attualità, politica italiana

"Un problema di democrazia", di Ezio Mauro

Un potere ormai terrorizzato da se stesso, dagli scandali che mettono a nudo la sua debolezza, dal consenso in fuga, decide di alzare il ponte levatoio e chiudersi nel Palazzo assediato, separandosi dai cittadini. È questa la vera ragione della legge bavaglio che per la seconda volta Berlusconi vuole calare sulla stampa e sulle inchieste con la cancellazione delle intercettazioni telefoniche, impedendo ai magistrati di indagare sul crimine e ai cittadini di conoscere, di capire e di giudicare.
È un´altra legge ad personam, costruita per proteggere il vertice del governo dall´inchiesta sulla P4, che infatti ieri il ministro Alfano ha attaccato come “irrilevante”, dimenticandosi di essere Guardasigilli: perché l´inchiesta svela il malaffare di una centrale governativa di potere occulto e piduista per condizionare le istituzioni, l´economia e la Rai, minacciando, promettendo e proteggendo.
Un potere indebito, di fronte al quale si genuflettono incredibilmente ministri, grand commis e uomini di un falso establishment tarlato, incapace di autonomia e di dignità, valvassori che chiedono insieme protezione e libertà di saccheggio. Ma questa deviazione – ecco il punto – nasce nel cuore del berlusconismo, e riporta al vertice del governo, per conto del quale si promettono nomine, si minaccia fango, si imbandiscono affari. È questo che gli italiani non devono sapere. Dunque, legge bavaglio bis: i magistrati non potranno perseguire i reati secondo le procedure di tutti i Paesi civili. I cittadini potranno conoscere le notizie sui crimini nella misura che il governo vorrà.
Con ogni evidenza è un problema di democrazia, che riguarda tutti. Già una volta l´opinione pubblica ha bloccato il bavaglio, con la battaglia del post-it. Lo farà ancora, perché l´Italia di oggi non può accettare un abuso sui doveri dello Stato, sui diritti dei cittadini, sulla libertà.

La Repubblica 24.06.11

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“Gli utili idioti di Bisignani”, di ALBERTO STATERA

«Questo che vogliono mettere è un idiota. Per cui, voglio dire, questo è già molto positivo» Gigi Bisignani, inesauribile Cagliostrino del berlusconismo, parla al telefono con Maurizio Basile che sta per essere nominato ad dell´Atac, la società dei trasporti pubblici romana.
bASILE fa il nome di chi è candidato in quel momento a sostituirlo nell´incarico di capo di gabinetto del sindaco Gianni Alemanno. Si tratta di un magistrato della Corte dei conti che il personale Who´s who di Bisi classifica per l´appunto come un idiota. Ma che c´è di meglio di un idiota da manipolare a piacimento? «Se ti tirano fuori dal cilindro uno fighissimo – spiega paziente al suo interlocutore, che non deve considerare proprio un´aquila – poi non puoi neanche dirgli niente, no? » Ecco, questo è il mondo di Bisi, trasversale non solo tra destra e sinistra, ma anche tra furbi, furbissimi e idioti. Un network dai confini indefiniti fatto di generali felloni, magistrati corrotti, agenti segreti deviati, affaristi senza scrupoli, manager tangentari, giornalisti asserviti. E idioti. Un parco di pochi furbi quasi come lui e una pletora di utili idioti da collocare nelle poltrone giuste. Un genere che non difetta nell´italica “classe dirigente” e che Bisi ha badato sempre a valorizzare perché sono loro un cardine del suo potere, come ha cercato di spiegare in quella telefonata al Basile e che appare in tutta evidenza nel suo, diciamo, modus operandi.
Come farebbe l´omino che già trent´anni fa dava la linea al povero ministro del Tesoro Gaetano Stammati, a controllare di fatto la Rai, a licenziare Santoro, se non ci fosse un direttore generale che ha bisogno di un “badante” furbo come lui, allevato alla scuola di Gelli e Andreotti? Così ministeri, istituzioni, corpi militari, banche, enti pubblici, società si sono popolati anche ad opera del Bisi di «stronzi, mostri e mignotte», epiteti di cui gratifica il ministro Michela Brambilla, che in quel momento non deve essere ai vertici dell´apprezzamento nella sua illimitata scuderia. Anche i suoi migliori cavalli, come Scaroni e Geronzi, li contorna un po´ di suoi brocchi, perché con i furbi come lui non si sa mai. Non a caso i più compulsivi politici telefonatori, tolto Clemente Mastella, non sono proprio considerati tra i più volpini: la cinguettante Prestigiacomo, lo sperduto Frattini, la Carfagna, la maestrina Gelmini, Fitto, Cesa, Baccini, Elisabetta Gardini, Ronchi. I demoni si vedono “da vicino”, gli idioti si sentono come capita.
Ma badate, l´idiota di Bisi non è come il principe Myškin di Dostoevskij, un uomo spiritualmente bello, ma dev´essere necessariamente anche un po´ mascalzone. Perché anche un ministro idiota può ben capire che non si appaltano delicate decisioni istituzionali a un privato cittadino pregiudicato, condannato per gravi reati. Ma si sa, nella presunta seconda Repubblica queste sottigliezze sono riservate ai moralisti da strapazzo. E poi, diciamolo, la storia si è incaricata di smentire il detto di Craxi all´indirizzo di Andreotti, secondo cui le volpi prima o poi finiscono in pellicceria. Figuriamoci Bisi e la sua corte di idioti.

La Repubblica 24.06.11