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“Tasse ai terremotati. A L’Aquila si ribellano gli amministratori”, di Bianca Di Giovanni

Mobilitazione  generale.  È  la  risposta  de l’Aquila  alla  norme della Finanziaria che si abbattono su una città già profondamente ferita. Cittadini e imprese hanno già ricominciato a pagare le tasse dal primo dicembre, e in più nella manovra il governo pretende  la  restituzione  dei  versamenti sospesi già a partire da giugno.
Tutto, il 100% del non pagato, da restituire in 60 rate, ovvero 5 anni. L’importo complessivo è calcolato in circa 500 milioni di euro. «La verità è che la ricostruzione ce la stiamo pagando da soli – dichiara la presidente della Provincia Stefania Pezzopane – Vorrei ricordare che i soldi per l’Expo e quelli per lo Stretto di messina si sono trovati. Solo quelli per i terremotati mancano». La presidente ha convocato per stamane alle 10 un’assemblea di amministratori locali, parlamentari, consiglieri regionali e forze sociali del territorio. In quella sede si discuterà come articolare la protesta.
Se l’emendamento «incriminato» resterà nel testo della manovra, una delegazione  si  muoverà  alla  volta  di Piazza Montecitorio mercoledì o giovedì prossimi, per un sit-in davanti al Parlamento al momento del voto in Aula. »Si tratta – dichiara il sindaco Massimo Cialente – di un colpo mortale  alla  nostra  economia.  In questi giorni sono riuscito a parlare con le più alte cariche dello Stato e del Governo. L’unico a non rispondermi è stato il ministro Tremonti, che ho cercato più volte invano».
Il destino fiscale degli aquilani sembra un incubo kafkiano. Deve pagare l’ici sulla seconda casa anche chi possiede una abitazione distrutta. I Comuni sono costretti a chiedere il pagamento delle imposte sulla nettezza urbana, in assenza di trasferimenti da parte del governo centrale. Già da fine anno i titolari di piccole attività dovranno versare l’anticipo, pur avendo casse vuote e incassi nulli a causa del sisma. I commercialisti sono completamente disorientati: non sanno cosa consigliare ai loro clienti. La preoccupazione è forte anche tra le imprese. Per di più a fine dicembre scade la cassa integrazione per circa 6mila  lavoratori  aquilani,  mentre gli autonomi che hanno perso tutto hanno avuto finora un assegno di 800 euro per soli tre mesi. Anche per loro gli aiuti sono finiti da tempo.
«Dico a Berlusconidi non utilizzare più l’Aquila come vetrina – dichiara Giovanni Lolli, deputato Pd  – Anziché venire lui, ci faccia il regalo che altri governi hanno fatto ad altri terremotati. Che poi non è un regalo, ma un diritto». Lolli ricorda che nei casi precedenti dell’Umbria e delle Marche i contribuenti restituirono solo il 40% in 12 anni di tempo. Evidente la disparità di trattamento. L’unica iniziativa presa riguarda la cedolare secca sugli affitti. Un modo per favorire chi concede in locazione gli immobili agibili. Ma «è solo un topolino, rispetto alla montagna che ci è caduta addosso», continua Lolli.

L’Unità, 7 dicembre 2009