cultura

"Se comuni e regioni investono in cultura", di Andrea Ranieri*

Giorgio Napolitano ha ricordato molte volte, durante gli anni della sua presidenza, il valore decisivo che hanno per lo sviluppo del Paese, l’istruzione, la ricerca, il suo patrimonio culturale, quello storico e quello che vive, nei nostri musei, nei nostri teatri, nelle nostre biblioteche e nei nostri cinema. L’ha ricordato di fronte a tanti giovani e meno giovani artisti e ricercatori che a lui si sono rivolti per avere conforto in anni di grande difficoltà economiche, in cui il sapere e la cultura erano al margine dell’azione e della progettualità dei governi. E ce l’ha ricordato inviando un messaggio di grande significato,
agli Stati generali della cultura del settembre scorso, in cui gli assessori alla cultura di Comuni, Province e Regioni si sono uniti, assieme alle imprese e alle istituzioni culturali rappresentate da Federculture, assieme al mondo dell’arte e dello spettacolo,per lanciare un grido d’allarme per lo stato della cultura del nostro Paese, eper avanzare le loro proposte. È stata forse la più unitaria delle manifestazioni politiche durante la scorsa legislatura. Perché chi amministra la città e i territori, qualunque sia il suo colore politico, ha misurato in questi anni il valore economico e sociale della cultura nel riprogettare un’idea di città dopo le grandi crisi industriali degli anni 80 e 90, come essa sia stata la risorsa decisiva per
governare i cambiamenti sociali, per riprogettare un’idea di sviluppo sostenibile, e il fattore distintivo decisivo per promuovere nel mondo i propri prodotti e la propria identità. Come la densità culturale dei nostri territori abbia sostenuto non solo il nostro turismo, ma anche la nascita di tante imprese creative, la parte forse più rilevante della nuova occupazione giovanile.
Non a caso le città, i territori, hanno continuato a investire in cultura una percentuale dei loro bilanci superiore a quella dello Stato. Ma oggi proprio gli investimenti in cultura e in promozione culturale degli Enti Locali rischiano di essere quelli più esposti ai tagli ai bilanci delle autonomie dell’ultima manovra, e ai vincoli normativi che limitano anche
su questo terreno la scelta degli Enti Locali.
Ma negli Stati Generali non ci siamo limitati a esprimere preoccupazioni. Sono nate proposte, largamente condivise, tese a recuperare efficacia ed efficienza all’insieme delle attività, a promuoverne il ruolo e il valore nel nuovo assetto federalista dello Stato, a dar vita a forme nuove e più efficaci di coordinamento fra i diversi livelli di governo.
Se il nuovo esecutivo intende davvero non limitarsi a contrastare il crescere del debito, ma innestare nuovi processi di sviluppo per il Paese, queste proposte e lo straordinario clima unitario da cui sono scaturite, potrebbero essere un utile punto di riferimento.

*ASSESSORE ALLA CULTURA COMUNE DI GENOVA

L’UNità 27.11.11