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"Milano, colpire i rom per vincere le elezioni", di Alessandro Coppola

La destra usa la politica della paura come un’occasione per radicalizzarsi in vista di un turno elettorale difficile: le prossime comunali. In una Milano sempre più ingiusta che ha attivamente contribuito a costruire. E di cui ora vuole incassare il voto. Sui grandi media la vicenda ha ricevuto un’attenzione solo marginale. A Milano la politica delle espulsioni etniche scatenata da Sarkozy ha avuto effetti importanti. Che illuminano caratteri e degenerazioni della destra milanese. Ecco una breve e sintetica ricostruzione della vicenda.

L’amministrazione comunale – d’accordo con il ministero dell’Interno – decide di procedere allo smantellamento dei campi nomadi abusivi, fra cui quello di Via Triboniano, nella zona nordoccidentale della città. L’assessore alle Politiche sociali – Mariolina Moioli – mette a punto un piano volto ad assicurare un alloggio a parte per le famiglie “sgomberate”. Assieme alla prefettura e alle organizzazioni non profit, l’assessore individua diverse soluzioni. Fra queste, l’utilizzo di venticinque alloggi dell’Aler – l’Azienda Lombarda di Edilizia Residenziale, l’erede dello Iacp – destinati ai casi di “fragilità sociali” e quindi non inclusi nelle graduatorie ordinarie di accesso all’edilizia pubblica. A chi è coinvolto nella stesura del piano, è evidente come, qualora si proceda allo smantellamento dei campi abusivi, occorra offrire soluzioni alternative che non solo migliorino le condizioni abitative della comunità rom ma che siano anche in grado di prevenire il riformarsi di nuclei ed insediamenti abusivi.

Il piano va avanti fino a quando, in Consiglio comunale, Lega Nord e Pdl presentano una mozione con la quale, manifestando la propria netta contrarietà al piano, minacciano di sfiduciare l’assessore. La mozione viene sospesa ma il messaggio è chiaro. Destra e Lega si premurano di imbastire una campagna stampa che permetta loro di accreditarsi come i difensori dei milanesi contro i rom.

Per la destra, l’attivismo sarkozista rappresenta un aiuto insperato. Sempre alla ricerca di un precedente che permetta un ulteriore imbarbarimento delle posizioni politiche sui temi dell’immigrazione e della sicurezza, la destra a Milano ha accolto la politica dell’Eliseo come una straordinaria occasione per radicalizzarsi in vista di un turno elettorale difficile: quello delle prossime elezioni comunali, previste a Milano per la primavera del 2011. La Lega Nord denuncia il furto delle case popolari destinate ai milanesi, smentendo platealmente un piano concordato fra la giunta e il ministero dell’Interno, retto dal leghista Maroni. E il Pdl – un altro segno della sua oggettiva e inarrestabile “leghizzazione” – si accoda immediatamente. “Berlusconi è d’accordo con Sarkozy e noi a Milano diamo le case ai rom. Ma scherziamo?”: pare sia stato questo – stando a Repubblica – il commento quasi unanime dei consiglieri del partito berlusconiano prima del voto della mozione anti-rom in Consiglio comunale.

Ma le contraddizioni nascoste dalla politica della paura e dai i suoi violenti corifei – a partire dal leghista Salvini, la perfetta (e inquietante) incarnazione del nuovo corso – sono ormai divenute talmente macroscopiche da rendere la destra vulnerabile, forse come mai prima d’ora. La menzogna e la manipolazione del consenso sono ingredienti fondamentali del cocktail della destra milanese. Da un lato si annuncia lo sgombero dei campi, dall’altro si dichiara che dove vadano a vivere gli sgomberati non deve essere affare dell’amministrazione. Da un lato si “difendono” i milanesi e il loro diritto di avere la casa popolare, dall’altro si conduce una politica urbanistica grossolanamente subalterna ai grandi interessi immobiliari – una politica che ha prodotto clamorosi fallimenti e interventi di scarsissima qualità sociale e progettuale – e si accettano i tagli di Tremonti che, fra l’altro, avranno l’effetto di quasi azzerare i fondi per le politiche abitative dell’amministrazione regionale. E, ancor di più, si conduce una politica della “sicurezza” nei quartieri che ha l’obbiettivo di renderli – oggettivamente – più insicuri. Per mezzo di una linea del coprifuoco – con la chiusura anticipata degli esercizi commerciali – che si sta estendendo ad aree sempre più vaste della città. Nonostante le proteste – spesso politicamente trasversali – di cittadini e organizzazioni di categoria.

La destra alimenta le paure urbane, lavorando strategicamente per fare in modo che possano continuamente riprodursi, sostenendo così la domanda di attori politici pronti ad interpretare – in termini sempre più estremi – la politica della paura, dell’emergenza permanente e della separatezza sociale, che è diventato il segno distintivo della sua narrazione. La destra, al nord, è leghista. Ma leghista in modo nuovo. Mentre la sinistra appare ancora attardata su una lettura ormai datata della questione settentrionale. Che, oggi, è fatta tanto (e sempre di più ) dalle vittime della modernizzazione che dai suoi protagonisti. Non si tratta solo di rivolta fiscale delle piccole imprese, ma del timore (reale) del declassamento da parte di settori sociali consistenti del nord metropolitano.

Il Partito democratico dovrebbe quindi ripassarsi un po’ di storia recente di Europa e Stati Uniti: quella della politica della paura – del ghetto e della banlieue – e della fuga dei ceti popolari verso la destra. Questo servirebbe ad aggiornare il punto di vista di gruppi dirigenti che – nonostante alcune ottime eccezioni, soprattutto fra gli eletti più giovani – sono spesso antropologicamente impreparati a rispondere alla politica della paura.

Ma c’è una buona notizia. A Milano, forse per la prima volta in una generazione, la partita è aperta. E la notevole qualità – e novità, rispetto ai riti ormai consunti della sinistra ambrosiana – dei tre candidati che si affrontano alle primarie sta a testimoniarlo. Per vincere, oltre al candidato giusto, ci sarà bisogno di una campagna elettorale davvero popolare, volta a sfidare la destra sul terreno del consenso di chi vive quotidianamente il peso di quella città sempre più ingiusta e impietosa che la destra ha attivamente contribuito a costruire. E di cui ora vuole incassare il voto.

da rassegna.it