attualità, politica italiana

"Ma per il premier il voto non consente rinvii sulla Commissione", da L'Unità

La Germania non come “nemico” ma come “modello”. Buona parte
delle risposte che gli italiani hanno sollecitato con il voto dipendono dall’Europa e Renzi approfitta dell’intervista ad alcune importanti testate europee per confermare i suoi «ottimi rapporti» con Angela Merkel, ma per ribadire anche che «l’impostazione di fondo» dell’Ue «non deve essere centrata sull’austerità» ma puntare alla crescita, all’occupazione e alle riforme. I riconoscimenti al modello tedesco – il presidente del Consiglio cita «il mercato del lavoro o la struttura pubblica» – non possono annebbiare le diversità «su tante questioni», a partire – appunto – dal rigore come imperativo assoluto. Se Romano Prodi sollecita «un blocco forte» di paesi europei – «Italia, Francia, Spagna, Austria» – che «sblocchi» l’Unione, e se il professore dopo aver gettato il sasso cerca di nascondere la mano sottolineando che non pensa a un patto «antitedesco», Renzi per il momento si mantiene cauto. Mettendo a punto le mosse per la partita che si gioca a Bruxelles, tuttavia, nel governo si fanno i conti sui possibili alleati, perché i tempi stringono e senza cambi di passo in Europa sarà difficile mantenersi all’altezza del voto in Italia. La legge di stabilità, tra l’altro, è ormai dietro l’angolo. L’obiettivo è quello di «convincere» la cancelliera a imboccare in concreto una strada nuova e una sponda in tal senso può essere costituita dall’Spd rafforzato dal voto. Anche Renzi però conta sulla Francia, sulla Spagna e sugli altri paesi a cui Prodi allude. Secondo i suoi collaboratori le urne hanno fatto emergere in Europa due personalità altrettanto rilevani, Renzi e Merkel appunto. E per dirla con un parlamentare della minoranza Pd «Matteo può godere oggi di un effetto psicologico positivo. L’Italia che veniva guardata dall’alto in basso per l’effetto Berlusconi adesso, al contrario, può contare su un premier che molti europei vorrebbero alla guida del proprio Paese. Basta pensare alla sconfitta del Partito socialista francese per rendersene conto…». Con il credito ottenuto dal successo del Pd, superiore a qualunque altro partito europeo, Renzi non può mancare obiettivi importanti per l’Italia. Anche dal punto di vista dei «posti di potere» che – come spiegava ieri a La Stampa, El Pais, Le Monde, ecc – lo interessano meno «dei posti di lavoro». Il premier, a sentire alcuni dei suoi, «punta a strappare per l’Italia un commissario europeo con deleghe di peso rilevante» (e tra i nomi più accreditati c’è quello di Enrico Letta). Un italiano alla presidenza della Commissione se il gioco dei veti incrociati dovesse bloccare la candidatura di Juncker? La presenza di Mario Draghi alla guida della Bce rende poco realistico questo obiettivo, secondo ambienti parlamentari vicini a Renzi. È trascorso poco tempo dalla presidenza Prodi, tra l’altro. E il criterio non scritto della rotazione tra stati non depone a favore di una scelta italiana per sostituire Barroso. Al momento è così, anche se è impossibile prevedere al momento l’esito del braccio di ferro che si combatte sulla presidenza della Commissione testimoniato ieri dagli ultimatum di Cameron? Se la candidatura Juncker, sponsorizzata anche dal Pse, non dovesse andare in porto? Il nostro governo non gradirebbe e si opporrebbe a giri di consultazioni e a estenuanti lungaggini. Non soltanto «auspicabile», quindi, che il Consiglio europeo convocato per fine giugno mantenga l’impegno di scegliere il nome del candidato alla presidenza della Commissione da proporre al Parlamento di Strasburgo già convocato per metà luglio. Per Renzi bisogna evitare rinvii. «La nostra preoccupazione è che Bruxelles non dia l’impressione di chiudere “per nomine” – spiega il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Sandro Gozi – Bisogna rispondere al più preso alla domanda di cambiamento che sale dalle urne europee». Accelerare in Italia sulle riforme strutturali per poter chiedere, con forza, maggiore flessibilità nelle politiche della Ue e, assieme, «un ruolo molto più attivo della Banca europea per gli investimenti»: questa la strategia del governo. Dentro queste coordinate il pressing su Merkel e sulla Ue per far cambiare passo all’Europa e, nell’immediato, per impostare in Italia una legge di stabilità all’insegna della crescita e non dei sacrifici.

L’Unità 01.06.14