Luigi Manconi

Ma è possibile abolirli, questi Cie? Penso seriamente, ragionevolmente e persino pacatamente di sì. Centri di identificazione e di espulsione possono essere aboliti. Svuotandoli delle loro motivazioni costitutive, mostrandone l’inadeguatezza e l’inefficienza, rivelandone la miseria. Ovvero argomentandone la totale insensatezza. Quelle bocche cucite dei trattenuti di Ponte Galeria, a Roma, ci costringono a parlarne. Quel silenzio auto inflitto con gli aghi ricavati in maniera rudimentale dagli strumenti della vita quotidiana ci forza a dire ciò che finora sembrava indicibile. I Cie non rispondono a nessuna ragione né di sicurezza né di umanità; peggio: deridono la sicurezza e oltraggiano l’umanità. Sono «non luoghi» sprofondati in un non tempo: un tempo totalmente vuoto, privo di qualunque attività che non sia quella meramente fisiologica. Ma, accertato tutto ciò, torna la domanda: possono essere aboliti i Cie? In questi centri, allo stato di migrante irregolare, magari disconosciuto dal proprio paese d’origine, o in fuga da esso, si aggiunge talvolta il marchio di una condanna penale, seppure per fatti di minimo disvalore sociale. Ecco, questi sono gli «ultimi», cui si …

“Che gogna che fa”, di Massimo Gramellini

Dopo ben più illustri colleghi, ieri è toccato persino a me. II sito di Grillo mi ha inquadrato come giornalista del giorno, scatenandomi addosso i consueti cinque minuti d’odio. Vaffa qui, vaffa là, servo su, verme giù. Sono rimasto sconvolto. Non dagli insulti, ma dagli attestati di solidarietà. Un collega francese mi ha scritto: «E’ come ricevere la Légion d’honneur. Ti invidio!». Ma cosa ho mai fatto per meritarmi questa medaglia? Poco, purtroppo. Nel raccontare a «Che tempo che fa» lo svarione del Pd sul folle emendamento che puniva gli enti locali ostili al gioco d’azzardo, ho ricordato la parata di Renzi per sventare l’autogol. Secondo Grillo avrei invece dovuto sottolineare che l’emendamento era stato osteggiato dai Cinquestelle. Verissimo. Però è Renzi, non Grillo, che ha costretto il Pd a cambiare idea. Ed era quello il tema del mio intervento, tutt’altro che elogiativo nei confronti dei democratici. L’Italia naviga intorno al cinquantasettesimo posto nella classifica della libertà di stampa, ma se i politici continueranno a mettere i giornalisti alla gogna rischiamo di farla scendere ancora …

“La mossa del padrone”, di Lucio Caracciolo

La Russia è Vladimir Putin. O almeno così pare. Il padrone del Cremlino decide e revoca, premia e punisce, fissa la rotta e tiene la barra. Lo spettacolare doppio colpo di Natale, con la grazia a Mikhail Khodorkovskij e la scarcerazione delle Pussy Riot, conferma che Putin resta l’alfa e l’omega del sistema. Il vertice della “verticale del potere”, che nella sua visione — in ciò non diversa da quella degli zar o dei bolscevichi — è la condizione stessa dell’esistenza della Russia. Il titolo di uomo più potente del pianeta, assegnatogli quest’anno prima da Foreign Policy poi da Forbes, è dunque ben meritato. La questione è semmai quanto solidi siano i superpoteri di Putin. E quanto utili al suo paese. Con un tasso di approvazione del 61%, la sua popolarità resta alta. Le recenti performance, dal caso Snowden alla Siria e all’Ucraina, ne esaltano l’abilità strategica e diplomatica. TALE da permettersi quell’aria di annoiata sufficienza che tanto infastidisce Obama, e non solo lui. La piazza di Mosca, dopo una intensa ma breve stagione di …