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Serve uno sforzo per garantire un futuro alle nuove generazioni. Bersani a Italia110 risponde alle domande dei ragazzi su regole, merito, innovazione

“Vuole replicare a Berlusconi? No andiamo avanti con le domande dei ragazzi”. 5 minuti di applausi per Bersani a Italia110 che non si ocupa dei problemi del premier ma di quelli dei giovani italiani.

Comincia all’attacco: “Per dieci anni abbiamo occultato i problemi per maggior gloria di Berlusconi. Da anni e con accellerazione negli ultimi 2 anni stiamo perdendo posizioni rispetto a tutit i paesi europe: in temrini di PIL, formazione ed istruzione, redditi pro capite“. Siamo condannati a un destino di declino allora? No, ma perché “non abbiamo la forza di guardare in faccia i problemi e suscitare energie collettive per affrontarli. Non c’è uno sforzo corale dall’euro ad oggi. Adesso serve uno sforzo per garantire una prospettiva alla nuova generazione. E alla buon’ora anche Confidnustria se ne accorge”. Per questo serve una riscossa italiana “con riforme strutturali per dare crescita, ridurre il debito che grava sul futuro dei nsotri ragazzi, riforma fisclae, liberalizzazioni, una PA efficiente. Oppure prendiamo una brutta china”.
Tante le domande sui referendum: “Arriveremo al quorum, lo dico agli scettici: dobbiamo abituarci alle vittorie, bisogna saper vincere. Da 16 anni non si raggiunge il quorum, cambiamo pure i parametri, comunque ora siamo a un passo dal quorum. Io Io vado a votare alle 10 di mattina perché bisogna anche incoraggiare le persone: sento una sensibilità diffusa a partire dai giovani”. Spiega ancora una volta perché votare: “La giustizia è uguale per tutti, il piano nucleare non sta in piedi, non è obbligatorio privatizzare l’acqua. Sono problemi di merito. E poi andiamo a votare per dare la mano ai movimenti, ai cittadini che possono decidere da soli. È questo il senso, basta far quel che vuole l’imperatore”. Il segretario PD risponde alle domande sulle presunte contraddizioni dei democratici: “Sul referendum sull’acqua il sì non risolve il problema, non dà l’alternativa, ma blocca una legge sbagliata. E noi abbiamo una proposta di legge in parlamento. Poi mi dicono che visto che ero per le liberalizzazioni sarei in contraddizione (il riferimento è ad Andrea Ronchi) , ma uno che non sa la differenza tra privatizzazioni e liberalizzazioni non dovrebbe mica aver la patente per fare il ministro”. Torna sulla faccenda con una metafora: “L’idea che il pubblico o il privato cambiano l’acqua in vino è una stupidaggine. Possono andare entrambe bene, solo se governiamo processi complessi.
Ribadisco a Grillo: l’acqua è di Dio e devi ridargliela come c el’ha data: il pubblico deve garantire il ciclo, i privati possono gestirne una parte. Perché devo privatizzarle per forza? Sarebbe una svendita”.

Poi tocca al botta e risposta.
Antonio Natale studia ingeneria nucleare a La Sapienza e si dice sicuro del raggiungimento del quorum ma è preoccupato: “L‘ultimo piano energetico naizonale è del 1988 e non possiamo permetterci di andare avanti con petrolio e gas. Cosa si fa se vince il sì?
Bersani anche qui spazza via le insinuazioni: “Ho fatto il ministro 5 anni, se volevo fare il nucleare l’avrei fatto…invece ho rimesso l’Italia nel giro della ricerca internazionale su un nucleare più sicuro, che ha risolto il problema delle scorie. E lo rivendico. noi dobbiamo fare dello smontaggio del vecchio nucleare un’occasione di innovazione tecnologica, esattamente come lo stavo impostando quando eravamo al governo. Se le destre avessero continuato , ora con gli stress test e le dismissioni al via in Germania e in Europa saremmo competitivi. Volevo trovare un deposito di superifcie, far prima le cose facili insomma. Il piano nucleare di Berlusconi è totalmente antieconomico. E Vasco Rossi mi dice: sono in Francia tanto, a che serve chiuderle?”. Qui è Bersani che dice no: “Il caso Fukushima dimostra che le distanze ravvicinate sono più pericolose, non è più come a Chernobyl. Nel frattempo dobbiamo andare verso le rinnovabili ricorrendo al gas con rigassificatori che ci farebbero costare l’energia la metà. Un ingegnere nucleare ha davanti un mondo, non solo le centrali, ha una formazione basica. L’ultimo l’ho trovato in un caseificio per lavorare aglia iuti allo sviluppo, per far le gare servono standard tencologici altissimi. Non vi mandiamo alla sbaraglio”. le regole sono unod ei temi di Ittalia110 e Bersani ricorda che “qualsiasi settore liberalizzato ha generato movimento economico e investimenti. Funziona se ci sono regole nuove, ne sono un appassionato. E siamo l’Italia del diritto romano, ma lo slittamento semantico da regole a burocratizzazione è uno dei problemi principali. Non sono per semplificare ma per abolire dove si può, perché a semplificare si complica.
Le transazioni si basano sulla fiducia reciproca, se noi complichiamo le cose nuove non avremo vantaggi, ma più problemi. L’Italia è organizzata su reti corte: la moralità la usiamo nella dimensione familiare, paesana, di mestiere. Sulla dimensione nazionale svanisce: così evadiamo le tasse e infrangiamo le regole. È giusto pagare le tasse”.

Su questo cita Franco Modigliani: “in un incontro con gli imprenditori italiani a chi chiedeva cosa potevano fare per l’Italia il Nobel rispondeva: pagate le tasse“.

E il merito? Altro tema discusso dai gruppi di alvoro. E Bersani chiede alla platea: “Chi accetta le valutazioni? Nessuno tranne gli studenti. Non le università che pretendono finanziamenti!Ad esempio basterebbe rendere strutturali i legami tra imprese e laboratori universitari: poi concederemmo il credito d’imposta in base ai risultati, senza ricorrere alla filantropia dei 4 grandi imprenditori. Creiamo una rete di convenienza e poi l’impresa assumerà anche i ricercatori: guardate che l’università ha un’età media alta perché non ci sono sbocchi…Se non si fa sistema ci sono solo innovazioni di nicchia, lodevoli ma non cambiano le cose. Servono azioni ampie, meccanismi di credito fiscale che hanno bisogno di anni per entrare a regime“.

Ispirati dal caso Santoro, i ragazzi chiedono quale futuro vede il segretario PD per la RAI ed il mondo della cultura: “Auspico uno statuto dell’impresa artistica, per il FUS penso ai costi di sistema, in un buon sistema di informazione e di comunicazione c’è da considerare una spesa tale. Potrebbe essere svolta da tutti i soggetti, lasciamo stare quanto spendiamo per quei sistemi li, ma possibile che stiamo qui a ragionare di cento milioni di euro per il fus , quanto invece stiamo a parlare di miliardi del sistema dell’industria culturale? Le aziende poi devono competere e con l’uscita di Santoro non vince Berlusconi…perdono la Rai ed i cittadini”.

E si perde anche se si taglia lo stato sociale perché “la scuola, tutti i grandi passaggi sono stati sempre legati al concetto di paese, c’era da uscire dall’analfabetismo, c’era da far, crescere la consapevolezza democratica, c’era da dire ai cittadini che siamo tutti uguali,? Si è sempre ricorsi all’innovazione. E quando discutiamo di scuola noi che paese vogliamo? Qual è l’obiettivo? Io dico articolo 3 della costituzione, innovazione, invece c’è aumento di drop out, ti tagliano l’inserimento dei disabili…
Davanti allo studente la materia tecnica sembrano un ostacolo eccessivo, bisogna correggere qualcosa nella società, è un grande sforzo. Con i ficchi secchi però è difficile fare questo, bisogna metterci su i soldi.” Investimenti, responsabilità nazionale che si intrecciano con il ruolo del PD. Quale democrazia vogliamo? “No al populismo, quella vecchia bisogna riformarla, ma come? Ci abbiamo preso e siamo avanti rispetto agli altri? Quelli del pdl, cosa stanno discutendo? Come si fa a fare un partito.. Auguri! – ride, poi si fa serio – troppo giovani siamo per aver risolto i nostri problemi, dobbiamo migliorarci da qui all’autunno faremo una conferenza per vedere come migliorarci, il partito è una parte è uno strumento, l’oggetto è l’Italia, usciamo dall’idea che ci facciamo la democrazia in un partito solo, l’oggetto è l’italia. Quote rosa? sì ma non riusciamo a fare una proposta di legge per la legge elettorale che preveda il 40% di presenza di donne. Non è che noi possiamo caricarci in casa, dobbiamo rivolgerci al sistema, così pure ai meccanismi di partecipazione. Il partito non è un luogo della ginnastica è uno strumento per l’italia, deve funzionare se vogliamo se l’Italia funzioni”.

E chiude con uno sguardo sul futuro: “Usciamo dal decennio della chance individuale, adesso la sociologia dopo queste elezioni dice che stiamo passando dal modello individualistico al modello comunitari. Attenzione, lo dico non solo ai sociologi, se non gli diamo una forma nazionale può prendere una forma corporativa e difensiva. Ma la percezione è che uno da solo non ce la fa. Ma qui c’è una cosa che si chiama politica, rielaboriamo un modello comunitario che non fa ricatti corporativi e non ha confini di categorie”.

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