attualità, politica italiana

"Al mare dopo il seggio l'ultimo avviso degli elettori", di Michele Brambilla

Dopo 15 giornialtro segnale inequivocabile: la fiducia nel premier sta crollando. Che cosa c’entrano le telefonate tra la Daniela Santanchè e Flavio Briatore con l’alta affluenza alle urne? Apparentemente nulla. Forse però è un nulla – appunto – solo apparente. Cerchiamo di capire perché. Che alle 22 la percentuale dei votanti sarebbe stata superiore al 41%, fino all’altro ieri pareva impossibile. Un qualcosa a metà tra le audaci speranze e le pie illusioni della sinistra, o più in generale del fronte antiberlusconiano. Già i quesiti non apparivano tanto semplici e digeribili (diciamo la verità: sull’acqua non abbiamo capito niente); in più ieri c’era il sole quasi ovunque, le scuole s’erano chiuse il venerdì o al massimo il sabato, insomma il momento era ideale per partire per le vacanze, o almeno per un week-end lungo.

Invece, a Milano le code per i laghi o per la Liguria ci sono state, sì, ma abbiamo visto gente partire non prima di essere andata a votare; e così è stato a Bologna: in coda per l’Adriatico, ma dopo una deviazione per i seggi. A Roma, in quartieri lussuosi, la coda la si è vista ai seggi, e per giunta anche all’ora di pranzo. Sono stati segnali, anche piccoli, ma segnali. Segnali di una mobilitazione generale che non si vedeva da tempo.

Non sappiamo se oggi alle 15 il quorum sarà raggiunto. Ma che una partecipazione superiore al nostro recente passato ci sia stata, è fuor di dubbio a prescindere da come andrà a finire. Il 50% più uno sarebbe un risultato incredibile; ma anche una percentuale insufficiente, però di poco più bassa, sarebbe comunque una sorpresa. E «incredibile» e «sorprendenti» erano stati, pochi giorni fa, le vittorie di Pisapia a Milano (dove da diciotto anni governava la destra) e di De Magistris a Napoli.

Insomma, sembra davvero che gli italiani stiano reagendo a qualcosa che non sopportano più. Che stiano mandando avvertimenti forti a chi guida, o dovrebbe guidare, il Paese. Ieri sera Umberto Bossi è sbottato. Ha detto chiaro e tondo – come sa fare lui, che se ne infischia della diplomazia – che Berlusconi ha perso i contatticon il Paese reale, che non sa più intercettare gli umori della gente, che non è più capace di comunicare. Se ci pensate bene, togliere queste tre caratteristiche a Berlusconi vuol dire togliergli quasi tutto. Ebbene, Bossi l’ha fatto, furibondo per la figuraccia di un premier che va al mare mentre i cittadini vanno alle urne. Se oggi il quorum ci sarà, Berlusconi avrà ripetuto l’errore commesso da Craxi vent’anni fa, quando invitò gli italiani ad astenersi, ottenendo l’effetto contrario.

Quell’errore precedette di poco la caduta di Craxi. Siamo ora vicini a una fine di Berlusconi? Troppo presto per dirlo. Ma, al di là di ogni ipocrisia, nessuno può negare che il voto a questo referendum è anche (e forse soprattutto) un voto contro Berlusconi. Lo è diventato perché tra i quesiti c’è quello sulla norma che rallenta i processi contro il premier; e lo è diventato ancor di più per l’esplicito invito del Cavaliere all’astensione. Molti hanno pensato: Berlusconi dice di non andare a votare? E allora io ci vado.

Far finta che così tanti italiani siano andati alle urne solo perché interessati al nucleare e all’acqua equivale a fingere che due settimane fa la posta in gioco fossero le amministrazioni municipali di Milano e Napoli. Berlusconi per primo aveva detto che il voto di Milano sarebbe stato un referendum su di lui. E a Milanoha preso la metà delle preferenze che aveva preso cinque anni prima. E il Pdl è crollato ovunque, non solo a Milano dove c’era – come detto con il senno di poi dal premier e dai suoi imbarazzanti portavoce – una «candidata poco adatta» come Letizia Moratti. Insomma, il voto a questi referendum, quello alle recenti amministrative, e le esternazioni di Bossi, sono tutti elementi che confermano quello che ogni sondaggista sa perfettamente: sta crollando la fiducia in Silvio Berlusconi. La gente non gli crede più.

E qui veniamo alle telefonate tra Daniela Santanchè e Flavio Briatore. Al di là delle «indignazioni» per la privacy violata, i due hanno ben poco da smentire riguardo ai contenuti di quelle telefonate. Che rivelano l’imbarazzo per i comportamenti del premier; l’incredulità per la perseveranza nell’errore; lo sdegno per certe frequentazioni («Gentaglia», secondo la Santanchè); la sensazione di una fine imminente («Qui crolla tutto»). E dunque: se perfino le persone che gli sono vicine e amiche pensano (sia pure in segreto) queste cose di Berlusconi, che cosa volete che possano pensare i milioni di italiani che non fanno parte della sua corte?

La Stampa 13.06.11