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"Perché il rientro dei capitali?", di Vincenzo Visco

Il tema del «rientro» dei capitali illegalmente depositati all’estero è un tormentone che caratterizza il dibattito politico italiano da una decina d’anni. Gli argomenti a favore sono noti e sono sempre gli stessi, una volta (pudicamente) espunto quello reale, vale a dire la tutela degli interessi degli evasori: l’opportunità di facilitare l’utilizzazione di questi capitali per investimenti da effettuare in Italia, e i benefici di gettito che l’erario che potrebbe trarne. Argomenti evidentemente piuttosto deboli. Per quanto riguarda la legge in discussione alla Camera si afferma che rispetto agli scudi di Tremonti, «questa volta è diverso» in quanto non si tratterebbe di un condono ma di una riapertura dei termini.

Cioè una «voluntary disclosure» sull’esempio di quanto fatto in altri Paesi in base alla quale l’unico beneficio previsto sarebbe la riduzione del- le sanzioni in quanto il contribuente (persona fisica o giuridica) dovrebbe dichiarare integralmente gli ammontari evasi, spiegarne l’origine, e paga- re tutte le imposte dovute (Irpef, Ires, Irap e anche l’Iva a meno che non di- mostri che i proventi originari erano stati regolarmente fatturati). Dov’è allora il vantaggio? Perché i contribuenti che non hanno aderito ai ben più convenienti «scudi» di Tremonti dovrebbero farlo adesso?

La risposta consiste nel fatto che sarebbe saltato o starebbe per saltare il segreto bancario a livello internazionale e che quindi le banche straniere (svizzere) si preparerebbero a fornire l’elenco nominativo dei deposi- tanti italiani ai quali converrebbe quindi autodenunciarsi per evitare rischi penali molto forti. Ed infatti il provvedimento rende non punibili, per chi aderisce al «disclosure», i rea- ti di omessa o infedele dichiarazione o di omessi versamenti ma non, alme- no in apparenza, il reato di frode fiscale per il quale tuttavia le pene vengono dimezzate in modo da rendere in molti casi possibile il verificarsi della prescrizione. Questa spiegazione (o speranza) al momento non appare fondata; infatti è sufficiente andare sul sito dell’associazione delle ban- che ticinesi per verificare che la disponibilità a fornire ad altri Stati informazioni sui loro clienti esiste a tutt’oggi solo in caso di richieste nominative debitamente documentate e relative a reati specifici e cioè il contrario della trasmissione automatica dei nominativi dei depositanti.

In ogni caso quando si imbocca la strada dei condoni o degli pseudo condoni, e cioè una strada di deroga alle normative, il rischio è sempre quello di un effetto «domino» che porta sempre a nuove concessioni. E questo è quanto sta accadendo. Infatti, qualcuno ha subito notato che da un punto di vista giuridico e fatturale non esiste una differenza sostanziale tra chi ha evaso le imposte e ha portato i soldi all’estero, e chi le ha evase ma ha mantenuto i soldi in Italia, e quindi per evitare una disparità di tratta- mento lo stesso regime fiscale andava esteso anche agli evasori interni. E così è stato fatto nella speranza di recuperare più soldi ma senza tener presente che in questo modo – come sempre avviene nel caso di condoni – si bloccano gli accertamenti dell’amministrazione fino alla fine del 2015 in quanto a ciascun contribuente evasore dovrà essere garantita la possibilità di aderire alla nuova sanatoria. Cosa che, in caso di accertamento, tutti preferirebbero fare. Ed ancora, da più parti si richiede che, ferma re- stando l’esclusione del reato di frode fiscale (fatture false), venga depenalizzato anche il reato di dichiarazione fraudolenta, e cioé, in buona sostanza, l’interfaccia fiscale del reato di falso in bilancio che si vorrebbe (dovrebbe) reintrodurre.

Non so se il provvedimento produrrà il gettito atteso o sperato. Personalmente ne dubito. Ma anche per questo meglio sarebbe stato rinunciare a far soldi derogando alle norme fondamentali dell’ordinamento tributario. Non sarà un condono, ma il provvedi- mento rischia di diventare un’amnistia fiscale più estesa di quelle fatte da Tremonti ai suoi tempi. Il governo Renzi ha ereditato questa normativa dal governo precedente ma non è ne- cessariamente obbligato a farsene carico: Forza Italia infatti non è più nella maggioranza.

Ps La proposta di legge contiene una ulteriore perla, in quanto estende al rientro dei capitali una norma inopinatamente introdotta qualche tempo fa e che prevede che i funzionari dell’amministrazione siano responsabili delle loro azioni solo in caso di dolo e non anche per colpa grave. Lungi dall’essere una norma di garanzia dell’amministrazione, questa disposizione è servita e serve ad indebolire o eliminare le resistenze dei funzionari nei confronti delle indebite pressioni da parte dei vertici dell’Agenzia nell’attività di accertamento secondo una perniciosa linea di militarizzazione dell’amministrazione che si è andata affermando negli anni passati.

L’Unità 10-09.14

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