lavoro

“Draghi: 1,6 milioni di lavoratori senza garanzie”, di Elena Polidori

Di fronte alla crisi che oggi colpisce soprattutto l´occupazione, Mario Draghi reclama di nuovo una revisione del sistema degli ammortizzatori sociali. Il governatore della Banca d´Italia, mentre chiarisce che su questo fronte «il governo ha fatto moltissimo, non vorrei essere frainteso», torna a ripetere il dato-choc che già una volta, nel giugno scorso, era stato contestato dal premier Silvio Berlusconi. Ovvero: 1,6 milioni di persone sono senza tutela. Più esattamente: 1,2 milioni di lavoratori dipendenti non avrebbero copertura in caso di interruzione del rapporto di lavoro. A loro si affiancano 450 mila parasubordinati che «non godono di alcun sussidio o non hanno i requisiti per accedere ai benefici introdotti dai provvedimenti del governo». A braccio, incontrando a porte chiuse gli studenti universitari di Padova, aggiunge che questa è la stima dell´impatto massimo che si potrebbe avere sul mercato del lavoro qualora la crisi si manifestasse con la stessa intensità. Sempre a braccio, fornisce un altro dato, questo sì, nuovo: la crescita acquisita per il 2010 è più 0,4%. Nel suo ragionamento, la ripresa globale dell´economia è «largamente debitrice al sostegno pubblico». Da noi, c´è un recupero dell´export, i consumi crescono dello 0,4%, gli investimenti dello 0,3. Ma ora, in questi ultimi tre mesi, la ripresa marcia «a un ritmo più contenuto».
Il governatore riceve una laurea honoris causa in scienze statistiche. «Conoscere per deliberare» è il titolo della sua lezione, dedicata appunto all´importanza di poter contare su una «statistica indipendente» che è «essenziale» per la politica economica e va tutelata: «Rivelando la realtà, scuote le persone dall´ignoranza, comoda per giustificare l´inerzia dei loro comportamenti, prepara e informa il consenso politico necessario per l´azione conseguente, a cui dà il sostegno per misurarne l´intensità e la precisione». Perciò, il dibattito economico deve ancorarsi «a informazioni quantitative affidabili, più che a sondaggi spesso espressione di un´opinione pubblica largamente disinformata». Da questo punto di vista è «insostituibile» l´apporto dell´Istat. Ecco: proprio recenti analisi condotte dagli esperti della Banca sulla base di indagini certe confermano «una condizione di bassa vulnerabilità finanziaria delle famiglie italiane». La «fragilità finanziaria», definita come la percentuale di famiglie con una spesa per debiti superiore al 30% del reddito disponibile, è nel complesso «limitata», pari al 2%, e interessa una famiglia indebitata su dieci.
Gli studenti domandano, Draghi risponde. C´è un nesso tra immigrazione e criminalità? Ebbene, un lavoro di sua conoscenza, condotto su dati della Giustizia e dell´Interno «non ha trovato evidenza che tipologie di reato come i crimini contro il patrimonio, contro la persona e le violazioni della legge sugli stupefacenti siano da attribuire direttamente all´immigrazione». Draghi ricorda anche che il titolo del suo intervento è tratto dal testo di Luigi Einaudi “Prediche inutili”, «a conferma che problemi simili esistevano anche allora». Insiste: “La discussione politica delle proposte in campo acquista significato se è preceduta da una valutazione quantitativa degli scenari e delle alternative che si prospettano, altrimenti rischia di obbedire a logiche estranee al bene comune. Abbiamo bisogno di politiche basate sull´evidenza fattuale».
La Repubblica 19.12.09

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Draghi: senza ammortizzatori un milione e 600 mila lavoratori, di Bianca Di Giovanni
Nuovo intervento del governatore Mario Draghi sul sistema di tutele del nostro Paese. Intervenendo all’Università degli Studi di Padova, il numero uno di Bankitalia ha ricordato che più di un milione e 600mila lavoratori in Italia non sono coperti da ammortizzatori sociali. Di questi, 1,2 milioni sono lavoratori dipendenti che «non avrebbero copertura in caso di interruzione del rapporto di lavoro», spiega Draghi. Altri 450mila sono lavoratori parasubordinati «che non godono di alcun sussidio o che non hanno i benefici per accedere ai benefici introdotti dai provvedimenti del governo». Il «pacchetto» lavoro tanto decantato, lascia fuori centinaia di migliaia di famiglie. Il governatore mette le mani avanti, tanto per evitare l’ennesima querelle. «Il governo ha fronteggiato questa situazione – ha detto – estendendo temporaneamente coperture e introducendo deroghe ». Ma il sistema, sottintende Draghi, resta inadeguato. Il fatto è che andrebbe riformato subito (altro che riforma della giustizia) proprio per fronteggiare momenti di crisi. Ma il governo ha deciso per il rinvio. Contro la crisi solo immobilismo.
RIPRESINA Vero è che i dati macroeconomici segnalano qualche ripresa,magli effetti sull’occupazione restano pesantissimi. Il governatore ha ricordato infatti che il recupero di questi mesi è dovuto soprattutto all’intervento pubblico. Nel terzo trimestre il Pil è salito dello 0,6%, interrompendo una sequenza di cinque cali consecutivi, e che la ripresa è stata guidata dal recupero delle esportazione, il primo dopo cinque trimestri di calo. Anche i consumi hanno registrato un lieve incremento, +0,4% grazie soprattutto al sostegno pubblico per l’acquisto di beni durevoli, mentre gli investimenti sono aumentati dello 0,3% dopo sei trimestri. Il recupero prosegue adesso nel quarto trimestre, sia pure a un ritmo più contenuto: la crescita acquisita (che si avrebbe cioè se nei prossimi trimestri si registrasse crescita zero) per il prossimo anno è del lo 0,4%. Ma la ripresa globale,per il governatore, è largamente debitrice del sostegno pubblico.
NUMERI Questi i numeri rivelati dal governatore, chiamato a intervenire proprio sull’importanza dei dati, delle cifre, delle misurazioni, visto che a Padova ha ricevuto una laurea honoris causa in statistica. Così Draghi ha sottolineato l’importanza del ruolo della statistica pubblica, che non deve essere contrapposta a sondaggi d’opinione o a superficiali ricerche di mercato. «La statistica è essenziale per la politica economica: rivelando la realtà scuote le persone dall’ignoranza, comoda per giustificare l’inerzia dei loro comportamenti, prepara e informa il consenso politico necessario per l’azione conseguente, a cui dà il sostegno essenziale per misurarne l’intensità e la precisione – ha detto – Perciò la discussione della politica economica deve ancorarsi a informazioni quantitative da tutti ritenute affidabili, più che a sondaggi spesso espressione di un’opinione pubblica largamente disinformata». Dati, ricerche, analisi indipendenti dal potere politico del momento, rigorosi e approfonditi: questa la vera forza della statistica ufficiale, che va difesa da attacchi o strumentalizzazioni. Draghi non dimentica di rammentare la vasta esperienza di ricerca della Banca d’Italia. Molte le domande a cui le ricerche rispondono, anche in parte curiose. Per esempio la ricchezza ereditaria quale determinate dei consumi delle famiglie, o i fattori che influenzano la propensione all’evasione fiscale. Il mondo di oggi, più frammentato e meno omogeneo, ha bisogno di indagini più settoriali e disaggregate. Senza dimenticare nuovi aspetti, più qualitativi che quantitativi, della ricerca economica. Quali quelli sulla «felicità » percepita e sulla soddisfazione del lavoro, ispirati agli studi di Amartya Sen.
L’Unità 19.12.09

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Draghi dà lezione contro gli «stregoni» schiavi dei sondaggi, di Francesco Piccioni
Giulio Tremonti non perde occasione per mettere in burla i dati statistici ufficiali (Istat, Banca d’Italia, Eurostat, ecc), mentre il suo governo – per volontà del «proprietario» – delibera con l’occhio vitreo incollato ai sondaggi. Al punto di voler manipolare tecniche e risultati della statistica, in primo luogo insediando «funzionari obbedienti» sulle poltrone principali.
Bene. Il governatore di Palazzo Koch, Mario Draghi, ha colto ieri l’occasione di una lectio universitaria in quel di Padova per sbertucciare in punta di fioretto gli apprendististi stregoni della «finanza creativa». Dietro le cautele del linguaggio accademico, infatti, è quasi trasparente la determinazione assoluta a mantenere «l’indipendenza» degli istituti di rilevazione e ricerca. Una disciplina da tutti (gli ignoranti) immaginata come sterile per lui «rivelando la realtà scuote le persone dall’ignoranza, comoda per giustificare l’inerzia dei loro comportamenti, prepara e informa il consenso politico necessario per l’azione conseguente, a cui dà il sostegno per misurarne l’intensità e la precisione».
Tradotto in agire politico, «la discussione sulla politica economica deve ancorarsi a informazioni quantitative da tutti ritenute affidabili, più che a sondaggi spesso espressione di un’opinione pubblica largamente disinformata». Quei «tutti», evidentemente, non sono i telespettatori del duopolio berlusconiano, ma «la comunità scientifica» che valuta «oculatamente» i dati. Draghi va persino oltre, accusando apertamente i «nuovi soggetti» che «creano oggi informazione statistica per vari motivi, mediatici o legati a interessi particolari, senza che essa sia soggetta a verifiche di attendibilità». Piepoli, Crespi, Pagnoncelli e compagnia cantando, insomma.
Il caos dell’«ognuno dice la sua», com’è noto, conviene soltanto ai furbi, che addirittura possono definirsi «democratici» raccogliendo consenso sulla base delle informazioni false che contribuiscono a diffondere. Un livello che al governatore fa palesemente orrore, ma di cui è impossibile sottovalutare la forza «militare». Persino sulle cionseguenze dell’immigrazione, Draghi è obbligato a rilevare che gli studi «non hanno trovato evidenza» di un legame tra reati contro il patrimonio, la persona o per droga e la presenza di migranti. Le «leggende metrolitane», vien da dire, son sempre esistite. ma quando sono i governanti a usarle, allora siamo a un passo dal baratro.
Gli altri esempi estratti dagli studi recenti di Bankitalia vanno nello stesso senso. Gli «aiuti alle imprese e le politiche per lo sviluppo locale» si sono dimostrate di «efficacia assai modesta», mentre si continua a chiederne con insistenza altre. E al Sud, studiando bene, si scopre che «è più proficuo investire le risorse pubbliche nell’effettiva applicazione delle leggi piuttosto che nell’erogazione di sussidi».
Eppure Draghi non ha nulla dell’uomo «di sinistra». L’ex vicecapo di Goldman Sachs, infatti, vede – sì – che il sistema degli ammortizzatori sociali permette «una copertura estremamente eterogenea per settore, dimensione di impresa e contratto lavorativo». Ma solo per auspicarne una revisione come «prerequisito per un’estensione della flessibilità del mercato del lavoro in tutti i suoi comparti». Non proprio «il socialismo», insomma.
Il Manifesto 19.12.09

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“Indennità per tutti i disoccupati”. I lavoratori dipendenti fuori dalle tutele sono circa 1,2 milioni. I collaboratori 450 mila, di Stefano Lepri
Mario Draghi ritorna a suggerire una indennità di disoccupazione per tutti. In un discorso all’università di Padova, dove gli è stata conferita una laurea honoris causa in statistica, il governatore della Banca d’Italia per non urtare certe suscettibilità ha subito aggiunto che «il governo ha fatto già moltissimo» specie nel garantire fondi alla cassa integrazione. Ma la sua proposta, salutata dall’assenso di tutti i sindacati, è di fare un passo in più.
Anche la Banca d’Italia, come la Confindustria, come tanti centri studi indipendenti, teme che la disoccupazione crescerà ancora, e non per poco tempo. Nell’attuale assetto, ha detto Draghi, il sistema italiano di ammortizzatori sociali si basa su una indennità di disoccupazione modesta e sulla cassa integrazione «essenzialmente limitata ai comparti industriali» che danno «una copertura assicurativa estremamente eterogenea». Gli esclusi sono molti.
La Banca d’Italia conferma la sua stima (in passato respinta dal governo) che da questi strumenti restino fuori in caso di licenziamento «circa 1,2 milioni di lavoratori dipendenti» come pure «450.000 lavoratori parasubordinati». Sono numeri che «rafforzano l’esigenza di una revisione», dalla quale verrebbero benefici sia «per l’efficienza produttiva» sia per «l’equità sociale». Avendo come rete di sicurezza un trattamento di disoccupazione per tutti si potrebbe anche accrescere la flessibilità del lavoro.
In un incontro con gli studenti, il governatore ha spiegato che la ripresa economica nel mondo è ancora «largamente debitrice» delle misure eccezionali prese da governi e banche centrali. L’Italia è tornata alla crescita nel terzo trimestre 2009 (dopo 5 di calo) ma ora l’impulso rallenta; il risultato del quarto trimestre, pur positivo, sarà inferiore al +0,6% del terzo. I consumi sono tornati a crescere, grazie soprattutto agli incentivi per l’acquisto di auto e di altri beni durevoli; compare una lieve risalita degli investimenti dopo un vero e proprio crollo.
Nel discorso di accettazione della laurea, Draghi aveva ovviamente esaltato i pregi della statistica, invitando anche i politici a prendere le loro decisioni sulla base di «informazioni quantitative da tutti ritenute affidabili, più che a sondaggi spesso espressione di un’opinione pubblica largamente disinformata». Un esempio concreto l’aveva già fatto: una ricerca della Banca d’Italia non ha trovato evidenza alcuna che gli immigrati portino un aumento della criminalità, al contrario di quanto molti italiani ritengono.
Un altro esempio ricavato da una ricerca della Banca d’Italia è che (purtroppo?) la politica aiuta a fare affari: «i ricavi e i profitti risultano più elevati nelle imprese in cui uno o più dipendenti fanno parte delle amministrazioni locali». Insomma occorre avere buoni dati, e studiarli con «un sano scetticismo». Il governatore, che a Padova ha insegnato trent’anni fa («i tempi delle ronde di Toni Negri, ai quali certamente non vorrei tornare») conclude con una citazione anticonformista: un libro di successo in America, tradotto anche in Italia, Freakonomics, che usa gli strumenti dell’economia per una divertente analisi della vita quotidiana.
A riformare l’indennità di disoccupazione sono favorevoli tutti i sindacati, dalla confederazione di destra Ugl alla Cgil che usa toni di maggiore urgenza («per molti lavoratori le tutele stanno per esaurirsi, per altri sono irraggiungibili»). Consensi anche dalle opposizioni; silenzio dalla maggioranza.
La Stampa 19.12.09

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