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"Scalata Unipol-BNL. Il patto occulto non è mai esistito" di Rinaldo Gianola

Tra un mese, il primo febbraio, inizierà a Milano il processo per la scalata alla Banca nazionale
del lavoro che vede tra gli imputati l’ex presidente dell’Unipol Giovanni Consorte, il suo vice Ivano Sacchetti e anche l’ex Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio. Si tratta di un appuntamento importante, molto atteso nel mondo politico e finanziario, che potrebbe fare finalmente luce sul tentativo fallito del sistema cooperativo di comprare la Bnl nell’estate del 2005 e sulle eventuali responsabilità dei noti accusati.
Il processo, tuttavia, è stato anticipato da un giudizio della Corte d’appello di Genova – sezione prima civile – presieduta da Maria Teresa Bonavia. Pochi giorni prima di Natale la Corte ha depositato la motivazione con la quale è stato accolto il ricorso della Banca
Carige-Cassa di risparmio di Genova e Imperia, nelle persone del direttore generale Alfredo Sanguinetto e del presidente Giovanni Alberto Berneschi contro la Consob che nell’aprile del 2009 aveva comminato alla banca una sanzione amministrativa pecuniaria di 150 mila euro per violazione dell’art.122 del Testo Unico della Finanza in relazione alla partecipazione della stessa Carige alla scalata Bnl come alleata dell’Unipol. La Commissione di controllo delle società e la Borsa, presieduta da Lamberto Cardia, aveva deciso la sanzione «per la mancata
comunicazione di un patto parasociale tra la Carige e l’Unipol avente ad oggetto azioni della Banca nazionale del lavoro, fatti emersi a seguito della trasmissione alla Consob degli atti di un procedimento penale in corso a Milano avente ad oggetto reati commessi nel contesto della cosiddetta “scalata” di Unipol alla Bnl».
Nei fatti la Consob, con le informazioni derivanti dalle indagini della Procura di Milano, aveva accusato Carige di aver stabilito con Unipol «un accordo parasociale occulto» relativo «all’acquisto concertato di azioni della Bnl finalizzato all’esercizio, anche congiunto, di un’influenza dominante sulla Banca stessa». Il «patto occulto» sarebbe stato operativo
già prima della sua ufficializzazione pubblica avvenuta il 18 luglio 2005. La Consob sostiene che l’accordo segreto tra i vertici di Carige e Giovanni Consorte, all’epoca presidente
e amministratore delegato della compagnia delle cooperative, sarebbe datato 4 luglio 2005 quando la banca ligure acquisì sul mercato
l’1,48% delle azioni Bnl arrotontando
così la partecipazione all’1,98%.
Ricapitolando la versione Consob, ispirata da informazioni raccolte all’inchiesta milanese: c’è stato un «patto occulto», non comunicato alle autorità di vigilanza, tra Carige e Unipol (e poi, secondo gli inquirenti, ci sarebbero stati altri accordi segreti tra la stessa Unipol e altri alleati nella scalata) almeno due settimane prima della comunicazione al mercato, tale comportamento ha violato la legge e quindi va sanzionato con una multa ai vertici della banca.
Se i vertici della banca genovese avessero pagato la sanzione tutto sarebbe filato liscio, in attesa del processo di Milano. Ma Carige, convinta di aver agito correttamente, ha presentato ricorso contro la decisione Consob e la Corte d’appello non si è limitata ad accogliere il ricorso e a cancellare il pagamento di 150 mila euro. Ha motivato il suo giudizio
con argomentazioni e parole che, è facile immaginare, risuoneranno tra un mese nell’aula del Tribunale di Milano dove si celebrerà il processo per la scalata Unipol-Bnl. Il giudizio della Corte d’appello rappresenta un principio giurisprudenziale che non si può trascurare.
L’affermazione più rilevante della Corte d’appello, al termine di una lunga ricostruzione, è che non c’è stato alcun “concerto” nell’acquisto di azioni Bnl, nè sono mai esistiti “patti parasociali occulti”. La Corte scrive, utilizzando tra l’altro gli stessi fatti esposti dalla Consob:
«(…)l’impegno vincolante (di Carige) a tenere la partecipazione (Bnl) acquisita a disposizione del progetto di Unipol intervenne soltato in data 18.7.2005, data in cui il patto venne reso pubblico, e ciò rende qualificabile come mera affermazione non sostenuta dagli stessi fatti indicati, l’affermazione dell’esistenza del concerto per l’acquisizione dell’influenza dominante in Bnl». Queste parole dei giudici dicono che la storia di acquisti concertati e occulti di azioni Bnl da parte di Unipol e dei suoi alleati, che sarebbero stati effettuati prima della comunicazione ufficiale ufficiale del patto, non è vera.
Ma le 27 pagine di testo della Corte d’appello di Genova non si possono archiviare così. Una domanda, almeno una, s’impone. Se non c’è il “concerto” tra gli scalatori, tra Consorte
e i suoi sodali, se gli acquisti di azioni Bnl non violano la legge, se non ci sono patti parasociali segreti, allora su cosa si regge oggi l’inchiesta, su cosa si reggerà l’accusa al processo? Ci sarà “una pistola fumante”?
Nella richiesta di rinvio a giudizio i magistrati hanno riformulato il capo di imputazione, l’hanno edulcorato. Ora, a un mese dal processo, arriva il giudizio della Corte d’appello di Genova contro la Consob. E ci sarebbe da aggiungere anche una sentenza di Roma che, pur senza le motivazioni così articolate di Genova, ha accolto un ricorso della Deutsche Bank sul presunto “concerto” nell’acquisto di azioni Bnl. A Bologna, inoltre, è attesa a breve una decisione in merito a un altro “concerto” tra Unipol e Bper (Popolare dell’Emilia Romagna).
A questo punto è utile che si celebri il processo di Milano. È importante non solo per gli imputati che così potranno difendersi in pubblico ma anche per il sistema finanziario e
politico. Bisogna capire cosa è davvero successo nel 2005. È necessario sapere se il piano di un soggetto imprenditoriale rilevante come le cooperative di acquisire la Bnl, che avrebbe cambiato i rapporti di potere nell’economia e nella finanza, è fallito per i comportamenti illeciti di alcuni mascalzoni arrivati ai vertici Unipol e dei loro alleati oppure per altre sconosciute ragioni. La realtà è che dopo cinque anni i membri del club dei moralizzatori (Rutelli, Della
Valle, Montezemolo, Amato, Lanzillotta..) che nel 2005 volevano limitare l’interesse delle cooperative «ai supermercati» sono ancora in giro a pontificare e Luigino Abete ha mantenuto la presidenza della Bnl.
L’Unità 31.12.09