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"Quando i violentatori sono dei ragazzini", di Anna Oliverio Ferraris

Sabato scorso, durante la Notte bianca di Fano, nelle Marche, una ragazzina di 15 anni viene stuprata da tre liceali sedicenni di Città di Castello (Perugia), che la trascinano dietro un capanno sulla spiaggia e la violentano a turno, coperti dal frastuono della musica. A Villaricca, piccolo centro nell’ hinterland napoletano, due minorenni (un diciassettenne e un sedicenne, quest’ ultimo figlio di un personaggio affiliato al clan Ferrara-Cacciapuoti) sono stati arrestati con l’accusa di aver ripetutamente violentato, per un periodo di circa 4 mesi, due ragazzine di 12 e 14 anni. Sono solo gli episodi più recenti di violenza commessa da giovanissimi a danno di coetanee. Stupro di tre minorenni su una quindicenne a Fano durante una festa sulla spiaggia. Stupri continuati a Napoli su due ragazzine di 12 e 14 anni. E se i minorenni di Napoli sembrano provenire da famiglie malavitose, quelli di Fano sono dei liceali sedicenni di famiglie come tante. Se gli stupri di ragazzine siano in aumento rispetto al passato è difficile dirlo in assenza di statistiche certe. Certo è invece che si tratta di una forma di violenza— quella di gruppo in particolare— estremamente dissestante per le vittime, ma anche per i loro familiari e sicuramente in molti casi anche per i familiari dei giovani stupratori. Ci vuole del tempo, per una ragazzina, per rimettersi da un trauma del genere, a volte degli anni e per qualcuna la ferita psicologica rischia di non rimarginarsi, con conseguenze sulla sua vita sentimentale futura. Ma perché degli adolescenti apparentemente normali si lasciano andare ad atti del genere?
Certo, c’è la sessualità prorompente dell’età, ma c’è anche una totale mancanza di preparazione all’uso di questa sessualità, a cui spesso si aggiunge l’ iperstimolazione degli spettacoli porno, delle musiche psichedeliche, delle droghe e dell’alcol. La sessualità di un adolescente va incanalata attraverso una educazione sentimentale che inizia negli anni infantili e una educazione sessuale che inizia nella preadolescenza e che va a fondersi con la prima.
Entrambe insegnano il rispetto dell’altro e il controllo dei propri impulsi. Insegnano anche che certe forme di pornografia possono portare completamente fuori strada. Ai maschi un padre, o chi per lui, dovrebbe trasmettere il rispetto per la donna e l’arte del corteggiamento. Non solo, ma anche favorire la costruzione di un solido senso di responsabilità individuale. Non è un caso infatti se queste forme di violenza vengono perpetrate in gruppo: l’essere in due o più, ha l’effetto di ridurre il senso di responsabilità personale. Le ragazze, infine devono essere messe in guardia dal dare confidenza a chiunque. C’è infatti una semplificazione nei rapporti tra giovani che va segnalata con fermezza: la comunanza dì età, di gusti, di abbigliamento e di stile di vita, porta a pensare che si è tutti amici, che si è parte di una grande famiglia, la realtà però è ben diversa, come sono (molto) differenti gli adulti tra di loro così lo sono i ragazzi.

Il Corriere della Sera 28.06.11